L’OTTOCENTO ELEGANTE.
ARTE IN ITALIA NEL SEGNO DI FORTUNY, 1860 – 1890
Rovigo, Palazzo Roverella, via Laurenti 8/10;
29 gennaio – 12 giugno 2011
Ho conosciuto a Rovigo, nella mostra di Palazzo Roverella, Fortuny padre – Marià Fortuny i Marsal, catalano – sì, proprio il padre del più noto Fortuny, quel Mariano citato anche da Proust e D’Annunzio, vissuto nello splendido Palazzo omonimo a Venezia, ricco delle eclettiche vestigia della sua versatile personalità artistica. Pittore fortmente connotato dal colore e dalla sensualità della sua terra, Fortuny padre fu anche fondatore di una corrente pittorica tanto fortunata ai suoi tempi quanto poco nota oggi, specialmente al vasto pubblico.
Marià influenzò generazioni di pittori italiani sullo scorcio del 18° secolo, artisti appartenenti a diverse scuole ma uniti nel gusto di un colorismo vitalistico e sfavillante, a volte abbinato ad un’eleganza calligrafica, a volte stemperato in una luminosità che riecheggia la tradizione settecentesca; a queste caratteristiche, si unisce spesso una tendenza estetica in comune al francese Goupil, appassionato di ambientazioni ed atmosfere esotiche.
Marià Fortuny, ancora giovanissimo e già noto per la sua abilità pittorica, era stato incaricato dal governo spagnolo di immortalare scene di battaglia in Marocco, durante la guerra ispano-marocchina. Successivamente visse a lungo a Roma. La borghesia italiana si entusiasmò per questi temi africani ed orientaleggianti, così come amava gli interni familiari ed i ritratti dipinti da artisti come De Nittis, Capobianchi, Favretto, Mancini, Boldini, Simonetti, chi più chi meno tutti influenzati dai bagliori e dalle raffinatezze del fortunismo. Più che riflettere la vita quotidiana della borghesia, la esaltavano in un’apoteosi di stoffe lucenti, pizzi, ventagli, braccia nude, piedini con scarpette di raso. Era il lato solare e festoso degli anni a cavallo e successivi all’unità d’Italia, permeati da un’ottimismo cui questo evento diede senz’altro valorizzazione ed impulso; questi pittori lo sapevano interpretare con una tecnica a volte strepitosa, un gusto elegante e una grande sensibilità verso le sfumature psicologiche, e non si può tacciarli di superficialità solo perchè sceglievano di lasciare sullo sfondo le ombre storiche esociali del loro periodo – il discorso non vale tuttavia per tutti, Favretto ad esempio dipinge anche situazioni di miseria e degrado, sia pure a volte con facile sentimentalismo. Sono comunque, in moltissimi casi, pittori sontuosi, artisti a tutto tondo, degni di essere ricordati ed ammirati al di là dello spunto relativo alle celebrazioni del 150° annivesario dell’unità d’Italia.
Ci sono in questa rassegna autori e quadri minori, dove l’esotismo coincide con uno stereotipo da cartolina ed il ritratto è piatta celebrazione, interessanti tuttavia come documento d’epoca; però, emergono opere la cui contemplazione produce un godimento assoluto, per l’intensità e gli accostamenti del colore, per l’impostazione armoniosa delle figure, la pregnanza imperiosa di dettagli carichi di significato. Si impongono al nostro sguardo, ci fanno immaginare e riflettere.
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