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Maria Papa Rostkowska – alla galleria Cortina di Milano la mostra La materia nell’anima – testo di Luca Pietro Nicoletti

Creato il 10 gennaio 2012 da Milanoartexpo @MilanoArteExpo

Maria Papa Rostkowska – alla galleria Cortina di Milano la mostra La materia nell’anima – testo di Luca Pietro NicolettiMaria Papa Rostkowska: mostra di scultura La materia dell’anima alla Associazione Culturale Renzo Cortina di Milano (click: MAPPA) a cura di Flaminio Gualdoni, fino al 4 febbraio 2012 (vedi altro articolo in MAE Milano Arte Expo). Maria Papa, testo di Luca Pietro Nicoletti > «Maria Papa» affermava Raffaele Carrieri in un brillante articolo del 1967 «somiglia […] a un fanatico carpentiere, la sua resistenza è più forte della pietra. Nei cantieri la chiamano Maria la Polacca. Sanno tutti che è nata a Varsavia e che è domiciliata a Parigi. Ma come fa una che lavora il marmo a chiamarsi Rostkowska?». Quando il poeta e critico d’arte si poneva questa stravagante domanda, in uno dei testi forse più belli dedicati al suo lavoro, Maria Papa Rostkowska (nata Baranowska, 1923-2008) lavorava da un anno a Querceta, dove, dopo avere vinto, su proposta di Jean Arp, il premio della William and Noma Copley Foundation, era stata invitata al Symposium del Marmo della ditta Henraux, allora in una fase di illuminato mecenatismo volto, di concerto col critico Giuseppe Marchiori, a rivalutare la dura “arte del marmo”, che gli scultori stavano abbandonando in favore di altri materiali. >

Per Maria, però, il marmo fu una scoperta folgorante, tanto da provocare grandi cambiamenti nella sua vita. In quel 1967, quando presentò per la prima volta i suoi marmi alla milanese Galleria del Naviglio, con presentazione del già citato Marchiori, la vita di Maria stava cominciando a dividersi fra Querceta, dove poteva lavorare nei mesi estivi, e Parigi, dove era arrivata dalla Polonia nel 1957, e dove viveva l’editore, scrittore e critico d’arte Gualtieri di San Lazzaro (1904-1974), italiano a Parigi, che aveva sposato nel 1958. AParigi, a fianco di uno dei più importanti editori d’arte della metà del secolo in Francia, intorno alla bellissima rivista «XXeme Siècle» e all’omonima galleria, aveva stretto amicizia con alcuni dei più grandi maestri del Novecento. Presso la famiglia si conservano ancora numerose e affettuose lettere di Mirò, di Estevè, e anche Henry Moore, dalla Gran Bretagna, non ha mancato di accordargli la sua stima e la sua amicizia. Persino Picasso, racconta San Lazzaro nel romanzo autobiografico Parigi era viva (Milano, Mondadori, 1966), aveva voluto conoscerla, dopo averne sentito tanto parlare dal pittore Eduard Pignon, che l’aveva aiutata ad uscire dalla Polonia per approdare a Parigi.

Maria Papa Rostkowska – alla galleria Cortina di Milano la mostra La materia nell’anima – testo di Luca Pietro Nicoletti
Nei primi anni parigini, Maria aveva fatto delle fusioni in bronzo, non molte, lavorando nello studio di un altro amico scultore, Emile Gilioli; a queste, poi, erano seguite molte terrecotte nei forni di Albisola, in quel felice e amichevole simposio che vedeva riuniti, nei mesi estivi, Fontana, Capogrossi, Jorn, Wilfredo Lam, Ada Zunino, che di lì a pochi anni sarebbe diventata la musa degli scultori”, il gallerista Carlo Cardazzo e la sua compagna, vero e proprio nume tutelare delle memorie artistiche liguri, la scrittrice e artista Milena Milani. In quella fase era Lucio Fontana, con le violente estrusioni di materia dall’argilla delle sue Nature, nate negli stessi forni delle teste della Papa, la vera “stella polare” del suo lavoro.

In quel 1966, però, Maria Papa scopre il marmo della Versilia e se ne innamora profondamente, tanto da decidere, all’inizio degli anni ’70, di lasciare San Lazzaro e di trascorrervi periodi sempre più prolungati, fino a trasferirsi definitivamente a Pietrasanta. Lavora con intensità, con quella «obstination» che il poeta André Verdet ha riconosciuto come un tratto peculiare del suo carattere, e che è diventata, come ha ben scritto Joëlle Rostkowski, una vera e propria «union-combat avec le marbre». Anche Sauro Lorenzoni, fedele collaboratore di Maria Papa, nonché ottimo scultore in proprio, mi raccontava di non aver mai visto una donna applicarsi con tanta dedizione al marmo, sul quale agiva di persona, dapprima facendo piccoli bozzetti direttamente in taglia diretta nel marmo, da cui poi traeva il gesso necessario alla traduzione in scala aumentata della scultura. Anche una volta raggiunto il risultato, però, capitava che non fosse contenta, che volesse rimettere mano alla scultura, modificarla, perfezionarla. È un aspetto importante del suo lavoro, che Gualtieri di San Lazzaro aveva già sintetizzato in maniera mirabile in un testo del 1972: «Diversamente dagli scultori che si contentano di affidare il loro bozzetto in gesso ai marmisti di cui controllano più o meno frettolosamente il lavoro, evitando di mettervi mano per tema di rovinarlo, la scultura di Maria Papa è opera personale. Se la scultrice non è insensibile alla considerazione che gli artisti le manifestano, fiera è soprattutto di vedersi stimata dagli operai sedotti dalla sua tenacia, dalla sua straordinaria energia, dalla sua totale dedizione al lavoro, questa meravigliosa invenzione dell’uomo, alla quale Dio stesso ha dovuto porre dei limiti.»

Sono nate così le sue sculture, debitrici di Brancusi, ma in cui ha saputo dare una impronta propria alla forma plastica, ricca di rimandi narrativi al mondo naturale che la smarcano dall’astrazione pura, sebbene questo

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sia ridotto a una riduzione e semplificazione tale da farne dell’altro del tutto avulso dal dato di natura di partenza. La direzione è quella della forma organica proposta da Arp, anche se la scelta del marmo lucidato conferisce al lavoro di Maria Papa una consistenza visiva molto diversa: qui la luce scorre, scivola sulle superfici, e l’occhio le va dietro, seguendo gli anfratti e le escrescenze della forma. Da non trascurare, poi, il fatto che spesso Maria Papa ha incardinato le sue sculture su dei perni girevoli, in modo che si possa farle ruotare intorno a un asse, quasi invitando il fruitore a toccare con la mano, oltre che con l’occhio, al fine di avere una comprensione più completa della forma: una forma cui si debba sì girare attorno, ma che si possa far girare anche rimanendo fermi in un solo punto, obbligando a una vista ravvicinata e, di conseguenza, a una prossimità più contingente con la forma. In effetti si tratta di una scultura che non si può apprezzare a pieno senza tenerla in mano, senza accarezzare queste forme ampie che fanno pensare a Moore a volte, ma che, al tempo stesso, hanno un discrimine forte: la scultura di Moore sembra erosa dal tempo, come se un agente naturale l’avesse portata allo stato in cui noi la apprezziamo, mentre questo per Maria Papa non è certo possibile, anzi sembra che queste forme stesse stiano germinando, si stiano evolvendo per rompere quel guscio, quella scorza che è il limite contingente del volume. Un aspetto vitale e dinamico, insomma, rispetto a quello statico dello scultore inglese. Io sono convinto che avesse ragione Sauro Lorenzoni quando mi diceva, la prima volta che ebbi occasione di conoscerlo, che questa scultura “è bella quando fa piacere toccarla”. Luca Pietro Nicoletti (http://natisottosaturno.blogspot.com

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Per la storia di Gualtieri di San Lazzaro vedi articolo di Luca Pietro Nicoletti – curatore del volume Parigi era viva – a questo LINK.

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La mostra proseguirà fino al 4 febbraio con i seguenti orari:
10.00-12.30 / 16.30-19.30 chiuso domenica e lunedì mattina.

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MARIA PAPA: La materia nell’anima
A cura di Flaminio Gualdoni
Dal 10 gennaio al 4 febbraio 2012
Inaugurazione: martedì 10 gennaio ore 18,30
Associazione Culturale Renzo Cortina, Via Mac Mahon 14/7, Milano
Tel: 0233607236 e-mail: [email protected] www.cortinaarte.it 


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