Marie Heurtin
di Jean Pierre Ameris
con Isabelle Carre, Ariana Rivoire,
Francia, 2014
genere, biografico
durata, 90'
La malattia come diversità è uno dei temi su cui la società civile è chiamata a confrontarsi per dimostrare di essere tale. Il cinema da questo punto di vista alterna opere di forte impegno e profondità, con prodotti che tendono a spettacolarizzare gli aspetti più drammatici della questione. Una ricerca che, in entrambi i casi coincide con la presenza d'attori che anche nella vita reale e non solo nella finzione sono portatori dell'handicap che devono interpretare. Il risultato è un circuito emotivo che finisce per condizionare lo spettatore, portato a considerare il film dal punto di vista sentimentale piuttosto che da quello artistico e cinematografico. In questo senso "Marie Heurtin" può considerarsi un ibrido di buona fattura perché oltre a una trama lineare, tratteggiata con sensibilità ma anche attenta a mantenere alto il pathos con i topos del genere, il film di Jean-Pierre Ameris può contare sulla straordinaria bravura delle due interpreti: Arianna Rivoire, attrice che interpreta Marie, la ragazzina cieca e sordomuta, che i genitori affidano alle cure dell'istituto religioso, e Isabelle Carrè, la suora che, vincendo lo scetticismo generale le insegnerà a parlare insegnandole il linguaggio dei segni. Tenendo conto del conflitto d'interessi che il film si porta dietro (a parte la cecità la Rivoire soffre degli stessi svantaggi del suo personaggio) e del contesto mistico e spirituale in cui si svolge la vicenda il merito più grande di "Marie Heurtin" è quello di aver evitato l'agiografia mantenendo il percorso di "liberazione dal male" lontano dai miracoli e dalla metafisica, e in ogni momento attaccato alla forza della volontà e agli aspetti più vitali dell'esistenza umana.
pubblicato su ondacinema.it
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