Marie Heurtin - Dal buio alla luce - Recensione

Creato il 02 marzo 2016 da Lightman

Isabelle Carré e Ariana Rivoire sono le straordinarie protagoniste di Marie Heurtin - Dal buio alla luce, intenso dramma del regista francese Jean-Pierre Améris ispirato ad una storia vera.

La quattordicenne Marie, sordomuta e cieca della nascita, viene mandata dai genitori all'Istituto Larnay, un convento di suore che porge aiuto ai bisognosi. Il caso della ragazza sembra però più complicato del previsto, visto la sua totale incomunicabilità con il mondo che la circonda. Solo Suor Marguerite sembra prendersi a cuore il destino della giovane, e decidendo di andare contro il parere della Madre Superiora, cerca in tutti i modi di stabilire un ragazzo con Marie. Trascorrono settimane e mesi senza alcun progresso, finché la religiosa riesce ad insegnare una sorta di linguaggio a Marie, rompendo quella barriera che la separava dalla realtà circostante. Marguerite però soffre di gravi problemi di salute e le energie spese in quell'incarico così gravoso mettono a rischio la sua vita.

The Wall

Ispirato alla vita della vera Marie, ragazza cieca e sordomuta vissuta in Francia alla fine del 1800, il film di Jean-Pierre Améris si propone come un istintivo incrocio tra Il ragazzo selvaggio (1970) di Francois Truffaut e Anna dei miracoli (1962) di Arthur Penn, sfidando con ambizione e temerarietà la portata che questi due titoli hanno avuto nella storia del Cinema. Marie Heurtin - Dal buio alla luce è un'opera che spinge su una genuina retorica, intarsiando i novanta minuti di visione su una forte e struggente carica emozionale che conquista pur nei suoi eccessi palesemente strappalacrime; se a tratti il regista di Emotivi anonimi (2010) sembra spingere eccessivamente sul lato melodrammatico, è indubbio che la forza del racconto sia proprio nell'etica morale incarnata dalla figura di Marguerite, donna pronta a tutto pur di abbattere il muro di solitudine della povera Marie. Ed è così che ci si trova a commuoversi per il sorprendente cambiamento della ragazzina, che da selvaggia e indomabile si trasforma, grazie alle amorevoli cure della suora, in un essere puro di gioia e amore, pronta a donare la sua esperienza ad altre ragazze sfortunate. Ambientata quasi totalmente nel convento, immerso in una natura fresca e incontaminata, la pellicola è pregna di una spiritualità non dogmatica che abbraccia un pubblico ampio e trasversale grazie all'intensa dose di tenerezza che esplode in catartiche scene madri (l'incontro di Marie coi genitori, dopo mesi di lontananza, in primis) e alle strepitose performance delle sue due protagoniste: Isabelle Carré è amabile e testarda nella sua missione da angelo della salvezza, mentre l'esordiente Ariana Rivoire, sorda dalla nascita, si adatta con caparbietà ad un ruolo che condivide solo in parte anche nella vita reale.

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