tagliata fuori da tutto,
nata nel posto sbagliato al momento sbagliato.
E allora tanto valeva ritirarsi sul confine.
Tornare indietro, disobbedire.”
Marina ha vent’anni e una bellezza assoluta. È cresciuta inseguendo l’affetto di suo padre, perduto sulla strada dei casinò e delle belle donne, e di una madre troppo fragile. Per questo dalla vita pretende un risarcimento, che significa lasciare la Valle Cervo, andare in città e prendersi la fama, il denaro, avere il mondo ai suoi piedi. Un sogno da raggiungere subito e con ostinazione. La stessa di Andrea, che lavora part time in una biblioteca e vive all’ombra del fratello emigrato in America, ma ha un progetto folle e coraggioso in cui nessuno vuole credere, neppure suo padre, il granitico ex sindaco di Biella. Per lui la sfida è tornare dove ha cominciato il nonno tanti anni prima, risalire la montagna, ripartire dalle origini. Marina e Andrea si attraggono e respingono come magneti, bruciano di un amore che vuole essere per sempre. Marina ha la voce di una dea, canta e balla nei centri commerciali trasformandoli in discoteche, si muove davanti alle telecamere con destrezza animale. Andrea sceglie invece di lavorare con le mani, di vivere secondo i ritmi antichi delle stagioni. Loro due, insieme, sono la scintilla. Se con Acciaio Silvia Avallone aveva anticipato la fine di un benessere che credevamo inesauribile, con questo romanzo ci dice che il destino non è già segnato e la vera rivoluzione sta nel rimanere, nel riappropriarci della nostra terra pezzo per pezzo, senza mai arretrare, perché anche se scalzi, furiosi e affamati, è certo che ce la faremo. Le regole del gioco sono cambiate quando i padri hanno divorato il futuro dei figli. Da oggi siamo tutti figli. Siamo tutti luci al neon e campi da arare. Siamo tutti Marina Bellezza.
Il secondo libro del fenomeno Silvia Avallone va inteso come un romanzo di formazione in cui i due giovani protagonisti lottano per ribellarsi al proprio destino, operando scelte diametralmente opposte. Sullo sfondo, il decadimento della provincia Biellese. Tornano le atmosfere grigie di Acciaio, rese – se possibile – ancor più lugubri dalla presenza ingombrante di una crisi prima valoriale e quindi economica e sociale. Personalmente ho trovato i due personagggi poco credibili e la storia tutto fuorché avvincente caratterizzata da un serie di cliché a uso e consumo di certe storie d’amore, le solite, appassionate e appassionanti per quanto impossibili da gestire. No, non mi ha convinto. Condivio la cinica recensione de Linkiesta.
Chiudo con una citazione che più scontata non si può: «Le catastrofi non arrivano mai quando te le aspetti, ma sempre il giorno dopo, quando sei indifeso, sereno, tranquillo e l’ultimo tuo pensiero è che il mondo stia per crollarti addosso»