Marina Cvetaeva (1892-1941)

Da Paolo Statuti

Marina Cvetaeva

*  *  *

Con gli occhi rivolti a terra

Vai, a me somigliante.

Anch’io li ho abbassati!

Fermati, o viandante!

Leggi – un mazzetto di viole

E papaveri spiccato –

Che mi chiamavo Marina

E quanti anni m’han donato.

Non pensare – qui c’è una tomba,

E che possa apparirti, adesso…

Io stessa troppo amavo

Ridere se non è permesso!

E il sangue scorreva in me,

I miei ricci eran ghirlande…

Viandante, anch’io ero!

Oh, fermati un istante!

Cogli un selvatico rametto

Di rosse bacche per te, -

Della fragola di cimitero

Una più dolce non c’è.

Non tenere la testa china,

Lascia il tuo cupo pensiero.

A cuor leggero pensami,

Dimenticami a cuor leggero.

Sei tutto inondato di luce!

Sei in una polvere d’oro…

- Oh, che non turbi il tuo cuore

La mia voce dal sottosuolo.

Koktebel’, 3 maggio 1913

*  *  *

Più capiente d’un organo e più sonoro d’un tamburo

Di’ – una volta per sempre:

“Oh” – quando va a stento, “ah” – quando va a meraviglia,

“Eh” – quando non si riesce!

Ah dall’empireo e oh dal campo arato

E ammetti, o poeta,

Che oltre a questi ah, oh,

Nella musa altro non trovi.

La più satura rima

Dell’intimo, il tono più basso.

Così – davanti a Sulamite che arrossiva

Ah! Esclamò Salomone.

Ah – il cuore che si spezza,

La sillaba nella quale si muore.

Ah – il sipario d’un tratto calato,

Oh – un collare da tiro.

Cercatore di parole, drudo verbale,

Scoperto rubinetto di parole!

Eh, sentissi una volta almeno –

Che ah di notte da un bivacco polovesiano!

E s’è piegato, è balzato come belva,

Nei muschi, in una pelliccia sonora…

Ah – è un intero campo gitano!

E con la luna in alto!

Ecco un puledro che mostra i denti a modo suo,

Nitrisce, pregustando la corsa.

Ecco, s’imbatte in un teschio di cavallo,

E ordina Olèg un canto

A Puškin! E – ardendo nel volo –

Nelle eroiche tenebre –

Inarrestabili esclamazioni della carne:

Oh! Eh! Ah!

23 dicembre 1924

(Versione di Paolo Statuti)

(C) by Paolo Statuti