Perché mai allora Marina B. non dovrebbe subentrare al padre in un partito di stampo padronale che funge da finanziaria politica per le aziende del gruppo? Cosa vi sarebbe di stravagante in una successione al potere dentro una concezione che non vede differenza tra il governo di un Paese e quella di un’azienda? Berlusconi infatti viene votato nella catastrofica e ingenua convinzione che un imprenditore sia l’ideale per raddrizzare le sorti di Italia Spa. Poi diciamolo francamente che differenza ci sarebbe nel puntare su una Santanché dentro una politica che bada soprattutto alla roba di famiglia? L’occhio del padrone ingrassa il cavallo.
Del resto figli, mogli e nipoti sono abbondanti in tutti gli emicicli parlamentari a cominciare dall’Udc che si è fatto il partito in casa per finire allo stesso Pd che alle ultime elezioni ha candidato un invidiabile dispay di “eredi”: Marietta Tidei, Daniela Cardinale, Flavia Nardelli, Giuseppe Lauricella, Francantonio Genovese, Simone Valiante, Valeria Fedeli, Maria Chiara Carrozza per citare solo le parentele dirette, altrimenti si fa notte.
La successione è dunque nello spirito del berlusconismo, sia che lo si veda come anomalia che ora viene normalizzata e perpetuata dalla nuova e santa alleanza delle larghe intese, sia che lo si veda come autobiografia del Paese. Perciò lo scandalo non è Marina Berlusconi, ma il declino italiano che fa da detonatore finale alle sue storture e alle sue arretratezze e al quale non potrà essere posto rimedio se non con cambiamenti radicali, come dimostra anche il fatto che abbiamo un premier nipote e un presidente succeduto a se stesso in tarda età non avendo un’adeguata figliolanza.
Marina Berlusconi poi non è solo “figlia di”, ma è anche un brand indispensabile per sfruttare la fidelizzazione dell’elettorato, è il fustino che lava più bianco o il frollino fatto da Banderas. E’ la “grande marca”. Aspettiamo solo il nipote di Mubarak.