«Nell’arco del 2010 sono quar-anta-treenne, quanto aspetto
per iscrivermi ad un corso di tiro con l’arco?
arco+freccia+bersaglio velato [...]»
così Mario Bertasa in una “tavola di espansione” ( .II pag. 43) svela che il bersaglio di questo tiro con l’arco, alla fine intrapreso-uscito, è “velato”, e che dunque il tiro-libro, nell’arco delle poesie lo persegue con l’incertezza di un amante piuttosto che con la determinazione di un arciere-cacciatore;
raggiungere il centro o dirlo, semmai avviene per “dislocazione”, “tropo”, “variazione”, addirittura per tentativi iterati, come sembra suggerire il titolo della prima sezione (“un’altra / un’altra volta”), o per “trattamenti” di contrappunto (come il cancretizzante o il retrogrado).
Il focus dunque non è sul centro e forse non ha un centro, secondo quello che dice lo stesso Bertasa in un suo specifico commento 1 “qui sta uno degli snodi esistenziali del mio procedere, una sotterranea, ma costante riproposizione del tema della “sensucht” romantica, la tensione all’assoluto, il continuo spostarsi in là degli oggetti del desiderio”, o, ed è un rilievo di Stefano Guglielmin 2 , secondo l’insegnamento del maestro ne “Lo Zen e il tiro con l’arco” (di Eugen Herrigel -Adelphi): “il bersaglio è colto quando non vi si mira più”.
Ancora più esplicativa rispetto a questo discorso è la nota dello stesso autore (p.103 del libro), relativa ai significati di “tropo”:
“Dei tre significati di tropo, musicale, retorico, filosofico, il primo è stato quello che nel novembre 1995 ha stimolato il progetto di «[...] alle mie dislocazioni». Il tropo melodico è una tecnica di composizione sviluppata da alcuni musici nel Medioevo, analoga al tropo testuale altrettanto diffuso nell’epoca, entrambi banditi dalla liturgia cattolica dopo il Concilio di Trento. Etimologicamente ricondotto al greco τρόπος, nel suo significato di “cambio”, consiste nell’interpolazione o sostituzione di frammenti melodici di autonoma invenzione in originarie monodie della tradizione liturgica gregoriana. Origine di tale procedura è evidentemente la retorica classica, dove per tropi si intendono le germinazioni testuali che agiscono per sostituzione: metafore, allegorie, ipèrboli, ironie, perifrasi, eufemismi… Nella filosofia antica tropi sono definite le situazioni contraddittorie che non si possono risolvere se non con la sospensione del giudizio. In effetti anche questa definizione ha una possibile contiguità con alcuni significati prodotti dal metodo di scrittura poetica qui impiegato.”
Allo stesso modo, presente (dunque non alienato), ma spesso sospeso e scentrato, nonostante i diversi riferimenti biografici di luogo data, è l’io del libro, e questa “scentratura” non inscena un meramente poetico, per es, non vi è mai l’utilizzo-artifizio di un tu lirico, bensì il carattere di una vera e propria turbativa di presenza, anche poetica, nel e del quotidiano, fosse solo per azione disturbante di insetto o moscerino (vedere a questo proposito la bella sezione “Sonetti ipercaudati / di circostanza ed occasione / «anche alcuni insetti [...]»).
Fin qui la espansione, perché questo è un libro che anche ricompone, non solo perché “espandersi provoca ristrettezze”, come in un ambiente la miriade di particelle-cavallette (tanto più se avide) , ma per intima necessità delle strutture ad accumulo del suo linguaggio che accosta a segni grafici vari (interessante in particolare la modalità scelta per la dedica ad un nome proprio, mascherandola e allo stesso tempo aprendola, mediante l’uso dell’asterisco – il carattere che in una ricerca indica “ogni stringa”; qui in particolare è usato doppio: persona che fa vedere le stelle? o che viene messa fra le stelle? Non escludo inoltre una allusione, assieme alle parentesi graffe che indicano un blocco, un nido annidato, al linguaggio C++: l’asterisco – star – al posto della più inquietante croce- plus) il richiamo a diversi autori della tradizione e non. Per es. la “magica ampolla” della prima :II riportata in questo post – fortemente somiglia a quella della Sibilla Cumana di “The Waste Land” di Eliot, così come, sempre “The Waste Land” di Eliot si ritrova nel respiro dell’incipit della seconda :II ( “l’eco boreale mi scovava in abito da sera [...]” -> “L’estate ci sorprese sullo Starnbergersee [...]” 3), sempre nella stessa, il termine “invetriate” rimanda a Campana, “ Sonetti ipercaudati” all’ “Ipersonetto” di Zanzotto ( iper”caudato”, per una coda di più versi, oltre i canonici) e così via; inoltre sono presenti, anche come parte dei testi, memorie agli autori coetanei o quasi come Claudia Ruggeri e Simone Cattaneo.
“Continue to search” di John Cage è l’epigrafe iniziale del libro
che è chiuso in modo altrettanto allusivo dalla riproduzione dell’opera dello stesso Mario Bertasa -Scansione acquorea su guscio di murice (2000)- : una mano all’orizzonte sfumata, una mano scura, quasi nera, fa da sfondo e riprende le punte della conchiglia più marcata in primo piano. Non è chiaro se l’intenzione di questa mano sia di raccogliere o impossessarsi della conchiglia, o se solo ne sia l’ombra: la mano è aperta, anche se leggermente arcuata, può darsi sia una mano che di lì a poco si accosti all’orecchio, predisposta all’ascolto e all’accrescimento, o una man o che fronteggi come uno scoglio i flutti e come il guscio di murice ne protegga gli elementi salienti, filtrandoli e distillandoli nella profondità rosata del suo palmo-valva.
: II
Ho cenato, ho pranzato, ho fatto cose con persone
belle e meno belle che anni dopo ho rivisto in televisione
per spettacolo&politica
a cena o in differite notturne
ho visto anche me nella magica ampolla
che assomiglia però sempre più
a uno specchio piatto come un asse da lavare
dove un frantumo di me, a scheggia
a scheggia, mi fa i dispetti, … come accadde a Mary Poppins quando
cantando si specchiò, ……….. né mi svela se il più bello del reame sarò
io non ingrasso / ma son convesso
sono due quinari assonanti
ho sonno spesso / ma sto su lo stesso
sono assonanti, ma no, ma dico! rimati baciati, ed è un quinario solo il primo
il secondo è un senario trocaico
sto su tanto ma di trasmissioni vere e proprie ne ricevo
sempre meno
vabbé, a sassate lo prenderò un’altra volta
ma neanche, la superficie del MONITOR TV LCD è plastica,
vuoi mettere il gusto del vetro
che in un istante invisibile
si crepa a raggiera e vien giù tintinnando?
………………………………………………….11 gennaio 2010 – 42 anni e ¾
: II
l’eco boreale mi scovava in abito da sera, mi trovò
…………………………………………………raramente
di tale lugubre costumanza
………….ho sfilacciato sete abbandonando
………………………….cravatte alle tarme degli armadi secondi
i primi, in acero aromatico, sono per le flanelle Fifty’s Original
dei boscaioli non allora folklorici
…………………………………………………cari amici e parenti
di là dalle invetriate poseranno sulle briciole delle lastre
…………le pietre che avrete scartato
…………………………………………………dolce {C**}
…………fioriti per la secca
…………i miei tremori arrossiti
…………come zampilli d’aorta ergo sum alleggeri
…………che inducono incalzando ad incontrare
…………………………………………………{C** non sarebbe la poetessa Claudia
…………………………………………………Ruggeri, mia coetanea, suicida nel
…………………………………………………1996, ma dopo vari viaggi nel suo
…………………………………………………Inferno Minore (Pequod. Ancona
…………………………………………………2006) anche a lei estendo la dedica di
…………………………………………………questo passo e, per analogo riflesso, di
…………………………………………………tutta un’altra volta #3}
Altri riferimenti, note e commenti al libro. compresi quelli dello stesso Mario Bertasa , su la Dimora di Francesco Marotta, vedi link qui sotto
.A
1 post http://rebstein.wordpress.com/2011/06/18/tiro-con-larco/ su la Dimora di Frncesco Marotta
2idem
3 I. La Sepoltura dei morti – Eliot, The Waste Land , traduzione A. Serpieri Rizzoli 1982