Mario Tobino, Il clandestino

Creato il 04 maggio 2013 da Paolorossi

C’è una piazza a Medusa che da tutti vien chiamata Piazza Grande, anche se possiede un altro nome. E’ a forma di quadrato: antichi platani si ergono lungo i suoi lati.
Le case intorno sono basse, a un solo piano, tinte di quel colore grigio, senza illusioni, che a volte sembra l’emblema della Toscana.
Tra le altre case la chiesa della Misericordia si distingue non per l’altezza ma perché la facciata ha nel suo mezzo una porta più grande ed ha un colore più intenso, quasi un sudore, simile a quei santi di pietra che a forza di essere toccati e implorati prendono un aspetto umano.

(Mario Tobino, Il clandestino, Mondadori, 1983, p.23)

La mattina era limpida e dolce; per le strade c’era un’aria sonnolenta. La distanza del Balipedio dalla casa dell’ammiraglio era poco più di un chilometro.
S’intravedevano nelle case donne intente alle faccende, qualche ragazza si affacciava alla finestra con un fazzoletto intorno alla testa a trattenere i capelli spettinati.
[...]
Il Balipedio era all’inizio della pineta; i pini intono si ergevano altri e si aprivano nel molle ombrello, denso di verde; la penombra, che si scorgeva dopo le prime di righe, dava un senso di conforto, di sereno abbandono.

(Mario Tobino, Il clandestino, Mondadori, 1983, p.170)
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