Marò in India, la questione si complica. Nonostante le rassicurazioni fatte pervenire a tratti dalle autorità indiane negli scorsi giorni, la questione sul trattamento giudiziario dei due fucilieri di Marina trattenuti in India da oltre due anni si è riaccesa attorno alle dichiarazioni ministeriali indiane. Il portavoce del ministero degli Interni, Kuldeep Dhatwalia, ha infatti dichiarato come ci sia stata l’autorizzazione ministeriale alla polizia investigativa indiana a “perseguire i due marò in base al Sua Act, ma senza invocare l’articolo che prevede la pena di morte”. Il ministero degli Interni indiano ha precisato quindi come il controverso Sua Act, che prevedeva originariamente la pena di morte come pena massima, sia stato, nonostante diverse incertezze giuridiche, riformulato appositamente per “applicarsi” al caso dei due marò, con l’esclusione quindi della controversa clausola sulla pena capitale, ma la previsione di utilizzo di tutto il resto della norma.
La decisione era già stata anticipata dalla stampa indiana, con il Times of India che aveva dichiarato come la decisione fosse già stata presa qualche giorno fa, con l’intento di incriminare i due marò in base alla sezione 3, comma A, del Sua Act, articolo che prevede una pena massima di 10 anni per violenze generiche, tralasciando la rischiosa applicazione del comma G-1, che per quanto riguarda l’omicidio in mare prevede obbligatoriamente l’applicazione della pena capitale.
Durissime le dichiarazioni in riposta alla notizia del ministro degli Esteri italiano Emma Bonino, che ha dichiarato come “l’applicazione del Sua Act sarà contestata in aula dalla difesa italiana nella maniera più ferma. Il nostro impegno di riportare a casa Massimiliano Latorre e Salvatore Girone è più forte che mai”.