A Marrakech, il summum, è il Royal Mansour, nel quartiere huppé dell’Hivernage, un palazzo più discreto del Mamounia e il solo, in fondo, che sa fare la differenza tra un milionario e un miliardario. Per il Capodanno 2011, Cécilia Ciganer-Albeniz e il suo nuovo marito, Richard Attias, sono scesi al Royal Mansour. La coppia è stata invitata da SAR Mohammed VI. Cecilia e Richard Attas non sono intimi del monarca, ma amici del Marocco. Sono stati ospitati, a carico del sovrano, nel riad d’onore, il più lussuoso dei cinquantre riad che compongono il Royal Mansour: quattro camere con vista sui magnifici giardini della proprietà, due piscine, una SPA, una palestra e un cinema privato. Il regalo reale: una notte nel riad d’onore è fatturata 34.000 euro. Una tariffa teorica. In realtà, dall’apertura del Royal Mansour nel 2012, i riad non sono mai stati affittati ma sistematicamente offerti. Il Riad d’onore è riservato agli amici di Mohammed VI e del Marocco. Bisogna prenderlo per quello che è: un presente reale, la testimonianza barocca del “bon plasir” di un sovrano. Il Royal Mnasour merita qualche approfondimento. Classificato nel 2011 come l’Hötel più straordinario del mondo, da Conde Nast Travel, la Bibbia dei viaggiatori fortunati, è in un certo modo il frutto di un regolamento di conti postumo. Tra un figlio e suo padre, tra due re, Mohammed VI e Hassan II. Quest’ultimo, come un sultano orientale, aveva fatto costruire a filo dei suoi trentotto anni di regno alcuni palazzi dai suoi architetti francesi feticci, Michel Pinseau e André Paccard, senza contare le residenze reali, le ville estive, le ville d’inverno nelle quali soggiornava al ritmo delle stagioni e del suo umore, trainando dietro di se un harem e armata di servitori. Mohammed VI si è staccato da questo patrimonio immobiliare. Il nuovo monarca ha voluto e vuole essere un costruttore come suo padre. Ha voluto i suoi personali palazzi e nello stesso tempo, a colpi di milioni di di dollari, trasformare in Hötels di lusso alcuni dei suoi beni ereditati dal padre. Il Royal Mansour è il primo plazzo griffato Mohammed VI. Quanto è costata questa follia condannata a non essere mai con un bilancio positivo? Le cifre sono segreto di Stato. Il Royal Mansour quindi appartiene a Mohammed VI o, più precisamente, alla Siger, la holding dove è investito l’essenziale della sua fortuna, attraverso una via lattea di filiali. Puòessere, nella prospettiva di declinare il Royal Mansour come un marchio, che la Siger abbia depositato il nome in tutti i paesi dell’Europa, negli Stati Uniti e anche nell’Iran dei mullah. Ultima chicca: nell’autunno 2010, Jaques e Bernadette Chirac soggiornarono qualche giorno al Royal Mansour e, azzardo della Storia, il giorno in cui i Chirac lasciarono il loro padiglione di lusso avrebbero potuto incorociare Nicolas Sarkozy e Carla Bruni, che arrivavarono a Marrakech dietro invito di Mohammed VI. Il tempo di cambiare le lenzuola, una spolveratina i mobili di lusso e il novo Presidente e madame occuparono senza saperlo la camera del loro migliore avversario politico. Dal 2005, i bassifondi di Marrakech ma anche i riad, si ripiegano su se stessi, nascondendo le loro fattezze ai più; i palazzi stellati, i bar fashion, i night-club barocchi, i ristoranti chic, le residenze sonnachiose e le ville fortificate, con i loro vigiliantes, hanno soppiantato Bangok, per lungo tempo destinazione faro del turismo sessuale. Oggi, la capitale tailandese è meno attraente. Troppo lontana dall’Europa, troppo esposta agli tzunami. E troppo turbolenta dal punto di vista politico. A Marrakech la tranquilla, qualsivoglia sia il luogo di uscita, il sesso tariffato è onnipresente e i prezzi variano secondo le prestazioni. Tariffe per serate in ambienti alla moda nei quartieri chic: 200 euro. In totale, sono oltre 20.000 le ragazze che si prostituiscono. Età: dai 16 ai 30 anni. Offrono i loro servizi con l’esprit di guadagnare sino a 15.000 euro al mese, per le più brave. Furtive, si negozia partendo dai 10 euro nei giardini attorno al minareto della Koutubia. Tariffe identiche nei giardini del centro città e sulla Jemaa el Fna, ribattezzata il “souk dei froci” dai marocchini. Non si scrive sui siti dei tours-operators che la sulfurea Marrakech è la terza destinazione mondiale gay-friendly. Un ricco settantenne svizzero, anziano dandy omosessuale, racconta ai giornalisti di passaggio le follie storiche che ha vissuto durante gli anni a Marrakech. Come quella della cena privata offerta da uno stilista parigino (defunto) in uno dei ristoranti più fashion della medina dove un adolescente nudo, portato su di un di un palanchino, venne offerto agli ospiti a guisa di dessert. “E’ stato come in un film di Pasolini”, ricorda il vecchio (aggiungo io depravato). E aggiunge: “Ho degli amici, dei conoscenti che vivono qui e che sono delle celebrità francesi , molto conosciute, che incrocio durante le mie serate”. Per le imprese del CAC 40 invece, il Marocco è il paese della cuccagna, generoso e poco esigente. Attenzione: a condizione di non gettare ombre sul Palazzo; i benefici sono solidi, gli aiuti generosi e le parti di mercato facili da conquistare. I gruppi d’oltralpe l’hanno compreso e quasi tutti quelli quotati alla Borsa di Parigi si trovano solidamente inseriti e posizionati al top nel reame marocchino. Alcuni hanno preso piede in Marocco per hazard, con fortuna, come Vivendi, la cui storia merita essere raccontata. Nel 200, il gruppo francese diretto da Jean-Marie Messier, l’anziano “maître du monde”, aveva acquisito il 35% dell’operatore di telefonia marocchina con una transazione fuori norma. Il 35% di Maroc Telecom per 2 miliardi di dollari: lo Stato marocchino fece un buon affare. Ottenne il 10% in più del valore stimato dagli analisti finanziari. Fatto salvo che il “buon affare”non eran solamente uno. Una piccola clausola recitava che “lo Stato, legalmente maggioritario, cedeva il controllo effettivo di Maroc Telecom al nuovo venuto”. Ufficialmente, Vivendi era un azionario minoritario; in pratica era il solo capo. La gestione quotidiana di Maroc Telecom e della sua tesoreria era nelle mani del gruppo francese. Perchè lo Stato aveva abdicato, senza comunicarlo, senza dire che il suo status di azionariato maggioritario non esisteva più? Per una storia che parte da Rabat. La capitale era a corto di soldi, il budget di Stato in pericolo. La somma versata da Vivendi aveva il solo obiettivo di chiudere un grosso buco nelle finanze, di dare un pò di respiro ale casse rabatine. Confidenziale e destinato a restare nei cassetti, l’accordo venne rivelato quando le autorità borsistiche scoprirono che Vivendi Universal firmò il contratto nel 2000. Datato 19 dicembre, alla vigilia della privatizzazione, un corriere della direzione finanziaria di Vivendi spiegò che la manovra permetteva di consolidare i risultati di Maroc Telecom, avendo cura di far entrare nei conti della casa madre la totalità dei benefici della filiale marocchina. Padrino di tutta l’operazione? André Zoulay, consigliere del re per gli affari economici. Malgrado la concorrenza, Maroc Telecom occupa ancora oggi una posizione egemonica con tariffe tra le più alte del continente africano e del mondo arabo.
Credits: Ali’ Amar/Jean-Pierre Tuquoi
31.620801
-7.983810