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Marta Casarini: “quella luce che abbiamo dentro si chiama felicità”

Creato il 18 giugno 2013 da Assugoodnews @assunta73

942649_10151471169144531_517976672_nLa ricetta della felicità? “E’ dentro di noi” mi ha risposto Marta Casarini la prima volta che l’ho incontrata alla presentazione del suo secondo libro “Anita friggeva d’amore” raccontato con l’arte teatrale dei NOMADIdiPAROLE. Una risposta semplice e meravigliosamente vera. Marta, lo sapete già, mi ha conquistata e l’invito a scrivere un post per questo blog è stata la cosa più naturale che potessi fare. La cosa bella sapete quale è? Non solo lei mi ha detto subito si, a distanza di pochi giorni eccolo qua…il post di Marta. E qui, ragazzi miei, c’è tutto: il suo stile di scrittura molto ricca ed efficace, le emozioni di una ragazza che ha trovato la sua ricetta della felicità, la semplicità di chi sta avendo un buon successo di pubblico. Marta è tutta qui…godetevi questo post…

E’ diversa per ogni persona. C’è chi dice che si trovi nelle piccole cose, ma cosa sono le piccole cose? Ciò che per me è piccolo per un altro può essere enorme. La felicità è relativa.
Spesso non riusciamo a capire cosa sia, eppure tutti abbiamo una nostra idea di felicità.
Per me, la felicità a volte è il pelo morbido del mio gatto, e il modo che ha di salutarmi quando non sto bene, con una pressione leggera della testolina sulla mia mano abbandonata sul letto.
Altre volte è attraversare la strada e raggiungere il maneggio dietro casa mia per osservare i cavalli che saltano. Li guardo tendere i muscoli delle zampe, diventare statue di pura fibra e concentrazione e partire decisi verso l’alto, scalciare appena l’aria, toccare il terreno. Decine di volte di fila, e ogni volta con la stessa forza, come se tutta la loro vita dipendesse da quei salti, finché non finisce la lezione e le bimbe con gli stivali li salutano con una piccola pacca sul muso.
A quel punto me ne vado anch’io e proseguo fino al fiume, la scriminatura che taglia a metà la lunga testa del mio paese. Mi siedo sulle rive e guardo l’acqua che scorre. Se mi va raccolgo dei piccoli sassi e li getto nell’acqua, non sono molto forte, non vanno lontanissimi, e un po’ mi sento in colpa a sradicarli dal piccolo pezzo di terreno in cui vivevano, però penso che in fondo al fiume incontrino altri sassi con cui fare amicizia e scambiarsi opinioni sulla differenza tra la vita sott’acqua e quella in superficie.
Mi immagino di essere io quei sassi. Di venire presa da una mano calda e gigante, venire scagliata nel cielo e precipitare con un tuffo da sconquasso. Penso che nel momento del salto urlerei di gioia. Un sasso! Nessuno avrebbe mai pensato che potessi volare, e invece ecco!
Se ho qualche soldo con me, o se l’edicolante mi deve un favore, raggiungo il suo negozio e compro un giornale di viaggi o di ricette. Poi torno a casa passando attraverso un piccolo acquitrino, che qualcuno ritiene vada bonificato e invece a me piace tanto: mi chino a osservare il doppio fondo dello specchio d’acqua stagnante, è come se nascondesse un mondo parallelo, dove i girini parlano straniero, e le piante crescono con le radici all’insù.
Una volta mi sono seduta sulla panchina davanti all’acquitrino; come giornale avevo preso il Corriere della sera, e nell’inserto La Lettura c’erano un sacco di scrittori famosi che parlavano del mio libro appena uscito. Allora io ho sentito dentro come un petardo frizzante che mi esplodeva nel petto, ho tirato la testa all’indietro e qualcosa di molto forte come un cavallo mi ha fatta ridere e sobbalzare il corpo, e le foglie degli alberi, l’acqua, i sassi avevano tutti una luce diversa.
Non migliore, solo più intensa.
E’ durato poco, però. Sono tornata a casa e mi sono letta per bene di nuovo le due pagine dell’articolo. Poi ho chiuso il giornale e l’ho messo sulla credenza della cucina insieme ai libri che insegnano a fare il pane.
Io non so cosa sia la felicità, ma forse ho capito che quella grande luce intensa era l’euforia di una buona notizia, che illumina tutto come una foto improvvisa, e ogni volta che non ho tempo per andare al fiume o a guardare i cavalli che saltano, ogni volta che mi va di riviverla e sono nel traffico, io so che ce l’ho dentro, quella luce potente, e mi basta ricordarla per sentirmi felice.

Di Marta Casarini
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