Esiste una fondazione non profit chiamata Mars society che lavora ad identificare e pianificare quelle che saranno le necessità da espletare perché l’umanità colonizzi il quarto pianeta del sistema solare. La presenza di acqua, accertata anche se non ancora con chiarezza in quale quantità e a che profondità. Il Sole che all’equatore marziano è paragonabile a quello che illumina la Norvegia, con una presenza di azoto e altri elementi nella sua atmosfera da permettere la coltivazione di piante. Insomma un viaggio attraverso le molte possibilità che il pianeta delle Cronache marziane di Ray Bradbury (http://www.media.inaf.it/2012/06/07/effetto-fahrenheit-451) potrebbe riservare al futuro dell’umanità, compresi elementi utili a dotare navi spaziali del necessario carburante per restare agganciato alla Terra.
La conquista di Marte da parte dell’uomo è comunque ancora un progetto complesso, tanto complesso che si frappongono in mezzo obiettivi apparentemente più raggiungibili, almeno in tempi più brevi. Dalla Luna di Bush si è passati all’asteroide di Bolden e Obama. Programmi impegnativi che sembrano allontanare la conquista di Marte. Programmi legati al pragmatismo dello sviluppo economico del pianeta, perché sia il primo che il secondo obiettivo, guardano alle fonti minerarie che il nostro satellite o gli asteroidi possono riservarci, quei materiali così rari, ma così indispensabili per lo sviluppo tecnologico del nostro pianeta.
Che Marte sia solo un obiettivo accantonato e non abbandonato lo dimostra il lavoro della NASA e della fondazione Mars society che Space.com riporta. Ma non solo: su Media INAF abbiamo raccontato il lavoro dell’architetto Bedini http://www.media.inaf.it/2010/12/03/benvenuti-su-marte/ e della università di Firenze, sul futuro di una colonizzazione.Esiste un progetto di un propulsore destinato a ridurre al minimo la durata del viaggio Terra – Marte – Terra, chiamato 242 e nato da un idea del nobel Carlo Rubbia. Insomma non manca chi crede ancora e fortemente la colonizzazione umana dello spazio vedrà come prima tappa necessariamente Marte.
E c’è chi ipotizza di trasformarla in una nuova Terra, con il processo di Terraforming come racconta nel suo La conquista di Marte (DeAgostini) Giovanni Caprara, ma certo non avrebbe i tempi narrati in Total Recall di Paul Verhoeven, alcuni secondi. Ci vorrebbero invece almeno centomila anni.
E c’è poi da porsi il quesito che alla fine, in attesa di essere tecnologicamente pronti, si finisca per esserlo al punto tale che Marte diverrebbe un obiettivo obsoleto. È quello che si auspica il fisico della NASA Harold White (http://www.media.inaf.it/2013/07/23/un-nastro-trasportatore-spaziale/) che se riuscisse nell’intento di realizzare il “warp drive” reso famoso dalla saga del comandante Kirk, probabilmente renderebbe Marte un luogo per sgranchirsi le gambe prima di affrontare il vero viaggio.
Non sarebbe comunque male se immaginiamo il nostro viaggio verso Marte come nella serie televisiva Life On Mars, di britannica iniziativa, ma, a mio parere, decisamente meglio nella sua versione statunitense con un grande Harvey Keytel.
Fonte: Media INAF | Scritto da Francesco Rea