Martin

Creato il 10 aprile 2013 da Mattia Allegrucci @Mattia_Alle
Conosciuto in Italia anche con il nome di Wampyr, la prima cosa che vi voglio dire su questo film è di diffidare del titolo appena accennato. Se siete appassionati del regista George A. Romero o del cinema horror in generale e volete recuperare questa pellicola, fatelo ritrovandola con il titolo originale, ovvero Martin, perché Wampyr è sinonimo di Dario Argento, qualche decennio fa genio dell'horror che ha avuto la pretesa di rimontare questo film spostando sequenze e rendendolo una cosa completamente diversa da come Romero l'aveva pensata. Un po' di pazienza, quindi, e spulciate nelle vostre videoteche alla ricerca di Martin, il DVD dal montaggio cronologico uscito proprio dalle mani di Romero, che oltre a scrivere e dirigere il film l'ha anche editato. Per facilitarne il ritrovamento vi invito a scrivere Director's cut di fianco al titolo (e se cliccate qui troverete anche l'edizione DVD in vendita su Amazon). Opera originale di un autore che l'horror l'ha creato e l'ha plasmato assieme ad altri pochi eletti degli anni '70/'80, Martin vive di una sceneggiatura geniale e piena di interesse verso i rapporti tra i personaggi, in particolare tra il protagonista impersonato da John Amplas e il superstizioso Cuda portato sullo schermo da Lincoln Maazel, i quali viaggiano tra passato e presente donando al film un senso onirico molto intrigante, lavorando continuamente sulla psicologia dei due personaggi e sulla particolare storia che mettono in scena. Ad essere al centro dell'attenzione sono infatti le convinzioni che entrambi hanno, le quali si propongono al pubblico come una particolare e critica analisi nei confronti delle credenze popolari, ma anche verso le leggende in generale, mettendo in luce il fatto che alla fin fine una persona è pericolosa in ogni caso, sia essa un vero vampiro con tanto di canini affilati e capacità telepatiche o solo un malato mentale che crede di avere bisogno di mietere vittime e berne il sangue per poter sopravvivere. Ottime le musiche di Donald Rubinstein, che sostengono la tensione e che mantengono alta l'attenzione del pubblico e la suspense della scena, grazie alle quali si respira una reale atmosfera horror tipica di quel periodo. Ciò che pesa rispolverando il film ai giorni nostri è un evidente invecchiamento reso ancora più marcato dal basso budget con il quale questa pellicola è stata realizzata, contando sull'aiuto di attori esordienti e sul talento analitico con il quale Romero critica la nostra società, questa volta allontanandosi dai rapporti collettivi dei suoi zombie-movie e concentrandosi su rapporti più intimi e personali, inerenti ad un singolo nucleo familiare. Il film infatti non brilla per effetti speciali o per curiose idee di regia e di messa in scena, anzi, alcune sequenze potrebbero risultare piuttosto ridicole ad un occhio che si interessa principalmente dell'effetto speciale e della realizzazione realistica. Ma Martin, e in generale la filmografia di Romero, non vive quasi mai di messa in scena, l'originalità la si può trovare nella scrittura atta a presentare mostri, demoni ed emarginati con il primo e ultimo scopo di renderli rappresentazione speculare e riflessiva della collettività contemporanea con la quale abbiamo a che fare ancora oggi. Se i film sugli zombie di Romero hanno rivoluzionato il modo di fare horror dando al genere dei temi da proporre al pubblico oltre alle scene di violenza e di sangue, Martin può essere considerata l'opera più personale e precisa del regista, forse anche perché di morti viventi che pasticciano Romero se ne vedono tanti al cinema e in tv, ma di vampiri umanizzati pericolosi e metodici ce ne sono stati molto pochi dopo questo, comunque non così particolarmente incisivi.


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