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Una trama efficace, lo stile preciso, la capacità di ritrarre con efficacia la psicologia dei personaggi, e del mondo a cui appartengono. In più le suggestioni del noir, del romanzo sociologico, uno sguardo lucido ad una terribile malattia, l’alzheimer che colpisce il protagonista del libro: l’incendio che scatenerà per cause banali nelle pagine iniziali ne è forse il primo sintomo. Com’è piccolo il mondo è stata la prima opera di Martin Suter, ma la stoffa del narratore era già delineata! Un libro ottimo, e ci auguriamo che presto Sellerio ci rallegri con altri suoi titoli!
Martin Suter, Com’è piccolo il mondo, Sellerio
Da quando a sei anni la madre l’aveva abbandonato, Konrad Lang, detto Ko-ni, era stato il giocattolo di Thomas (Tomi) Koch. E da giocattolo Koni era cresciuto, burattino senza energia propria legato ai fili dei potenti Koch, famiglia di magnati svizzeri dell’industria e della finanza. Se Tomi lasciava il Liceo a causa della sua inadeguatezza, anche Koni doveva seguirlo nel collegio per ricchi svogliati, malgrado lui non incontrasse nessuna difficoltà nello studio. Se Tomi stentava alle lezioni di piano, Koni impressionava il maestro con il suo talento che però non poteva sviluppare. Finché erano da soli, Tomi si comportava da amico, ma appena compariva qualcuno su cui voleva far colpo, ecco che Koni tornava “il figlio di una nostra ex domestica che mia madre aiuta”. Col tempo, poi, ogni talento e i minimi affetti erano appassiti, e del piccolo Koni rimaneva il sessantenne di eleganza perfetta, mite e amabile ma capace solo di ubriacarsi e fare guai. Un mantenuto malsopportato, che l’ottantenne matriarca dei Koch tiene a distanza con un povero vitalizio purché stia fuori dai piedi: Elvira Senn, vedova del fondatore, matrigna di Thomas e nonna dell’erede Urs, la gran dama della finanza, che tiene nel pugno di ferro tutto il clan, gli ha rubato la vita eppure sembra avere con Koni un conto in sospeso da fargli pagare a suon di umiliazioni gratuite. Da un momento all’altro Koni si innamora e inaspettatamente smette di bere. La vita sembra finalmente si sia decisa a sorridergli, ma invece non ha finito di giocare…
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RIPROPONIAMO IL NOSTRO COMMENTO PER L’ULTIMO DEI WEYNFELDT, il testo uscito nel 2010 sempre per Sellerio:
incuriosito da un libro che sembrava stuzzicante e un pò originale tra quelli usciti nella settimana (quella del 15 marzo), ho subito cominciato la lettura di questo testo: davvero molto piacevole ed intrigante, godibile. un abile mano quella di Martin Suter, capace di restituirci con arguzia il mondo della borghesia agiata svizzera
Martin Suter
L’ultimo dei Weynfeldt, Sellerio
«Epopea di un falsario» come è stato definito questo romanzo, ma anche un’insinuante, anticonformista riflessione narrativa sul falso nell’arte. Adrian, cinquantenne piacente, l’ultimo dei Weynfeldt, ha ricevuto in eredità dal padre un solido e vasto patrimonio, e dalla madre dei «danni educativi irreparabili»: così lui chiama la rigidezza dei modi, lo scrupoloso rispetto delle forme, il dominante impulso a compiacere, insomma una personalità e un comportamento che, in effetti, si ergono ineccepibili a barriera tra lui e gli altri, anche con chi varrebbe la pena di avere quale autentico e semplice amico. È in fondo la sua difesa dalla vita, la quale, senza mai maltrattarlo, mai lo ha davvero accarezzato. Artista senza genio, ha ripiegato nell’expertise di pittura per un’importante casa d’aste. Le sue giornate sono disciplinate dalla regola inflessibile che più sono uguali l’una all’altra, più il tempo rallenterà la sua corsa spietata. Naturalmente, la vita supera tutte le barriere. E infatti il destino gli presenta la giovane Lorena, una modella del tutto sregolata, che in più ricorda ad Adrian irresistibilmente il suo unico e tragico amore. Negli stessi giorni, un amico gli ha affidato per una vendita all’asta un quadro del pittore Félix Vallotton, dipinto dotato di un’affascinante, inusuale sensualità. Da questo momento, per caso e per necessità, il viaggio di Adrian attraverso l’esistenza cambia forma: da uguale routine dorata diventa una movimentata commedia di scambi, equivoci, suspense; e la distaccata, elegante rassegnazione si tramuta in una saporosissima vendetta del desiderio. Dapprima zimbello, il quieto esperto d’arte si scopre regista di una complessa cospirazione fortemente hitchcockiana. È la sua sfida alla vita. Martin Suter, è scrittore di sarcastiche commedie capaci di sorridere suadenti al lettore, (L’ultimo dei Weynfeldt è stato per settimane il più venduto in Germania). Il suo piglio è quello di strappare, pazientemente e metodicamente, ogni centimetro di superficie levigata alle prevalenti ipocrisie sociali (in questo del tutto interno alla graffiante tradizione letteraria svizzera che ha avuto in Dürrenmatt il suo apice poetico). Per lasciare in piedi, crollate quelle, solo un anarchico rimescolamento di bene, male e felicità.
Martin Suter (Zurigo, 1948) ha lavorato come sceneggiatore televisivo, come reporter e nel campo pubblicitario. Tra i suoi romanzi Com’è piccolo il mondo, Un amico perfetto e Lila, Lila.