La scomparsa del cardinal Martini, rappresentante di una sorta di chiesa del silenzio tacitata e marginalizzata dal conservatorismo reazionario prima di Woityla e ora di Ratzinger, lascia dietro di sé una scia di discussioni (e spesso di pure ciance) sulla sua decisione di rifiutare l’accanimento terapeutico. Il paragone con le vergognose e inumane polemiche che scoppiarono intorno al caso di Eluana Englaro viene spontaneo, anche se qualcuno vuole vedere delle differenze basandosi sul fatto che una vita puramente vegetativa non è di per sé in pericolo fino a che le macchine funzionano. Sciocchezze: è’ del tutto evidente che la chiesa di oggi ha abbandonato il concetto di persona per rifugiarsi dentro un ambiguo biologismo nel quale basta un organismo possa sopravvivere artificialmente come un tronco, che diventa tabernacolo di una turibolare ipocrisia volta a sedurre gli istinti più grossolani e a rafforzare la presa sulla società.
Sono assolutamente certo che il cardinal Martini non è mai stato sfiorato da questi precipizi intellettuali, né da integralismi che sorreggono solo una fede perduta, una noncuranza per la vita sociale, un potere tanto più evidente quanto più epidermico e ottusamente devozionale. E credo che solo il dovere dell’obbedienza lo abbia fatto tacere. Dunque non c’è sta stupirsi se ha rifiutato, anche se solo per una manciata di giorni, la non vita artificiale. E’ invece molto più significativo che la stesso cammino sia stato imboccato da Woityla che è invece l’iniziatore della bioteologia vaticana. Per questo ripropongo un post, scritto nei giorni della beatificazione del papa polacco, cui è allegata tutta la documentazione sugli ultimi giorni del pontefice e sul suo rifiuto dell’accanimento terapeutico, anzi sul suo “lasciatemi andare” . Naturalmente il Vaticano ha tentato di tutto per non far trapelare la cosa, sostanzioso indizio di cattiva, anzi pessima coscienza.
Beato lui, tutti gli altri all’inferno
Ma per uno di questi segni che il caso disegna nella storia, quest’ultima menzogna del berlusconismo cade a ridosso della beatificazione di papa Wojtyla che a sua volta costituisce l’ultima svendita della fede operata dal Vaticano, la santificazione come merchandising. Anche questa, come vedremo una menzogna, il tentativo di vendere un santino di se stessa per risollevare le sorti di un cattolicesimo annegato e disperso nel settarismo affaristico.
Assieme alle spoglie di un papa mediatico, ma tra i più conservatori della storia cosa si beatifica? L’appoggio alle sette più opache come l’Opus Dei, alle camarille più sfacciate come la Compagnia delle opere, longa manus economica di Comunione e liberazione o ancora l’avallo e la difesa di quel lupanare dei Legionari di Cristo?
A un serio avvocato del diavolo sarebbe bastato questo per rigettare qualsiasi beatificazione piuttosto che accontentarsi di miracoli fatti in casa con qualche suorina e medici cattolici compiacenti. Ma la beatificazione era urgente per ridare un qualche protagonismo a una Chiesa messa in crisi dalle scelte e anche dalle non scelte dello stesso beatificato.
Un protagonismo che acquista sempre più il sapore di una concessione di bancarelle nel tempio. E non solo: anche a una chiusura sempre più integralista e fondata sul rifiuto della ragione e del cosiddetto relativismo. Una strada interrotta, perché il relativismo è nei fatti di un mondo divenuto globale e solo la ragione, non certo una fede ripiegata su stessa è l’unica via di uscita.
Sono molte le occasioni perse da Wojtyla, per non parlare del suo evanescente successore per ammettere che esiste un’umanità e un’etica che non dipendono da credenze metafisiche, peraltro giocate con sorprendente cinismo. Ed è in questo contesto che è caduta la scelta di celebrare la beatificazione il 1° maggio, mettendosi in diretta concorrenza con una festa laica.
Non si fa fatica a pensare che proprio questa deriva della Chiesa verso posizioni anticonciliari, un integralismo di fondo e un abbandono sempre più netto a interessi economici, finisca per avere una certa rilevanza sulla politica italiana, nei modi che sappiamo. Ma anche nella difficoltà in cui si dibatte il Pd: la cultura “popolare” è ormai solo un ricordo e la parte cattolica si è molto spostata a destra anche sui temi economici.
Però il diavolo mette la coda in questa cerimonia per la quale si sta mobilitando il mondo cattolico nella paura che non sia abbastanza affollata, magari meno del concerto del primo maggio. Infatti questa pretesa del Vaticano di imporre agli italiani un biotestamento che li estromette dal decidere della loro vita e della loro morte, che impone cateteri e alimentazioni artificiali anche in uno stato vegetale, è in totale contrasto con la scelta radicalmente diversa fatta dallo stesso Wojtyla, il quale rifiutò di curarsi dal morbo di Parkinson, pur sapendo a cosa avrebbe portato. E non solo: lui direttamente o lo staff medico, delle due l’una, decisero per un’ eutanasia di fatto rinunciando all’alimentazione artificiale durante l’ultimo mese di malattia, alimentazione che invece avrebbe potuto prolungare e di molto la vita del Papa.
Tutto questo è raccontato in termini scientifici e inoppugnabili dalla anestesiologa Lina Pavanelli in un saggio del 2007 ,“La dolce morte di Karol Woityla” . Le repliche furono piuttosto imbarazzate, vaghe, ipotetiche come è costume di un certo ambiente. E furono tema di una risposta della stessa Pavanelli che può essere letta qui: Risposta alle obiezioni.
Del resto sarebbero bastate le parole del Papa ” lasciatemi andare alla casa del Signore” per chiarire la circostanza che Wojtyla stava chiedendo proprio ciò che egli in prima persona e la chiesa nel suo complesso vuole impedire agli altri. Ma oggi egli è beatificato mentre Piergiorgio Welby e il padre di Eluana Englaro sono già assegnati all’inferno. Prima da Berlusconi tra un bunga bunga e l’altro e ora dal Papa tra un pentimento e l’altro.
Certo fa piacere apprendere che anche nell’aldilà ci sono anime di serie A e di serie B, ancorché i testi sacri della chiesa cattolica sembrino affermare esattamente il contrario. Ecco perché sostengo che questo tentativo di rilancio attraverso l’ostensione di un santino di richiamo, nasce come una menzogna, come un mettere sotto il tappeto i problemi. Come un’operazione di marketing, dice don Paolo Farinella. E infatti si è già scatenata la corsa al gadget con magliette, portachiavi, perfino con un deodorante per auto che garantirà vetture in odore di santità e piccoli Wojtyla che fanno sì sì sì con la testa, al contrario della bambolina di quella vecchia canzone. Segni di un commercio spicciolo, a volte persino ridicolo che tuttavia fa parte ormai, come gli spot, di una mentalità devotamente votato a qualsiasi cinismo.
Il consiglio che si può dare a chi vuole partecipare a questo grande acquisto di beatificazione è di leggere bene l’etichetta: che non stiano vendendo prodotti fatti con le polverine come genuini. Capita nelle migliori religioni.