Quando ti spari di fila, in pochi giorni (2) tutta la prima stagione di Daredevil, il Marvel's Daredevil, non ti aspettavi un tale livello tecnico nonostante tu sappia che si tratti della Netflix, che è un po' sinonimo di garanzia. E' che i telecomics a te fanno cagare, che Arrow te lo sei anche visto ma solo in quei pomeriggi in cui non avevi nulla da fare, un po' per noia un po' per abitudine, che The Flash ti irritava quanto il morso di una medusa, che Agents of S.H.I.E.L.D. ti è sembrato davvero uno di quei telefilm anni '80 per ragazzini ma a confronto Supercar è un capolavoro. Poi, appunto, ti spari Daredevil in due giorni, sapendo e sperando che nulla potrà essere più brutto del film di Mark Steven Johnson del 2003 e ti sconvolgi totalmente perché, al di là dei suoi difetti, Marvel's Daredevil è una serie coi controcazzi, con un taglio cinematografico che almeno una volta a puntata ti costringe ad alzarti e a fare la ola, così, da solo.
Se fossi andato subito a fondo, se fossi andato a leggere i nomi coinvolti prima di partire, forse questo effetto sorpresa non lo avrei provato, non sarei stato così colto dallo stupore. E invece partendo "vergine", leggendo a malapena i nomi durante la sigla,concentrandomi subito sulle immagini e sulle musiche, che ti convincono a partire dalla opening, mi sono lasciato ingannare: questa non è la tipica serie di supereroi adatta ad un pubblico teen che cerca addominali di ferro e lunghe gambe coperte da corte minigonne. Questa è una serie adulta, che tratta tematiche adulte, con atmosfere hard boiled e un protagonista super eroe poco super ma, soprattutto, non ancora del tutto eroe. Se poi l'ideatore scopri che è Drew Goddard, l'amicone di Joss Whedon che conosci dai tempi del telefilm Buffy e ti ha stupito con quel piccolo capolavoro che è Quella Casa nel Bosco, allora tutto acquista un senso ben preciso e il timbro "di qualità" diventa ben visibile.
Non starò qui a tediarvi con la trama, si tratta ovviamente delle avventure di Daredevil, per gli amici Devil, alter ego dell'avvocato cieco Matt Murdock che di notte fa il vigilante nella pericolosa Hell's Kitchen, pericoloso quartiere di New York. La serie, ambientata nell'universo Marvel che abbiamo imparato a conoscere attraverso i vari cinecomics, affronta tanto le origini del personaggio quanto l'inizio della sua "carriera". Un mondo sfaccettato, complesso, in cui il protagonista e i suoi comprimari si muovono, parlano e soffrono. Con numerosissimi riferimenti e citazioni del mondo-fumetto da cui è tratta, con i riferimenti al Marvel Cinematic Universe che inserisce la serie in un determinato contesto ma, soprattutto, con un virtuosismo tecnico che pone il prodotto non molto lontano dagli alti livelli cinematografici che il genere permette. Almeno una volta a puntata si rimane infatti estasiati dalla ricercatezza delle scene, dalla professionalità con cui sono state girate. Così, a memoria, ricordo di essermi esaltato verso la fine del secondo episodio per un piano sequenza meraviglioso che è palese omaggio a Old Boy e per un altro piano sequenza in non mi ricordo quale puntata con un virtuosistico movimento di camera a 360° che mi ha fatto arrivare quasi alle lacrime. Tutto confezionato con cura, tutto curato nei minimi dettagli. Si punta anche sull'atmosfera, non si fanno sconti sulla violenza, si fa attenzione alla caratterizzazione di ogni personaggio, anche il meno importante. Una gioa per gli occhi e per il cuore nella televisione "di genere", una volta tanto.
Serie cupa, noir, violenta, Daredevil differisce non poco da quanto visto fin'ora sui super eroi in TV. Tutto parte da un personaggio come Matt Murdock/Daredevil, raccontato benissimo, sfaccettato, in bilico costante tra l'oscurità in cui vive e la luce per cui combatte, tormentato dai propri demoni, vigilante che si appresta a diventare eroe. Ben interpretato da Charlie Cox, è un protagonista che prede forma soprattutto grazie ai suoi comprimari e i suoi nemici, a partire dal migliore amico Foggy Nelson passando per Karen Page (Deborah Ann Woll, la Jessica di True Blood) e arrivando a Claire Temple (interpretata da una diversamente gnocca Rosario Dawson) e, soprattutto, a Wilson Fisk, l'arcinemico, la nemesi, Un Kipling (anche se non lo chiamano mai così) interpretato da Vincent D'Onofrio, grande caratterista che incarna benissimo la complessità di un cattivo quasi schizofrenico ma allo stesso tempo genio del crimine, lucido folle che combatte per un sogno distorto fino a tramutarsi egli stesso in un incubo. Un'interpretazione molto particolare, a tratti persino fastidiosa, ma perfetta per come il personaggio è stato tratteggiato.
Ovviamente però non è tutto oro quello che luccica: per quanto Daredevil sia una serie molto bella di cui aspetto con ansia la seconda stagione, non è esente da difetti. Primo su tutti una certa verbosità stucchevole in molti dialoghi/monologhi, soprattutto quelli di Fisk, o talmente stereotipati da divenir banali o così logorroici da annoiare. Un peccato, perché a mio parere sono particolari che stonano con una certa immediatezza delle scene concitate o con la bellezza coreografica delle scene d'azione. La serie si prende giustamente i suoi momenti, uno degli episodi più belli è quasi totalmente dialogato, non vive grazie a sciocchi cliffhanger disseminati a caso per riaccendere l'attenzione. E questo è un bene, questo è un punto di forza. Peccato solo che in certi momenti tenti una strada profonda più spiegata che mostrata, non riuscendoci perché sempre di super eroi si tratta.
Tutto sommato però parliamo di 13 episodi di cui neanche uno è veramente trascurabile, parliamo di alti livelli e di tante possibilità future con tutti gli indizi che vengono forniti e che sicuramente permetteranno l'inserimento di altri personaggi del mondo di Daredevil (La Mano? Bullseye? Elektra?). Intanto però Daredevil ha il pregio di poter piacere a tutti, anche chi dei supereroi se ne frega. E non è da poco, credetemi. Non è da poco.