Mary Elizabeth Frye (1905-2004)

Da Paolo Statuti

Mary Elizabeth Frye

Mary Elizabeth Frye è nota oggi unicamente per aver scritto la poesia “Sulla mia tomba non versare il tuo pianto” – un’elegia consolatoria con una genesi interessante.

Quando questa poesia fu dichiarata la più popolare in Gran Bretagna in un sondaggio svolto nel 1996, Mary Elizabeth Frye, rimasta orfana all’età di tre anni, casalinga e fioraia di Baltimora senza studi, superò molte torri d’avorio letterarie nel giudizio del popolo inglese.  Il suo nome come autrice di questa poesia restò sconosciuto fino al 1990, quando lei stessa rivelò di averla scritta. Ciò fu confermato nel 1998, dopo accurate ricerche, dalla nota giornalista americana Abigail Van Buren. Fu composta nel 1932. La triste situazione di una giovane ebrea tedesca, Margaret Schwarzkopf, che viveva allora con la Frye, ispirò la poetessa. La giovane era profondamente preoccupata per sua madre, che era troppo vecchia e malata per poter lasciare la Germania, mentre lei a sua volta non poteva recarsi dalla madre, a causa del violento antisemitismo scoppiato nel suo paese. Quando ricevette la notizia che la madre era morta, disperata e con il cuore infranto disse alla Frye che non avrebbe mai avuto la possibilità di “versare una lacrima sulla tomba della madre”. La poetessa allora scrisse la poesia di getto su un ritaglio di una busta della spesa. Fu la sua prima e ultima poesia di rilievo, scritta in un impeto di profonda commozione.

Essa fu pubblicata da The Times e da The Sunday Times il 5 novembre 2004, nel giorno del funerale dell’autrice.

Questa poesia viene spesso letta durante le esequie e in occasione di particolari cerimonie commemorative, come fu per la navetta spaziale Challenger, l’attentato terroristico di Lockerbie e quello delle torri gemelle a New York.

Ecco la poesia nella mia versione:

Sulla mia tomba non versare il tuo pianto

Sulla mia tomba non versare il tuo pianto,

Non sono morta; io dormo soltanto.

Io sono nel vento che alita lieve,

E nei diamanti di soffice neve,

Io sono nel sole che matura il grano,

E nella pioggia che cade pian piano.

E quando ti desti di primo mattino

Io sono nel frullìo d’un uccellino.

Io sono nella dolce luce d’una stella

Che brilla ed è sempre più bella.

Non piangere su questa mia dimora,

Io sono altrove; non sono morta ancora.

(C) by Paolo Statuti



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