(di Francesco Bei – La Repubblica) L’era Masi è al tramonto. Martedì prossimo, con un anno di anticipo sulla scadenza, il direttore generale della Rai lascerà l’ufficio al settimo piano di viale Mazzini e spegnerà la luce dietro di sé. Missione fallita, il premier è scontento, i “nemici” di Berlusconi sono ancora tutti al loro posto: da Santoro alla Gabanelli, da Fazio a Floris, fino alla Dandini. Nonostante gli innumerevoli tentativi di imbrigliarli e censurarli in pubblico, nonostante Masi ce l’abbia messa tutta, quei cinque sono ancora in video. E il direttore generale, quello che criticò le pressioni del premier sulla Rai in una memorabile intercettazione – «manco nello Zimbabwe» – ora se ne deve andare. Certo, non andrà in esilio a Ventotene.
È pur sempre un ex segretario generale di Palazzo Chigi e Gianni Letta lo tiene in gran conto. Per lui è dunque pronta la poltrona di amministratore delegato di Snam Rete Gas. Una postazione defilata (occupata ora da un ingegnere giudicato da tutti molto competente, Carlo Malacarne) ma che consentirebbe a Letta di mettere un suo uomo nella società controllata dall’Eni, soprattutto se il presidente del cane a sei zampe, Roberto Poli, dovesse essere sostituito da un candidato scelto da Tremonti. Oltretutto la Snam, il colosso che possiede materialmente i “tubi” del gas, si trova al centro in questi giorni di una partita delicatissima. L’ultimo consiglio dei ministri ha approvato il decreto legislativo che dovrebbe portare alla separazione di Snam da Eni, restituendo alla società pubblica una piena autonomia. Ma Scaroni sembra avere altri piani ed è tornato a parlare di una possibile vendita del gioiello di famiglia.
Questi sono tuttavia problemi del futuro. Nell’immediato Masi lascia (con circa 120 milioni di euro di indebitamento) una società nel mezzo di uno scontro politico sui conduttori non allineati al governo. In commissione di Vigilanza è stato solo rinviato di qualche giorno il redde rationem sul testo Butti, quello che impone l’alternanza dei conduttori nei talk show e sancisce la libertà dei direttori dei Tg (leggi Minzolini) di fare editoriali. Se anche il testo venisse ammorbidito rispetto all’originale, come il Pdl sembra disposto a fare, resta comunque la stretta sulla libertà editoriale dei conduttori. Una vicenda che sarà il prossimo direttore generale a gestire.
In pista ci sono due nomi. Quello della vice di Masi, Lorenza Lei, e quello del consigliere del Cda, Antonio Verro. Con Guido Paglia come terzo incomodo. Se Verro è di provata fedeltà berlusconiana (è stato deputato di Forza Italia), la Lei può vantare un curriculum da manager del servizio pubblico. Inoltre Lei ha una freccia micidiale nel suo arco, specie ora che Berlusconi ha bisogno del sostegno del Vaticano a causa del Rubygate. È conosciuta per la sua fede cattolica (fu la responsabile Rai per il Giubileo) ed è molto apprezzata Oltretevere. Ha rapporti personali sia con il presidente della Cei, Bagnasco, che con il segretario di Stato, Bertone.
Il ministro Paolo Romani, ha scritto l’Espresso, continua a ricevere da Bertone chiare indicazioni – «perfino via telefono in pieno Transatlantico» – per la promozione della Lei. La Lei, se sarà effettivamente lei, si troverà dunque a misurarsi con il compito lasciato a metà da Masi: far fuori i conduttori sgraditi. A maggio scadranno i contratti dei magnifici cinque e in sede di rinnovo, con il testo Butti approvato in Vigilanza, il nuovo Dg proverà a dettare le sue condizioni.
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