MASS PUNISHMENT, Proving Grounds, Vol. 1

Creato il 30 gennaio 2015 da The New Noise @TheNewNoiseIt

L’esperienza vissuta in prima persona dal chitarrista/cantante Chris Spartan durante l’operazione Iraqi Freedoom si riflette nella stesura del disco d’esordio della formazione groove thrash del New Jersey, balzata nel 2014 agli onori delle cronache per aver condiviso il palco con Decapitated, Gwar e Unearth. Gli orrori bellici da un lato, il senso dell’onore e la fedeltà al proprio Paese dall’altro, costituiscono il filo tematico lungo il quale si dipana il massiccio e poderoso Proving Grounds Vol. 1. L’impatto sonoro delle singole canzoni sull’apparato uditivo dell’ascoltatore è paragonabile all’esplosione di un proiettile shrapnel, con un potere distruttivo amplificato da un’esecuzione strumentale robusta e tetragona. La spiccata attitudine marziale dei componenti del gruppo ben esprime la sensazione di caos e distruzione che permea il tutto e l’impianto visivo della copertina spinge a meditare sugli effetti nefasti che sempre si accompagnano agli eventi di guerra. L’intro “In To The Fire”, resoconto via radio di un attacco elicotteristico mirato, viene letteralmente incalzato dalla tellurica “300 Miles To Baghdad”, nervosa e cadenzata, un autentico spezzacollo scandito da un registro vocale aggressivo e contraddistinto da cori ripetuti in maniera ossessiva. Più movimentata e dall’andamento robotico è “Lions Den”, dove a farla da padrone è il riff serrato e soffocante delle chitarre, orientate su ritmiche essenziali ma di grande efficacia. Vicina per impostazione al metalcore più melodico è invece “Enemy Within”, brano costruito su un ritornello a voce pulita che si alterna ad un growling rabbioso e distruttivo. La vera sorpresa dell’album è costituita dalla mastodontica “The Desert Rogue”, malinconica e dal sapore a tratti orientaleggiante nel suo arpeggio introduttivo e in seguito possente e granitica nel finale sincopato di ispirazione “panteriana”. Se l’atmosfera si fa sempre più claustrofobica e angosciante con la successiva e quasi rappata “Ground Pounder”, è con “Blood Dirt” che i Mass Punishment alzano il tiro per centrare il bersaglio, regalandoci una pillola di violenza sonora solo in parte addolcita da un break centrale rallentato ed evocativo. La canonica “Your Nightmare” rappresenta un pezzo piuttosto ordinario di thrash condotto sui binari di una velocità mai esasperata bensì dosata e ragionata, mentre “Eye Of The Storm” è l’unica canzone del lotto ad avventurarsi fuori dagli schemi con un timido tentativo di assolo chitarristico. Il preludio narrativo di “The Infantryman’s Creed” ci conduce all’attacco debordante di “Line Of Departure”, un macigno sonoro che sancisce la fine delle ostilità e conclude un disco compatto ed omogeneo, ma ancora incerto e acerbo in alcune partiture, forse troppo prevedibile per alcune soluzioni adottate e che appare derivativo sotto molteplici aspetti. Tenendo tuttavia conto che si tratta di un’autoproduzione, peraltro molto nitida sotto il profilo della scelta dei suoni, possiamo auspicare per il futuro un miglioramento in termini di capacità compositiva da parte dei Mass Punishment, nella direzione della stesura di canzoni dotate di maggiore dinamismo, di una durata più contenuta (la media di sei minuti a canzone appare talora davvero indigesta e forzata per la proposta musicale offerta) e soprattutto meno inclini ad assomigliarsi le une con le altre. Le potenzialità esistono, devono soltanto essere sviluppate.

Tracklist

01. In To The Fire
02. 300 Miles To Baghdad
03. Lions Den
04. Enemy Within
05. The Desert Rogue
06. Ground Pounder
07. Blood Dirt
08. Your Nightmare
09. Eye Of The Storm
10. The Infantryman’s Creed
11. Line Of Departure


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