Massimiliano Nuzzolo, "La felicità è facile"

Creato il 03 giugno 2015 da Signoradeifiltriblog @signoradeifiltr

La felicità è facile

Massimiliano Nuzzolo

Italic Pequod

pp 115

14,00

Un bravo scrittore è come un attore, interpreta, non ti dà per forza la sua visione, s'immedesima nei personaggi anche quando la pensano in modo opposto. E Massimiliano Nuzzolo è un bravo scrittore, le sue novelle hanno una lingua precisa e studiata, "sorvegliata" come si usa dire, di grande effetto, ed hanno anche una buona impalcatura e degli argomenti originali. " La felicità è facile " è una raccolta che riconcilia con il genere del racconto breve, accantonato negli ultimi anni, oppure usato come espediente da chi non riesce a esprimersi con un respiro più ampio. Qui, invece, ci sono contenuti - persino messaggi convogliati in modo subliminale - c'è sviluppo strutturato e armonico della trama, c'è, infine, uno stile caustico e divertente ma anche lirico.

" una rugiada sottile pronta a fissarsi alle ossa e a raschiar via una notte anonima come mille altre, in graduali variazioni di luminosità e colore che, avvicinandosi senza alcuna fretta al mattino, sembravano seguire l'incerto cammino di Gio, impegnato a tornare a casa dopo una notte a dir poco bianca." (pag 13)

"Quando sto là da solo, cioè praticamente trecentocinquantasei giorni netti quest'anno, tolta la settimana a Cuba, guardo il muro del cimitero, le lucine che scintillano nella notte e penso a quanti cazzo di morti ci stanno in un cimitero, a quanta gente è morta in tutti questi anni, da quando hanno fatto il cimitero di Mestre ad oggi, a quando quelle tombe fatiscenti e semi sprofondate erano nuove e pronte per l'inaugurazione, penso a quanti cadaveri e resti umani più o meno grandi possa contenere un metro cubo di terra grassa, a quanti milioni di vermi scivolino lenti e bonari alla ricerca di carne fresca... Poi arriva Marika e mi fa un pompino. Grazie a Dio" ( pag 32)

I motivi ricorrenti in questi racconti sono vari, spiccano tra gli altri l'emarginazione del diverso, la malattia e la morte. La morte è un tema che percorre tutta la narrativa contemporanea e anche la poesia. Mai come adesso i giovani la sentono vicina, con l'incremento dei tumori e degli incidenti stiamo tornando alle aspettative di vita dell'ottocento e la fine ridiventa compagna. La morte è scelta ne "Il volo", è pensiero inquietante ne "Il parcheggio accanto al cimitero", è assenza straziante in "Economia di parola", è riflessione in "Ma e pa sdraiati sepolti morti"

" cosa può avere un senso qui? Parlare con il Nulla? Parlare a una foto? A una pietra? Forse ha più senso dire qualcosa all'erbetta o ai fiori". (pag 40)

Il messaggio, l'ideologia, il contenuto sono spalmati su tutte le storie e lasciati emergere per contrasto. La situazione stessa fa scaturire le idee, l'etica e le emozioni. Ecco quindi la ragazza che si suicida per non diventare come gli adulti che disprezza, per non venire assimilata al sistema. Ecco il down, il tossico e lo psicolabile che ci mostrano la realtà dalla loro angolazione, capace di far apparire la nostra "normalità", persino la nostra religione, come distorta.

" Poi mi sono seduto davanti all'altare insieme agli altri bambini e a metà funzione ho ricevuto il corpo di Cristo per la prima volta. Era una cosa bianca sottile che mi si è appiccicata al palato e io ho pensato ma come è fatto Cristo di carta?" (pag 51)

Alcuni racconti sono molto belli, come "Siamo tutti uguali davanti a dio (basta pagare il canone), dove una apparentemente insignificante nota d'ambiente - la televisione accesa su una televendita - fa risaltare due situazioni sociali opposte.

I contenuti risentono del bagaglio culturale dell'autore, dei suoi gusti letterari, musicali, cinematografici. Nei racconti si parla di film come "Alien" ed "E.T.", ma anche di musica elettronica, di Pavese, Wilde, Baudelaire, Camus, Hemingway, e queste forme d'arte servono per discettare, in accostamenti virtuosistici, di amore, campi di concentramento, pregiudizi, emarginazione.

Le parole di Nuzzolo non sono mai casuali, sono scelte con una pazienza che ripaga di ogni sforzo e regala un'impressione di scorrevolezza. Ma, dietro, intuiamo tutto il certosino lavoro di lima e ricerca. Si noti, ad esempio, la mancanza di punteggiatura in "Mestre tossica", a mimare la confusione mentale e il ritardo motorio del personaggio imbottito di droga. L'alcol bevuto per dimenticare le assenze, la droga che stordisce e ottunde, gli antidepressivi del racconto finale, rappresentano l'unica possibilità di sfuggire ad una facile, facilissima, infelicità costante e diffusa.

Il puro raccontare comunque prevale, com'è giusto che sia in narrativa, la riflessione è lasciata al lettore, l'autore si limita a mostrare, e anche a divertirsi un po' alle nostre spalle, sempre, però, con una partecipazione emotiva tenuta a freno, sottesa e tuttavia imprescindibile. Viva il raccontare, dunque, viva la narrativa.