Massimiliano Sonsogno presenta: Briscola chiamata

Creato il 16 novembre 2024 da Gliscrittori

Presentazione Libri Intervista a cura di Andrea Pistoia. Massimiliano Sonsogno presenta Briscola chiamata (Astrolabio Vigevano): «Il clima del romanzo è davvero surreale. Se c’è qualcosa di autobiografico ci è finito per sbaglio, oppure è molto ben nascosto».

Massimiliano Sonsogno, con il suo romanzo Briscola chiamata, ci regala una storia che mischia abilmente humor, mistero e riflessioni sulla vita. In questa intervista, esploreremo l'opera attraverso le parole dell'autore stesso e un'analisi approfondita del libro.

Briscola chiamata

di Massimiliano Sonsogno
Astrolabio Vigevano
Narrativa
ISBN: 9791280217776
Cartaceo 15,00€

Quarta

La storia si svolge a casa Serenella, una casa di riposo dal clima surreale dove accadono cose che purtroppo però accadono anche nella realtà. Ogni giorno ad un tavolo del grande salone si ritrovano i cinque giocatori di briscola chiamata più forti che l’ospizio abbia mai avuto: Giorgio, Gino, Giampiero, Armando e Ottavio. A Lucia è consentito guardare le partite, ma non giocare.
Il clima è teso, costellato di misteri e violenze ai danni degli ospiti.
Una notte Lucia assiste al rapimento di Giorgio e corre a chiedere aiuto agli altri amici. La mancanza del quinto giocatore costringe lo strano gruppo di anziani a scappare dal ricovero, soprattutto visto che la direttrice non li vuole assolutamente aiutare. Anzi, fa di tutto per farli desistere, dando mostra di nascondere qualcosa. È per questo che i cinque vecchi sono costretti a scappare, inseguiti dalla polizia e da un nutrito gruppo di malviventi che vuole qualcosa da Giorgio, ma anche da loro. Un’avventura piena di peripezie e di situazioni imbarazzanti: incontri con la mafia russa, con suore di colore, ricongiungimenti familiari, dichiarazioni d’amore, omicidi, piani più o meno riusciti, partite di bocce memorabili e molto altro.
Una storia che parla dell’amicizia più bella che esiste, quella che nasce quando si ha ancora poco da vivere.
Una storia che parla di famiglia: sia quella che ci si ritrova, sia quella che si sceglie, sia quella che si sarebbe tanto voluta.
Una storia che parla d’amore: un amore “da vecchi”, perché non si è avuto modo di viverlo da giovani, ma che si vive con lo stesso ardore.
Una storia che parla di coraggio: un coraggio che può avere solo chi ha vissuto abbastanza da sapere cosa vuol dire morire.
Una storia che parla di vecchiaia: la vecchiaia quella vera, fatta di persone arrabbiate col mondo che non hanno voglia di morire, o forse sperano solo che accada alla svelta. Persone che vengono abbandonate perché ormai diventate un peso e che trovano nell’amicizia e nella solidarietà tra “vecchi di merda”, come direbbe Lucia, l’unico modo per vivere bene quello che gli resta.

L'autore racconta


Ciao Massimiliano, innanzitutto, come ti presenteresti a chi, tra i nostri lettori, non ti conoscesse ancora?

Trovo sempre qualche difficoltà a presentarmi, forse perché non mi conosco molto bene o forse perché quando ci si presenta si tende sempre a esagerare. Di solito mi limito a presentarmi dicendo il mio nome, Massimiliano, al cui interno forse già si vedono tutte le aspettative che la mia famiglia aveva su di me e che sono state chiaramente e ampiamente disattese.
Poi di solito aggiungo l’anno di nascita, il 1983, che la dice lunga sul numero di capelli bianchi sulla mia testa.
Potrei anche aggiungere che lavoro come insegnante e che vivo da sempre in Lomellina, per confermare il detto secondo cui le disgrazie non vengono mai sole.

Hai sempre sognato di scrivere o è una necessità che ti è venuta solo recentemente?

Di solito gli scrittori dicono che scrivono da sempre, fin dalle prime apnee uterine. Io non ho sempre sognato di scrivere, avevo altri sogni da bambino, tutti più remunerativi. Inoltre non sento alcuna necessità di scrivere, non credo che le cose che scrivo salveranno il mondo. Semplicemente scrivo da quando ho trovato al liceo una professoressa di lettere che mi ha fatto appassionare alla poesia e alla lettura. Scrivo perché ho un PC e una versione non craccata di word con cui poterlo fare.

Puoi dirci cosa ti ha spinto a un certo punto della tua vita a mettere nero su bianco ciò che pensavi e provavi?

A scanso di equivoci, non scrivo ciò che provo o ciò che penso, non sono un insegnante così valido e sapiente da poter parlare all’umanità delle grandi verità della vita. Invento delle storie, di solito guidando tra le risaie o in tangenziale a Milano. Ci sono dei personaggi che non so come (un neuroscienziato lo potrebbe spiegare meglio di me) si formano tra le mie sinapsi e a cui faccio fare e dire delle cose.
Nel caso specifico del mio romanzo Briscola chiamata ho deciso di scriverlo semplicemente perché mi hanno chiesto di farlo.

Passiamo adesso al tuo romanzo. In breve, di cosa parla? Ci puoi fare un riassunto, in poche righe?

In una casa di riposo immersa nella desolazione lomellina ci sono cinque amici che ogni giorno giocano a briscola chiamata. Un giorno uno di loro viene rapito e i quattro rimasti, pur di non far giocare Lucia, la femme fatale del gruppo, fuggono dal ricovero per andarlo a cercare.

Come mai un titolo così originale e curioso: Briscola chiamata?

La briscola chiamata è il mio gioco di carte preferito, è difficile, bisogna essere attenti, si gioca a soldi alle volte e alla fine si bestemmia contro gli errori del compagno di squadra. Quando ho pensato ai personaggi della storia li ho subito immaginati a giocare a briscola.

Qual è stato il percorso creativo ed emotivo che ti ha condotto a narrare questa storia?

A un corso di scrittura dovevamo scrivere qualche cartella cercando di incuriosire il più possibile presentando i personaggi principali della storia all’interno di una scena. Così ho scritto il primo capitolo.
Successivamente a un corso di scrittura per il cinema dovevamo scrivere un soggetto comico e io sono partito da quello che avevo già scritto in quelle poche pagine.
Per anni me ne sono disinteressato, pensando che però fosse una storia davvero divertente.
Poi l’associazione Astrolabio di Vigevano mi ha chiesto se avevo pronto un romanzo e io senza pensarci due volte ho risposto di sì. Chiaramente mentivo, ma loro non lo sapevano.
Così durante le due settimane di vacanze di Natale (il bello di essere un docente) ho scritto la storia.
Spero non servisse una risposta più romantica.

Quali sono i punti di forza che possiede il tuo romanzo rispetto ad altri del suo genere? In pratica, cosa lo distingue dalla massa?

Ciò che lo distingue dai romanzi che trovate in libreria è sicuramente il fatto che il mio non lo leggerà quasi nessuno, lasciandomi però la speranza che venga riscoperto postumo e che tra 500 anni ci sia un corso universitario monografico sulle mie opere.
Purtroppo, essendo un romanzo comico, gareggia all’interno di un genere troppo poco valorizzato, sebbene presente. È difficilissimo far ridere con un romanzo (sicuramente è più facile con la recitazione o con altri generi di scrittura) e credo che rispetto ad altri romanzi la forza stia proprio qui. Solo che siamo anche nel periodo in cui il rapporto col comico è molto controverso. Però tra 500 anni…
A parte questo personalmente credo che i personaggi siano davvero belli, non sono brave persone, ma sono belli. Io ci giocherei volentieri una partita a briscola.

Per scrivere questo romanzo hai tratto ispirazione dalle tue esperienze di vita o da personaggi esistenti? In pratica, c’è qualcosa di autobiografico? E soprattutto, perché l’hai inserito?

Il clima del romanzo è davvero surreale. Se dicessi che c’è qualcosa di autobiografico mi farebbero un TSO entro poche ore. Se c’è qualcosa di autobiografico ci è finito per sbaglio, oppure è molto ben nascosto.
I miei personaggi sono anziani e io non ho molta esperienza relazionale con questa categoria di persone. Ci sono malviventi di ogni genere e io purtroppo non sono riuscito a sfondare in quel ramo.
Credo però che da qualche parte queste persone esistano davvero: per quanto impegno potremo metterci, la realtà supererà sempre di gran lunga la fantasia. Quindi credo che questa storia, da qualche parte sia già accaduta, o forse accadrà in futuro.

Hai già nel cassetto qualche altro progetto letterario? Tipo un seguito di Briscola chiamata?

Il seguito è già in cantiere. Devo solo aspettare le prossime vacanze di Natale.

Con quali letture sei cresciuto? Quanto sono state utili per la tua crescita, come scrittore? Hanno influito sul tuo romanzo?

Io leggo molto meno di quello che vorrei, ma ho letto molto. Siccome sono taccagno, la maggior parte delle mie letture dipende dai libri che trovo in sconto o che trovo gratuitamente fuori dalle biblioteche. Questo mi ha costretto a leggere libri che mai avrei comprato e che poi ho spesso scoperto essere meravigliosi.
Non ho un autore preferito e dovrei quindi fare un elenco noioso e infinito. Sicuramente alcune cose che ho letto sono finite nel mio romanzo, come ci sono finite alcune serie televisive che ho visto o spettacoli teatrali a cui ho assistito.
Forse è per questo che il libro è denso di riferimenti ad altri autori o veri e propri plagi di idee come quella di far precedere a ogni capitolo un riassunto per i lettori pigri che non abbiano voglia di leggerlo per intero. Quando l’ho pensato non ho potuto evitare di ripensare a Tre uomini in barca (per non parlare del cane) di Jerome.

C’è una domanda che non ti hanno mai fatto ma che, invece, avresti voluto ricevere? E ovviamente risponditi!

Non ho fatto molte interviste, data la brevità della mia carriera, quindi non ho ancora notato quale domanda vorrei mi venisse fatta. Sicuramente mi farebbe piacere se mi chiedessero “cosa si prova ad aver vinto il premio Strega per tre anni consecutivi?”, “come mai ha rifiutato di vendere alla Marvel i diritti per la trasposizione cinematografica?” oppure “per il seguito di Briscola Chiamata 500.000€ possono bastare?”.

È giunta l’ora dei saluti. Grazie per averci tenuto compagnia in questa intervista.



Andrea Pistoia