PREMESSA ALLA II EDIZIONE
in formato digitale, revisionata e accresciuta, di imminente pubblicazione per
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Questa II edizione della presente opera è caratterizzata dal fatto che vi sono comprese tutte le mie nuove scoperte che ho effettuato sulla lingua etrusca in questi ultimi anni; scoperte che ovviamente risultano già quasi tutte registrate nelle mie opere successive.
Circa il modo in cui è stata accolta la mia opera, tralascio ovviamente i numerosi consensi che sono venuti da parte della stampa quotidiana o di quella settimanale oppure dalla comunicazione radiofonica e da quella televisiva. Mi limito invece a riportare ciò che mi aveva scritto, in una lettera da San Lorenzo di Moriano in data 18 novembre 2005, Riccardo Ambrosini, professore di Linguistica nell’Università di Pisa, nonché Presidente della «Accademia Lucchese di Scienze, Lettere e Arti». In questa egli mi aveva chiamato per fare due conferenze, una sulla Tabula Cortonensis e l’altra su questo mio Dizionario: «Carissimo Pittau, ho appena ricevuto il Tuo stupendo Dizionario della Lingua Etrusca e mi sono affrettato a leggerne alcune pagine che attraevano la mia immediata curiosità. Non posso non congratularmi con Te per la sapiente disposizione del materiale e per la prudenza di alcune proposte, che ben sottolinei nella chiarissima introduzione. (….) Complimenti vivissimi e, scusami una sentita invidia per questo Tuo magnifico lavoro, e, insieme con questi, i ringraziamenti più vivi e i saluti più cordiali. Tuo [firmato]». Un mese dopo (1 dicembre 2005) mi aveva ancora scritto: «Qui la tua conferenza è stata molto apprezzata dagli echi cittadini. Rileggendo il tuo bellissimo dizionario, ho notato che, ecc.».
D’altra parte non erano mancati alti riconoscimenti pure per le mie opere precedenti: Ambros Ioseph Pfiffig, uno più fecondi e acuti studiosi della lingua etrusca, mi aveva scritto da Geras (Austria) il 31 maggio 1990: «Illustre professor Pittau! Mi è giunto qual’omaggio dell’Autore e dell’Editore il di Lei eccellente libro ‘Testi Etruschi tradotti e commentati’, un’opera, che sfogliando, mi pare di valore speciale, sia essendo basata sul manuale già classico del Pallottino, sia applicando sistematicamente il metodo combinatorio nel senso da Lei spiegato e definito.- Oserei dire che ‘Testi Eruschi tradotti e commentati’ sia un ricco commentario per l’uso quotidiano di TLE [= M. Pallottino, Testimonia Linguae Etruscae, Firenze 1954, I ediz., II ediz. 1968].- La ringrazio sinceramente di quest’omaggio, il cui acquisto raccomanderò nei Corsi di Etruscologia ormai regolari nell’Università di Vienna.- Gradisca i miei ottimi auguri e saluti: [firmato]».
Nella nota rivista spagnola EMERITA (LXXIII 1, enero-junio 2005, pg. 45, l’autorevole linguista Francisco R. Adrados ha iniziato un suo importante studio sulla lingua etrusca parlando di me in questo modo: «Mala suerte ha tenido el etrusco cuando algunos lingüistas hemos querido incorporarlo al cuadro de las lenguas indoeuropeas. Massimo Pittau ha explicado muy claramente el veto que la escuela arquelógica italiana, siguiendo M. Pallottino, ha impuesto a cualquier intento de comparar el etrusco con otras lenguas. Siguiendo a Dionisio de Halicarnaso, esta escuela decretò el aislamiento del etrusco». Poi mi ha citato altre tre volte con tutta deferenza, mostrando di approvare le mie tesi.
Come con tutta deferenza mi ha citato Francisco Villar, nella sua nota e importante opera, Gli Indoeuropei e le origini dell’Europa (trad. ital. Bologna 2008, Il Mulino, pg. 495).
Però, nonostante questi autorevoli riconoscimenti, sono costretto a riconoscere che, almeno in linea generale, nel campo della “linguistica etrusca” io risulto uno “scomunicato”.
Avevano cominciato col tentativo di distruggere le mie tesi due “dilettanti”, uno archeologo e l’altro linguista, quest’ultimo noto soprattutto per le sue stravaganze: l’uno e l’altro avevano tentato di smontare la mia prima opera nella quale avevo prospettato una connessione fra la lingua degli antichi Sardi o Protosardi e quella etrusca, ma ciò avevano fatto senza averla ancora letta…! Probabilmente anche per la vivacità e la durezza con cui avevo risposto a questi due miei detrattori, sia i colleghi linguisti sia gli archeologi hanno steso un velo di silenzio sulle mie tesi, mai citandomi, mai confutandomi, mai invitandomi a mandare qualche mio scritto per le loro riviste o a tenere qualche relazione nei loro convegni… Solamente il benemerito e autorevole «Sodalizio Glottologico Milanese» ha sempre accettato i miei annuali interventi relativi anche alla lingua etrusca e li ha regolarmente pubblicati nei suoi Annali.
Particolarmente avversi mi sono stati gli archeologi italiani, alcuni dei quali sono anche intervenuti pesantemente per dissuadere alcuni editori dal pubblicare le mie opere. Ma io ammetto di comprenderli in larga misura, per il fatto che li ho rimproverati spesso e anche duramente di non avere alcuna effettiva competenza specifica per interessarsi di “lingua etrusca” e inoltre di insegnare ai loro allievi, dalle cattedre universitarie di archeologia o di etruscologia, autentiche banalità su questa lingua, anche con l’uso di appositi libercoli quasi del tutto privi di valore scientifico.
E tuttavia sono andato avanti nei miei studi, nonostante gli attacchi dei dilettanti, il silenzio dei colleghi linguisti, le avversioni degli archeologi. Eppure sono persuaso, fermamente persuaso di avere risolto il secolare “problema della lingua etrusca” nelle sue linee essenziali, tanto che ormai si deve cessare di parlare del “mistero della lingua etrusca”. Io infatti ho pubblicato ben 13 opere, nelle quali ho trattato l’intero corpus rimastoci della lingua etrusca e tutti i suoi aspetti. Ecco l’elenco di queste mie opere:
La lingua dei Sardi Nuragici e degli Etruschi (1981), Lessico Etrusco-Latino comparato col Nuragico (1984), Testi Etruschi tradotti e commentati – con vocabolario (1990), Origine e parentela dei Sardi e degli Etruschi – saggio storico-linguistico (1996), La Lingua Etrusca – grammatica e lessico (1997), Tabula Cortonensis – Lamine di Pirgi e altri testi etruschi tradotti e commentati (2000), Dizionario della Lingua Etrusca (2005), Toponimi Italiani di origine etrusca (2006), Dizionario Comparativo Latino-Etrusco (2009), I grandi testi della Lingua Etrusca – tradotti e commentati (2011), Lessico italiano di origine etrusca – 407 appellativi 207 toponimi (2011), Lessico della lingua etrusca (2013), 600 Iscrizioni Etrusche – tradotte e commentate (2013).
Tengo molto a precisare che sono anche dell’avviso che la soluzione essenziale del “problema della lingua etrusca” non sia affatto dipesa da una mia effettiva “genialità” di uomo e di studioso, mentre è dipesa in primo luogo da una mia particolare fortuna, in secondo luogo dal particolare – che non vuol dire affatto mio “originale” – metodo di studio; infine dalla costanza e perseveranza da me applicata nei miei studi.
Io ho avuto la grande fortuna di una vita molto lunga e molto sana, in virtù della quale sono riuscito a dedicare più di 35 anni allo studio dell’etrusco: nessun altro linguista ha avuto finora una uguale oppure simile fortuna.
Inoltre, in un così lungo lasso di tempo e con la composizione e pubblicazione di ben 13 opere, oltre che di un centinaio di saggi specifici, è pressoché assurdo che, come specialista – quale sono – di linguistica storica o glottologia, io non mi fossi accorto di avere radicalmente errato nella conduzione dei miei studi e non avessi pertanto deciso di dare ad essi una ben differente direzione.
In secondo luogo, andando contro la assurda e perfino ridicola tesi, messa in giro e imposta per mezzo secolo dalla scuola archeologica italiana, della “inconfrontabilità dell’etrusco con alcun’altra lingua”, io ho tutto al contrario adoperato sistematicamente il “metodo della comparazione o del confronto” di tutto il materiale linguistico etrusco con quello delle lingue dei popoli antichi, che sono vissuti a contato col popolo etrusco. In via specifica io ho confrontato l’intero materiale linguistico della lingua etrusca conservatoci con l’intero materiale lessicale delle lingue latina e greca, il quale supera le 200 mila voci: materiale lessicale latino e greco intero ed immenso, col quale è pressoché assurdo ritenere che quello etrusco non avesse nessun rapporto o di derivazione reciproca o di corradicalità, cioè di comune origine. E sono andato anche oltre procedendo a comparare o confrontare il materiale linguistico etrusco anche con quello dei dialetti italici, coi relitti della lingua dei Protosardi e con quelli delle lingue indoeuropee dell’antica Anatolia e di quelle preindoeuropee del bacino del Mediterraneo.
In effetti si deve considerare che, in questo mio modo di procedere, io ho fatto semplicemente il mio mestiere di cultore di linguistica storica o glottologia, per la quale il primo e il principale metodo di studio è per l’appunto la “comparazione”.
Circa la “comparazione” che mi sono sentito in diritto e in dovere di fare tra la lingua etrusca e le lingue indoeuropee, preciso che ho sistematicamente fatto questa operazione non soltanto rispetto al lessico di tutte queste lingue, nella ovvia eventualità di reciproci scambi, ma anche rispetto al loro “sistema morfo-sintattico”, nella eventualità di una loro comune origine e parentela, come ritengo di avere indicato e dimostrato nella mia opera La Lingua Etrusca – grammatica e lessico (§ 5). In particolare ritengo di avere dimostrato che perfino quasi tutti i numerali etruschi della prima decade corrispondono ai correlativi numerali di lingue indoeuropee, come dimostra il seguente quadro essenziale:
1 2 3 4 6 7 9
etrusco thun zal ci huth sa semph nurph
latino unum quattuor sex septem novem
germanico zwa
iranico sih
E c’è da precisare che le discrepanze fonetiche esistenti fra i numerali etruschi da un lato e quelli altri indoeuropei dall’altro non sono affatto più numerose né più ampie di quelle esistenti fra i numerali di tutte le altre lingue indoeuropee. Ed è appena da ricordare che la scoperta della famiglia delle lingue indoeuropee è venuta proprio dalla constatata corrispondenza dei numerali della loro prima decade.
Oltre a tutto ciò è un fatto che io sono solito esprimere o applicare grande costanza o perseveranza nel mandare avanti i miei studi. Su parecchie iscrizioni etrusche io ho prospettato, col passare del tempo, decine di differenti o perfettive interpretazioni e circa il significato e il valore di molti vocaboli etruschi io sono passato e ripassato decine e decine di volte. E poi, tanto più mi sono sentito di non smettere dalla mia perseveranza, quanto più andavo constatando che essa mi dava i suoi frutti, certi o almeno probabili.
Inoltre io ho avuto la grande pazienza di leggere e studiare gran parte di tutta la vasta bibliografia relativa alla lingua etrusca, anche di quella trascurata ed esorcizzata dalla scuola archeologica italiana negli ultimi 60 anni. Ed ovviamente ho fatto tesoro delle non poche scoperte effettuate dagli studiosi precedenti, adoperandole ai fini delle mie scoperte successive.
Mi è poi servita parecchio anche la esperienza da me acquisita da militare nell’ultima guerra mondiale, quando, anche in virtù dei miei studi di linguistica già intrapresi, sono stato impiegato pure nell’attività di decifrazione di messaggi criptati.
Infine io adopero il computer da circa 30 anni e inoltre con discreta padronanza e pertanto posso affermare che questo strumento da un lato mi ha consentito di velocizzare enormemente il mio studio e la mia ricerca, dall’altro e soprattutto di procedere continuamente e con facilità alla “comparazione” dei vocaboli studiati, delle loro radici e dei loro morfemi; tutte operazioni che ovviamente mi hanno consentito di effettuare non poche scoperte ermeneutiche. Però tengo a precisare bene che il computer non effettua mai “scoperte”, ma solamente mette il ricercatore in grado di effettuarle.
Per concludere, io sono fermamente convinto di avercela fatta con l’annoso problema della lingua etrusca e questo ho fatto – lo ripeto – non per una mia effettiva “genialità” di uomo e di studioso, bensì per l’intervento a mio favore di alcune circostanze favorevoli e soprattutto per avere semplicemente fatto il mio “mestiere” di linguista storico, con metodo scrupoloso e con continua perseveranza.
Il silenzio dal quale fino al presente sono stato circondato da parte dei miei colleghi linguisti non mi preoccupa granché: può dipendere dalla loro mancanza di coraggio ad affrontare uno spinoso e secolare problema oppure anche dalla invidia rispetto ai risultati da me raggiunti (come effettivamente ha avuto l’onestà di riconoscere un mio autorevole collega).
Sassari, giugno 2014.
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