Massimo pittau – nuovo vocabolario della lingua sarda (ipazia books, 2014)

Creato il 19 gennaio 2014 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

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A sos poetes de Sardigna: si sa limba sarda s’at a sarvare, su méritu prus mannu at a esser issoro.

Avevo già pubblicato, con l’editore Ettore Gasperini di Cagliari, il mio Dizionario della Lingua Sarda, in due volumi, rispettivamente negli anni 2000 e 2003. Il I volume andò quasi subito esaurito, nonostante il suo costo elevato, mentre del II volume restano ormai disponibili soltanto poche copie.

Dopo quegli anni mi sono dedicato, oltre che ad altri miei studi e lavori, a revisionare e perfezionare quel mio Dizionario, sia accrescendolo con nuovi lessemi o vocaboli, sia perfezionando o correggendo le mie precedenti interpretazioni etimologiche. Alla fine di questo mio lavoro di revisione e di perfezionamento, la quale ha coinvolto quasi tutti i lessemi, mi sono accorto di avere ormai composto un’opera quasi del tutto diversa dalla precedente, più ricca di lessemi e migliorata in termini critici. E l’ovvia deduzione che ne ho tratto è stata quella di intitolare in maniera differente questa mia nuova opera: Nuovo Vocabolario della Lingua Sarda – fraseologico ed etimologico (sigla NVLS).

Tanto più avevo l’obbligo di mutare la intitolazione della mia nuova opera, sia perché essa contiene circa 5.000 lessemi in più (raggiungendo la cifra globale di circa 60.000), sia perché i due precedenti volumi adesso risultano fusi in uno solo.

Per quanto riguarda invece i criteri di composizione di questa mia nuova opera, ovviamente essi non potevano essere differenti da quelli della mia opera precedente, alla cui Prefazione pertanto non mi resta che rimandare quei lettori che avessero interesse a conoscerli in maniera esatta. In particolare preciso che anche questa volta mi sono sempre tenuto in stretta connessione col Dizionario Etimologico Sardo di M. L. Wanger (citato con la sua sigla DES, I, II, III voll.), però procedendo ad ampliarlo, a migliorarlo e pure a correggerlo.

Di nuovo dico che per quanto riguarda la ortografia io mi sono adeguato in tutto alle norme che erano state studiate e proposte dalla «Comissione Regionale per l’ortografia e l’unificazione della lingua sarda» nominata e insediata nel 1999, della quale facevo parte anche io. È cosa abbastanza nota che quella Commissione aveva fatto proposte sulla unificazione della lingua sarda, le quali però non sono state gradite né recepite dalla grande maggioranza dei Sardi, politici amministratori uomini di scuola giornalisti ecc., mentre ha fatto proposte sulla ortografia, che praticamente sono ormai entrate nella comune prassi ortografica degli scrittori in lingua sarda.

Però io ho accettato e applicato anche la proposta che quella Commissione aveva deliberato in fatto di scrittura delle consonanti esplosive in posizione intervocalica: brocca, picca; tappu, troppu; sette, otto e non *broca, *pica; *tapu, *tropu; *sete, *oto.

La decisione unanime della Commissione era stata presa con le seguenti motivazioni: I) Rispettare l’origine etimologica dei vari lessemi; II) Far risultare la loro effettiva pronunzia; III) Rispettare la norma della “opposizione fonologica” che esiste anche nella lingua sarda; IV) Conservare la tradizione grafica di questa lingua, la quale ha a suo favore circa un millennio di uso.

Va premesso e precisato che in nessuna lingua esistono le “consonanti doppie”, mentre in realtà esistono solamente le “consonanti forti o lunghe” differenti dalle “consonanti deboli o brevi”. Secondo la lunga tradizione grafica latina, sarda e anche italiana, le consonanti forti o lunghe vanno scritte con la duplicazione della rispettiva lettera: istraccu, maccu, paccu; appo, tappu, toppu; itte, notte, tottu.

In quest’uso si tratta di rispettare non soltanto la pronunzia effettiva, ma anche l’origine etimologica dei vari lessemi: fattu dal lat. factu(m), maccu dal lat. maccu(m), paccu dall’ital. pacco, itte(u) dal lat. (qu)id Deu(s), notte dal lat. nocte(m), otto dal lat. octo, sette dal lat. septe(m), tottu dal lat. parlato tottus, ecc.

Nei suddialetti “centrali” della lingua sarda si determina perfino “opposizione fonologica” tra l’uso della consonante debole oppure di quella forte: annotare «prendere nota» e annottare «guardare», fracu «puzza» e fraccu «fiacco», impicare «impeciare, cospargere di pece» e impiccare «impiccare, appendere», iscopiare «svelare» e iscoppiare «scoppiare», iscrocare «slombare» e iscroccare «scroccare», napu «rapa» e nappu «bicchiere di corno», pacu «poco» e paccu «pacco», papa «papa» e pappa «pappa», pica «ghiandaia» e picca «vasca di pietra», ruca «bruco» e rucca «conocchia», ruta «ruta» (pianta) e rutta «caduta»; supra, supa «sopra» e suppa «zuppa», ecc.

Personalmente ho perfino trovato e formulato una norma pratica, che serve per individuare una consonante esplosiva forte in posizione intervocalica: è sufficiente verificare se essa sonorizza oppure no in qualche dialetto o suddialetto sardo: se non sonorizza, significa che è forte, per cui va sempre scritta con la relativa lettera duplicata. Ad es., in nessun dialetto sardo istraccu, itte, maccu, fattu, notte, sette, otto, tottu, ecc. sonorizzano in *istragu, *ide, *magu, *fadu, *node, *sede, *odo, *todu, ecc.; questa circostanza ci assicura che le rispettive consonanti esplosive sono forti, per cui vanno sempre scritte con la duplicazione della rispettiva lettera.

La proposta che è stata fatta di recente e in parte anche seguita da qualche scrittore, di non duplicare mai le suddette consonanti esplosive è da attribuirsi a qualche studioso forestiero che ha dimostrato di non “sentire” esattamente i vari fonemi della lingua sarda oppure ad autori sardi che non hanno mai condotto seri studi linguistici e soprattutto etimologici.

Siccome – come era ovvio – ho dato spazio anche al suddialetto barbaricino (quello dei villaggi dell’antica Barbagia di Ollolai) e inoltre a qualche suddialetto campidanese (di Isili e del Sarrabus, ecc.), già nel mio Dizionario della Lingua Sarda avevo preso una importante decisione: quella di indicare il “colpo di glottide” di questi suddialetti facendo uso della lettera q: qapu «capo», qentu «cento», qimbe «cinque», qonca «testa», qupa «botte», croqa «chiocciola», paqe «pace», séiqi «sedici», tuqone «tronco cavo», paqu «poco». Ho preso questa decisione – che con piacere ho costatato che si sta pian piano affermando nell’uso – sia perché nella scrittura corrente e ufficiale di una lingua non è concepibile né accettabile il ricorso a un segno fonetico speciale, sia perché l’indicazione del “colpo di glottide” con la lettera h, come taluni hanno fatto e fanno, stravolge il fatto reale, dato che il “colpo di glottide” non è affatto una “aspirazione”, bensì è un “forte iato”. La pronunzia dell’orgolese paqu «poco» non può né deve essere confusa con quella del dorgalese pahu.

Per dovere e con piacere segnalo che per lo studio del suddialetto barbaricino sono stato aiutato grandemente dai miei amici – purtroppo ormai scomparsi – proff. Michele Columbu di Ollolai e Serafino Spiggia di Orgosolo.

*   *   *

Io ho cominciato ad interessarmi della lingua sarda in termini scientifici nel lontano 1941, nell’Università di Torino, sotto la guida di Matteo Bartoli, glottologo di buona fama nazionale e internazionale. Con lui, dopo quattro anni, conseguii la laurea in lettere classiche, discutendo una tesi sul «Dialetto di Nùoro», cioè della mia città natale. Questa mia tesi è stata in seguito pubblicata col titolo prima di Il dialetto di Núoro (Bologna 1956) e dopo di Grammatica del sardo-nuorese (Bologna 1972). Dal 1941 all’attuale 2014 sono passati più di 70 anni, col risultato finale che non esiste alcun altro linguista che abbia dedicato tanti anni allo studio della lingua sarda e probabilmente anche allo studio di una qualsiasi altra lingua del mondo.

Oltre che Matteo Bartoli nell’Università di Torino, ho avuto modo di seguire nell’Università di Cagliari l’altro glottologo Gian Domenico Serra, col quale ho preparato e discusso, per la mia nuova laurea in filosofia, la tesi «Il valore educativo delle lingue classiche». Infine, nel 1948/49, nell’Università di Firenze, a titolo di perfezionamento, ho seguito corsi dei linguisti Carlo Battisti, Giacomo Devoto e Bruno Migliorini.

Da questi cinque linguisti ritengo di avere imparato il mestiere di linguista o glottologo in misura e maniera almeno sufficienti. Però ritengo di averlo imparato soprattutto dal tedesco Max Leopold Wagner, maestro della linguistica sarda e insieme uno dei più autorevoli esponenti della linguistica romanza o neolatina in generale, col quale sono stato in rapporto epistolare per una decina di anni. Il Wagner aveva stima di me, come dimostra il fatto che egli fece una presentazione elogiativa della mia opera sul Dialetto di Nùoro ed inoltre il fatto che egli mi ha citato nel suo Dizionario Etimologico Sardo numerose volte e sempre con deferenza e chiamandomi perfino «l’amico Pittau». D’altronde mi permetto di far notare che il Wagner, nella Appendice del II volume del DES (pgg. 604-612), in cui ha risposto alle numerose recensioni che erano state fatte della sua opera, le uniche “correzioni od aggiunte” che ha mostrato di accettare sono le mie…

Ebbene, anche nei confronti di Max Leopold Wagner sono in grado di affermare che alla lingua sarda ormai ho dedicato molto più anni di lui e ho composto e pubblicato più numerose opere di lui. E non si tratta solamente di numero di opere, ma si tratta anche di campi di ricerca ai quali egli non aveva dedicato la sua attenzione e i suoi studi: l’antroponomastica (studio dei nomi personali e cognomi sardi), la toponomastica (studio dei nomi di luogo di tutta la Sardegna) e la sostratistica (studio dei relitti della lingua dei Nuragici e dei Prenuragici).

Ma adesso chiudo coi miei riferimenti al passato e invece faccio preciso riferimento al presente e al futuro della nostra lingua sarda: mi sento orgoglioso e molto contento di poter presentare ai miei corregionali questa mia nuova ed impegnativa opera: il Nuovo Vocabolario della Lingua Sarda – fraseologico ed etimologico; ho speranza e fiducia che esso costituisca un importante strumento per il recupero e il rilancio della lingua sarda, nella vita comune di Sardi, nella scuola, nell’amministrazione, nella politica…

Massimo Pittau

Sassari, gennaio 2014

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Massimo Pittau (Nuoro, 6 febbraio 1921) è un linguista e glottologo italiano, studioso della lingua etrusca, della lingua sarda e protosarda. Ha pubblicato numerosi studi sulla civiltà nuragica e sulla Sardegna storica. Le sue posizioni riguardo al dialetto nuorese (massima conservatività nell’ambito romanzo) sono vicine a quelle del linguista Max Leopold Wagner con cui è stato in rapporto epistolare. Nel 1971 è entrato a far parte della Società Italiana di Glottologia e circa 10 anni dopo del Sodalizio Glottologico Milanese. Per le sue opere ha ottenuto numerosi premi.

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