Anche lei, come molti suoi colleghi teme l'Auditel o ne è ossessionato?No, nun me ne po’ frega’ de meno, come direbbero a Roma. So di proporre qualcosa di sincero e testato in 150 repliche suscitando vere emozioni e risate umane. Perché il pubblico sul divano dovrebbe essere diverso da quello in platea?
Ci racconti, che tipo di spettacolo è?Ci sono tante canzoni, mie e di altri, ma non è una cosa vuota. Il filo conduttore è il coraggio, la dignità e il sogno. Tre parole in disuso. Non per colpa nostra: è questa società che ce le ha portate via. E poi racconterò come nella vita si cambia, di come anch'io sia cambiato.
Ci anticipi i nomi di qualche ospite.Francesco De Gregori, col quale farò "La leva calcistica del '68" e altre cose a sorpresa. E poi Andrea Bocelli, Franco Battiato, Lucia Bosè e probabilmente Charles Aznavour.
Nel suo ultimo spettacolo cantava facendo le flessioni. Una forma di orgoglio narcisistico o un piccolo schiaffo ai colleghi?Questa cosa in tv non ci sarà. C'è un momento per tutto, e questo è passato. Oggi il 90% dei cantanti pop si esibisce in playback. Io invece ho sempre considerato il mio lavoro all'americana. Significa fare spettacolo mettendoci tutto, persino la ginnastica, il tip tap, ogni forma d'arte conosciuta.
Nella sua vita quali errori ha fatto?Non essere andato a scuola; aver rifitato 35 anni fa un film con Vincente Minelli, perché all'epoca non ne compresi la grandezza; e non aver accettato l'invito di Luciano Berio quando mi voleva per una versione rivisitata de "L'opera da tre soldi". Ma ero alle prese con tante meravigliose serate nelle balere. Una grande scuola che oggi nessuno fa più.
Morandi è sempre dell'idea di non accettare la proposta di Al Bano, che da anni vi vorrebbe insieme per una sorta di tour dei "tre tenori" del pop?Credo di sì, ma rispetto e in parte comprendo la sua decisione. Mi spiace, potrebbe essere una buona occasione, ma non è giusto forzarlo.