In questi giorni mi è capitato di rivedere un vecchio video-intervista su Massimo Urbani intitolato: Nella fabbrica abbandonata, nel quale l'artista viene colto nell'intimità e racconta il suo rapporto con la musica, confessa le sue debolezze e fragilità ed esprime la sua concezione di jazz con degli interessanti spazi musicali. Il filmato dura più di un'ora e consente di cogliere aspetti importanti della personalità di questo artista.
Massimo è stato uno dei musicisti più geniali e brillanti della sua epoca, purtroppo scomparso troppo presto proprio a causa delle sue fragilità.
Egli è stato già ricordato, con ben due post, nel blog Bertop curato da un amico, che pur essendo prevalentemente dedicato alla poesia contemporanea, ogni tanto apre le sue pagine anche al jazz.
Nel primo post troviamo, oltre ad alcune foto dell'artista, una toccante poesia dedicatagli dall'amico curatore del blog (qui), nel secondo si può leggere la riproposizione del testo della monografia del critico Marcello Piras apparsa sul numero di ottobre 1995 della rivista "Musica Jazz", che ripercorre la vita e illustra le opere di Urbani (qui).Questo mio intervento si limiterà pertanto a ricordarne la figura e la musica con qualche traccia musicale e qualche filmato, com'è ormai consuetudine di queste pagine.
Non potendo inserire l'intero documentario ne ho estratto un paio di frammenti, nel primo dei quali, presentato di seguito, Massimo parla delle sue esperienze musicali, raccontando del suo ingresso nel mondo del jazz, del suo determinante incontro con Enrico Rava, delle sue prime jam sessions con grandi musicisti, degli strumentisti ai quali si è ispirato per concludere con una solitaria improvvisazione.
Nel 1974 Enrico Rava, appena rientrato dall'Argentina, lo chiama a far parte di un quartetto comprendente anche il batterista argentino Nestor Astarita ed il bassista statunitense Calvin Hill ed è proprio con questi due musicisti che Massimo inciderà il primo LP a suo nome per la serie Jazz a Confronto (n.13).
Il video che segue si riferisce a quel periodo ed è tratto da una trasmissione che la RAI dedicò sempre nel 1974 a Rava ed a quel quartetto. In esso è possibile apprezzare come a soli 17 anni Massimo fosse già padrone dello strumento e della scena confrontandosi autorevolmente con i colleghi più anziani.
Il video successivo sempre con Rava, è di qualche anno dopo e in quell'occasione la ritmica era composta da tre giovani musicisti danesi fra i quali spiccava il bassista Palle Danielsson che diventerà uno dei più apprezzati bassisti sulla scena internazionale. In questo video Urbani suona da par suo, però, se lo si osserva bene, il suo sguardo sembra più spento, forse il suo drammatico incontro con la "roba" era già cominciato.
L'ultimo brevissimo filmato, tratto dal citato documentario, è una solitaria esecuzione del noto brano di Bruno Martino Estate, pezzo molto amato dai jazzisti non solo italiani.
Nei quasi vent'anni di vita artistica Urbani ha inciso molti dischi quasi tutti di alto livello.