Domenica scorsa 9 novembre si è aperta la quarantacinquesima edizione del Master ATP, la sesta consecutiva all’O2 Arena di Londra. Fino a ieri, si sono svolte le partite valide per i due gironi all’italiana da quattro giocatori in cui è organizzata la prima fase della competizione, che si svolge in maniera differente rispetto agli usuali tabelloni ad eliminazione diretta. Si tratta del cosiddetto format Round Robin, seguito poi da due semifinali, nelle quali il primo classificato di un gruppo affronta il secondo dell’altro e viceversa, e dalla finalissima delle 19:00 di domani.
Nonostante la pesante assenza del numero 3 del mondo, lo spagnolo Rafael Nadal, colpito per tutta la stagione da prolungati problemi prima alla schiena e poi al polso destro e appena sottopostosi ad un’operazione di appendicite, la griglia di partenza di queste Finals sembrava promettere molto bene per svariati aspetti. Primo fra tutti, il confronto a distanza tra Novak Djokovic e Roger Federer, teste di serie rispettivamente dei gruppi A e B, per conquistare non solo il prestigio del Master ATP in sé, ma anche la vetta del ranking mondiale conclusivo del 2014. Inoltre, in particolar modo a livello degli appuntamenti del Grande Slam, la stagione si era rivelata ricca di sorprese ed assai equilibrata, con quattro vincitori diversi nelle quattro prove (gli stessi Nadal e Djokovic, lo svizzero Stan Wawrinka a Melbourne ed il croato Marin Cilic a New York). Un ulteriore motivo di interesse era rappresentato dall’elevato contingente di esordienti, in questo che è per antonomasia il banco di prova dei maestri affermati: ben tre giocatori sugli otto – alla fine nove – partecipanti, ovvero Cilic, Kei Nishikori e Milos Raonic, vi si sono infatti qualificati per la prima volta in quest’annata, che potrebbe aver segnato un sostanziale, seppure ancora parziale, ricambio generazionale rispetto all'”età dell’oro” dell’ultimo decennio tennistico.
In realtà, le attese sulla spettacolarità e sull’equilibrio della parte iniziale di questo Master ATP sono andate in larga parte deluse, se pensiamo che appena due partite su dodici sono terminate al set decisivo e per di più molti confronti sono apparsi delle vere e proprie esibizioni di giocatori nettamente superiori contro una concorrenza quasi spaesata e in certe situazioni sorprendentemente fuori contesto.
Un ultimo dato può essere utile a riassumere questo generale andamento a senso unico: 19 set su 26 sono terminati in meno di dieci game, con una quantità industriale di 6-0 e 6-1, in prevalenza nel gruppo A.
Ma passiamo alle analisi dei singoli raggruppamenti e ai verdetti del campo, in attesa dell’ultimo weekend della stagione.
Nel girone A c’è stato un solo dominatore incontrastato: Nole Djokovic ha semplicemente spazzato via con irrisoria facilità i tre avversari che gli si sono posti di fronte. Già dalla serata di lunedì si era capita l’antifona, in questo caso senz’alcun dubbio serba, nel derby balcanico che l’ha visto schiacciare il povero e disorientato Cilic, vincitore degli US Open due mesi orsono, con un sonoro 6-1; 6-1. La stessa sorte hanno incontrato Wawrinka (numero 4 del mondo), che mercoledì si è sciolto nel secondo parziale dopo un ottimo scatto dai blocchi (6-3; 6-0, con un parziale mostruoso di dodici giochi a uno), ed il ceco Tomas Berdych, battuto per la diciottesima volta in carriera dal campione di Belgrado senza riuscire ad evidenziare un minimo segno di vulnerabilità (6-2; 6-2). Se la matematica non è un’opinione, il conto dei game fa 36-9, a cui vanno aggiunte le sole quattro palle break concesse in ventitré turni di servizio, di cui soltanto una persa. Praticamente ingiocabile e come al solito spietato. Grazie all’ultima vittoria, in aggiunta, il vincitore dell’ultimo Wimbledon si è aggiudicato matematicamente il numero 1 definitivo nel 2014, raggiungendo il rivale di sempre Rafa Nadal a quota tre anni conclusi al vertice dell’ATP.
Il secondo posto rimasto a disposizione per le semifinali è stato di conseguenza oggetto di contesa fino all’ultimo in un triangolare “spalmato” tra le giornate di gioco, anche qui con scarsa traccia di equilibrio nelle singole partite. Berdych non si è praticamente nemmeno presentato in campo nel primo turno ed è stato battuto, per la quinta volta consecutiva in meno di due anni, da Wawrinka, resistendo, o meglio non giocando, per 58 minuti e spiccioli. 6-1; 6-1 incassato e Master partito al peggio. Per sua fortuna ha trovato una ciambella di salvataggio nell’ancora più irriconoscibile Cilic, che è riuscito a racimolare ben poco di più rispetto al debutto; addio alla fase ad eliminazione diretta per il ragazzo di Medjugorje e piccola speranza per Berdych grazie ad un 6-3; 6-1 senza storia. Tutto allora è passato nelle mani di Stan the Man, a cui sarebbe bastato vincere un set contro Cilic stesso per aggiudicarsi il passaggio del turno. E con la proverbiale precisione elvetica, ecco fatto: 6-3 iniziale in cassaforte e Berdych vede il proprio record al Master ATP peggiorare sempre più (una semifinale e quattro eliminazioni a livello di Round Robin). Il croato riesce a destarsi quando non conta più nulla, incamera un parziale di consolazione, ma perde nuovamente per 6-3; 4-6; 6-3.
Classifica finale: Djokovic (3-0), Wawrinka (2-1), Berdych (1-2), Cilic (0-3).
Nel girone B la parte del leone l’ha recitata king Roger Federer, il quale ha svolto il suo compito alla perfezione, senza tuttavia trovare collaborazione dagli oppositori di Djokovic, dai cui risultati sarebbe potuta dipendere una comunque remota chance di tornare per l’ennesima volta in testa alla classifica mondiale. Ad ogni modo, ciò non ha distratto Federer dall’obiettivo del Master numero sette in carriera. I risultati parlano chiaro: 6-1; 7-6 contro Raonic, 6-3; 6-2 a Nishikori ed un roboante 6-0; 6-1 al padrone di casa Andy Murray, in un crescendo esaltante e al contempo preoccupante per le ambizioni altrui. Roger rimane l’unico giocatore a non aver ancora perso il servizio in queste Finals e nulla gli è precluso nel rush decisivo.
La sfida chiave per la piazza d’onore si è rivelata essere quella inaugurale di domenica pomeriggio; il giapponese numero 5 del mondo ha in quell’occasione superato con merito lo scozzese con un periodico 6-4, facendo supporre – erroneamente – che avrebbe persino potuto impensierire Federer per la leadership del raggruppamento. Murray ha provato nella seconda giornata a reagire (6-3; 7-5 su Raonic, a quel punto eliminato), ma ha clamorosamente sbattuto il muso giovedì sera contro una delle migliori versioni di sempre del fenomeno classe ’81 di Basilea, che è andato a due punti dal rifilargli una clamorosa bicicletta davanti al suo pubblico. Nel frattempo, poche ore prima, Nishikori aveva centrato il secondo successo della settimana con il punteggio di 4-6; 6-4; 6-1 sul valenciano David Ferrer, subentrato come riserva dopo il ritiro di Raonic; questo risultato aveva messo Murray con le spalle al muro, obbligandolo a vincere in due set su Federer. Una tale pressione si è così tramutata in una figuraccia incredibile per il campione olimpico in carica, costretto a lasciare Londra ai gironi per la terza volta in cinque partecipazioni.
Classifica finale: Federer (3-0), Nishikori (2-1), Murray (1-2), Raonic (0-2), Ferrer (0-1)
Le semifinali del Master ATP di oggi saranno quindi Djokovic - Nishikori e Federer – Wawrinka.
I precedenti sono in parità per la prima sfida (2-2 più un ritiro per walkover di Nishikori, non presente nel computo totale), mentre la storia del derby rossocrociato è nettamente sbilanciata: 14-2 per Federer.
Articolo di Umberto Rossotti
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