Masterpiece – potevamo farne a meno

Creato il 18 novembre 2013 da Narratore @Narratore74

Se n’è parlato per giorni. Il talent che dovrebbe portare alla luce il nuovo artista italiano, colui che pubblicherà un libro vero in una tiratura di… 100000 copie?

Ok, facciamo finta di niente.
E comunque siamo qui perché il momento è arrivato, Masterpiece è iniziato, con tutto quello che ne consegue.
E la frase che si sente in apertura non è certo delle più incoraggianti:

L’Italia è un paese di scrittori, e tutti hanno un romanzo nel cassetto. Masterpiece ha aperto questo cassetto…

Ecco, se uno scrittore ha un libro nel cassetto e deve aspettare di andare ad un reality per renderlo pubblico, c’è qualcosa che non funziona.
Ma andiamo avanti…

Il primo concorrente è un tale che ammette di essersi fatto ricoverare in un reparto psichiatrico apposta per scoprire come si vive in certe situazioni.
E andiamo con i casi umani.
Che mica si fermano qui, troppo facile.
Abbiamo l’operaia che ha scritto un romanzo quindici minuti alla volta, durante la pausa caffè. Il giocatore di carte ex carcerato, il poveraccio che ha vissuto per strada, l’ex anoressica…
Non fraintendetemi, non voglio certo prendermela con chi ha vissuto brutti momenti, ci mancherebbe. Il problema è nel meccanismo televisivo, che si permette di guardare alla vita di una persona piuttosto che a quello che ha effettivamente scritto.
Insomma, guardare la prima puntata è come assistere ad uno speciale di un talk show sulla tristezza.
Fatto male.

E vogliamo parlare dei giudici?
Tre soggetti che sembrano lì solo per valutare le persone, e non i libri, che giudicano l’autore e non il testo? Per poi scattare in deliri di onnipotenza e infamate sparate nella faccia di questi poveracci per far vedere quanto sono duri e tosti loro.
No, credo proprio che non ci siamo.

Sparare su questo talent è troppo facile, al punto che non so se avrò voglia di parlarne di nuovo. Resta il fatto che da uno scempio simile solo una cosa uscirà certamente sconfitta: la letteratura.
Perché un programma come questo è un’offesa alla dignità di chi, nella scrittura, ci crede e vuole farlo come si deve.
Perché non si può credere che i lettori siano un branco di imbecilli, che potrebbero anche solo interessarsi di striscio ad una cavolata simile.
A nulla valgono i paroloni, i volti sorridenti e ritriti dei tre giudici.
La scrittura è altro, e fino a quando non lo si capirà, a nulla serviranno programmi come questo.

Se mai sono serviti…


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