Si passa dal post-apocalittico de La danza dei morti (Dance of the Dead) di Tobe Hooper; alla divertentissima fantapolitica delirante di Candidato Maledetto (Homecoming) di Joe Dante; per giungere a due capolavori come Incubo Mortale (Cigarette Burns) di John Carpenter, sadomasochistico manifesto di uno sfavillante terrore meta-cinematografico; e Sulle tracce del terrore (Imprint) di Takashi Miike, “fiaba” orrorifica e nevrastenica di un degrado che trascende i secoli ed imprime violentemente sulla pellicola un collage perfettamente combinato di tortura, autolesionismo e quant’altro. Senza ovviamente togliere nulla ad altri episodi, comunque ottimamente compiuti. Purtroppo, però, nel passaggio alla seconda stagione, qualcosa muta, e spesso si perde il mordente o la grande resa scenica della precedente. Fattore forse determinante nell’impedire lo sviluppo di una terza serie (anche se il format tornerà in TV sul canale NBC con le stesse modalità antologiche con il nome Fear Itself).
E se dobbiamo purtroppo registrare la mediocrità eccessiva de Il seme del male (Pro-Life) di John Carpenter e di Crociera di sangue (Dream Cruise) di Norio Tsuruta, nell’insieme di una classe di episodi comunque perlomeno accettabili, emergono prepotentemente opere di elevata capacità “psico-sensoriale” come Rumori e tenebre (Sounds Like) di Brad Anderson; il doppio e la schizofrenia visiva che stupiscono in Family di John Landis; l’umanità che implode in Contro Natura (The Screwfly Solution) di Joe Dante; e, per concludere, il “sabba dei costumi” degenerato e atroce di Istinto Animale (Pelts) di Dario Argento, che assieme ad Imprint rappresenta ciò che di meglio viene fuori da quest’estasi granguignolesca. Ciò che appare sullo schermo lacera ed al tempo stesso masturba le onde cerebrali di chi è spettatore. Emblematica anche la scelta spesso “colta” delle fonti da cui attingono i registi di ambedue le stagioni: Howard Phillips Lovecraft, Richard Matheson, Ambrose Bierce e Edgar Allan Poe sono solo alcuni degli ispiratori delle perversioni su schermo di cui si nutre il nostro “cartellone degli orrori”.
Da notare anche l’utilizzo nel cast, all’interno di questo serial, di attori navigati come Billy Drago, Cristopher Lloyd e Udo Kier; attori emergenti quali Fairuza Balk (vista già nel bellissimo American History X) e Norman Reedus (uno dei protagonisti della serie The Walking Dead); ma anche di interpreti musicali già “prestati” al cinema come Meat Loaf (indimenticabile Bob Paulson del Fight Club di David Fincher). Degna cornice a questo iter nella terra del “Dio spavento” è la colonna sonora, composta perlopiù da brani di gruppi della scena alternative metal quali Mudvayne, In Flames, Mastodon e Hatebreed. Ed è superfluo dire che il binomio, già altrove sperimentato, metal/horror funziona perfettamente. Non occorre aggiungere altro. Questo serial televisivo è indubbiamente consigliato agli amanti dell’horror perturbante ed eversivo. Per contro è sconsigliato, sfortunatamente, agli stomaci deboli. Questo magnifico pastiche rimane agli atti come una perfetta sinfonia disarmonica sulle paure, celate o espresse, dell’essere umano in toto.