Probabilmente siamo nel vero, sia nell’una che nell’altra ipotesi. L’io corteggia un noi, un voi, si autorizza nella centralità della propria esperienza – la maternità – per farsi ambiguo nel racconto dell’altro – vedi le lettere al marito che iniziano con un testo francamente urtante –
Questa donna è sicuramente un’altra madre e il contrasto è netto tra il diario di un’intimità col figlio e la personificazione della sposa: donna prigioniera nelle gabbie del sociale, donna puttana, donna dea, dotata di gran parte dell’armamentario simbolico della grande madre.
Libro che cerca un suo centro formale: diario amoroso, false lettere, inno, illuminazione. Se è facile ricondurre l’immagine della lepre che cede il passo all’oro, a un altro celebre verso del Rimbaud delle Illuminations, tuttavia è utile a segnalare il contrasto di una ricerca nell’ambito di una trasversalità tra forma e vita dove la poesia si fa intenzione del rappresentabile, del senza forma.
La breve sezione finale, fatta di rapidi immagini incise nel momento stesso della loro intuizione, rimandano a una forma dello sguardo breve, riassuntiva, come se l’esperienza complessa e snervante del mondo cercasse a un certo punto un punto di vista scentrato, di spalle, dall’alto – prospettiva, tra l’altro, suggerita dall’immagine di copertina –
Insomma, dato ogni figlio al mondo, rimane ancora l’enigma del mondo.
Sebastiano Aglieco