Qualora si verifichi una nascita anticipata rispetto al termine previsto, la lavoratrice ha diritto ad astenersi dal suo servizio, oltre ai 3 mesi post partum anche ai giorni di cui non ha fruito in precedenza.
La maternità obbligatoria spetta anche alle lavoratrici che abbiano subito un aborto dopo il sesto mese di gestazione le quali hanno diritto all’astensione dal lavoro per 5 mesi.
Per avere diritto alla maternità obbligatoria, entro il settimo mese di gravidanza, la donna deve presentare una domanda apposita al datore di lavoro e all’INPS che deve essere corredata da una certificazione medica che specifichi la data presunta del parto e il mese di gestazione. La nascita deve poi essere comunicata con l’autocertificazione entro 30 giorni, sia all’Istituto di Previdenza sia al datore di lavoro, al quale si dovrà anche comunicare se si intende riscuotere gli assegni familiari per il bambino e richiedere le detrazioni per carichi di famiglia.
La maternità obbligatoria può anche essere anticipata o posticipata.
Quando è possibile chidere la maternità anticipata
Si può chiedere l’anticipo quando ci si trova a far fronte a una gravidanza a rischio, quando insorgono complicanze nella gestazione, ma anche se le condizioni di lavoro possono compromettere la salute della madre o del nascituro e non sia possibile far svolgere alla donna mansioni diverse. In questo caso viene prolungata anche l’astensione del lavoro dopo il parto che può arrivare fino a 7 mesi.
Come ottenere la maternità anticipata
Per ottenere l’anticipo della maternità per gravidanza a rischio o complicanze la donna deve presentare una domanda presso la Direzione Provinciale del Lavoro, ovviamente corredata dalla certificazione medica rilasciata dall’ASL o da una struttura sanitaria. Se entro una settimana non vi è nessun pronunciamento, la domanda si ritiene accolta e la lavoratrice riprenderà il suo posto al compimento del terzo mese del bambino.
Nel caso in cui la gestante svolga lavori pericolosi per la sua salute o quella del bambino e il datore di lavoro non possa adibirla ad altre mansioni, dovrà essere lui stesso a richiedere l’astensione anticipata per maternità alla Direzione Provinciale del Lavoro che valuterà il caso e potrà anche fare accertamenti.
La futura madre può anche chiedere di posticipare l’inizio della maternità scegliendo lavorare fino a un mese prima del parto previsto, in ogni caso la duranta di assenza dal lavoro sarà sempre di 5 mesi (1 prima della nascita e 4 dopo). Per fare ciò deve presentare una certificazione medica rilasciata dal Servizio Sanitario Nazionale che attesti che il protrarsi del lavoro non arreca danni né a lei né al nascituro.
Tre mesi dopo il parto la donna può decidere di tornare al lavoro e in questo caso ha diritto a permessi giornalieri non retribuiti di due ore al giorno fino al compimento dell’anno del bambino. Se il suo orario prevede meno di sei ore al giorno avrà diritto a una sola ora di permesso. Questo diritto può essere esercitato sia dalla madre che dal padre.
Cos’è la maternità facoltativa
La normativa prevede poi ulteriori disposizioni a tutela della maternità e della paternità che vengono definite “maternità facoltativa” o congedi parentali e che quindi devono essere specificatamente richieste da uno o entrambi i genitori.
Al termine del periodo di astensione obbligatoria può rendersi necessario un ulteriore lasso di tempo da concedere alla madre o al padre per rimanere accanto al figlio, per questo motivo la legge prevede che fino al compimento dell’ottavo anno del bambino si possa richiedere di assentarsi dal lavoro per un massimo di sei mesi per l’accudimento del bambino.
Questo periodo di maternità facoltativa può essere fruito in modo continuativo o frazionato e può esser goduto contemporaneamente da entrambi i genitori per non oltre 10 o 11 mesi (vedremo in seguito i vari casi).
Ciò significa che dopo l’astensione obbligatoria, la madre può scegliere di protrarre di qualche mese la maternità, ma nulla vieta che sia il padre a usufruirne oppure entrambi contemporaneamente. Si tratta di un’opportunità che la maggior parte delle famiglie scelgono per restare accanto al bambino nel periodo dello svezzamento, ma si possono richiedere anche brevi periodi in momenti diversi.
Come avere la maternità facoltativa
Per godere della maternità facoltativa occorre fare richiesta almeno 15 giorni prima e la retribuzione per questi periodi di astensione dal lavoro sarà pari al 30% dello stipendio.
In caso di famiglia monogenitoriale la maternità facoltativa spetta per un periodo di 10 mesi.
Quando se ne può fruire
Vediamo ora i vari casi che si possono presentare, tenendo presente che se il padre fruisce di almeno tre mesi di congedo può estendere il suo periodo di un altro mese, portandolo a 7 mesi totali.
Se entrambi i genitori sono lavoratori dipendenti hanno diritto all’astensione dal lavoro per 6 mesi la madre e 6 o 7 il padre per un totale che non deve superare gli 11 mesi.
Se la donna è casalinga o disoccupata la maternità spetta al solo genitore di sesso maschile se è un lavoratore dipendente per un massimo di 7 mesi; se invece è una lavoratrice autonoma godrà di un congedo di 3 mesi, mentre il padre autonomo non ha diritto ad alcuna facilitazione.
La madre o il padre lavoratori hanno invece diritto, qualora ne facciano richiesta, a un periodo di maternità facoltativa della durata di 3 anni quando il bambino presenti una grave situazione di handicap accertata dall’ASL o al permesso di due ore giornaliere.
Dopo il compimento del terzo anno la maternità facoltativa prevede la possibilità di ottenere tre giorni di permesso mensile.
Sempre nell’ambito della legislazione che regola la maternità obbligatoria e facoltativa vengono regolamentati anche i permessi per malattia del bambino. Fino al compimento dei tre anni entrambi i genitori alternativamente si possono assentare dal lavoro in caso di malattia del figlio senza limiti di tempo; l’unico obbligo è presentare la certificazione medica.
Dai tre agli otto anni invece i genitori si possono assentare per lo stesso motivo solo per un massimo di 5 giorni all’anno.
Si tratta in questi ultimi due casi di periodi non retribuiti.