Mathias Énard: Parlami di battaglie, di re e di elefanti

Creato il 30 aprile 2013 da Martinaframmartino

Come sempre quando è sul punto di concludere un progetto, è felice e triste; felice di aver finito e triste che l’opera non sia perfetta come se l’avesse creata Dio.

Pagine 151-152.

E poi…

Spesso vagheggiamo che le cose si ripetano; desideriamo rivivere l’occasione perduta, tornare a un gesto mancato o a una parola non pronunciata; ci sforziamo di ritrovare i suoni rimsti in gola, la certezza che non abbiamo osato dare, la stretta al cuore per sempre svanita.

Pagina 155.

Curioso che mi sia appuntata due citazioni così vicine. Io non sento certo l’anelito verso Dio come lo sentiva Michelangelo Buonarroti ma riesco a capire la soddisfazione mista a un vago disagio perché alla fine ciò che si è realizzato non è così perfetto come appariva nella nostra mente. Che sia una delle sue sculture, uno dei miei articoli o anche la torta realizzata da una cuoca, quando mai ciò che sognamo si traduce esattamente nella realtà? Vagheggiamo, vorremmo fare le cose in modo diverso, o anche rivivere episodi del passato alla ricerca di una perfezione impossibile da trovare.

Ho letto Parlami di battaglie, di re e di elefanti di Mathias Énard per caso, perché mi aveva incuriosita la recensione apparsa domenica 21 su La lettura, l’inserto del Corriere della Sera.

Il mio approccio con Michelangelo è stato lento, è passato da una certa diffidenza per i suoi corpi così vitali e poco classici da disturbare il mio senso estetico alla curiosità per il non-finito e si è sviluppato attraverso numerose letture, da testi di storia dell’arte a romanzi. Il tormento e l’estasi di Irving Stone non è preciso da un punto di vista storico, ma è bellissimo nel mostrare la passione dell’artista per la sua arte. La grande ombra di Filippo Tuena è un libro molto sognato, a tratti quasi astratto per il distacco che pone fra l’agire e il pensare, ma è un’indagine psicologica straordinaria. E poi ce ne sono stati altri, di vario genere.

Questo di Énard, pur con il suo realismo nella scrittura, se vogliamo è un romanzo fantastico. Parla di fatti mai accaduti, e cos’è la fantasy se non la narrazione di cose che non sono accadute davvero? Finge di essere un romanzo storico, ma si allontana dalla storia per seguire un suo percorso emotivo.

Ho citato parecchie volte la conferenza Home and Away di Guy Gavriel Kay. L’ho anche fatta conoscere a Emanuele Manco quando stava scrivendo il suo articolo Vero e verosimile, una riflessione, successivamente pubblicato su Effemme 4, perché sapevo che avrebbe potuto fornirgli importanti spunti di riflessione. Probabilmente la volta che ne ho parlato di più è stato in un articolo dedicato alla fantasy storica di Kay (http://librolandia.wordpress.com/2012/07/18/guy-gavriel-kay-e-la-fantasy-storica/). Il testo originale, in inglese, si trova qui: http://www.brightweavings.com/ggkswords/globe.htm.

Kay ambienta le sue storie in mondi inventati, anche se spesso si ispira a personaggi storici reali e a epoche storiche del nostro passato, perché non ha la pretesa di conoscere nello specifico ciò che provavano quei personaggi vissuti tanto tempo fa. Non pensa di poterli conoscere davvero, nella loro intimità, e piuttosto che fare un falso e attribuirgli pensieri che non sono i loro ma i suoi, fa un piccolo slittamento laterale ed entra in un altro mondo, quello del fantastico.

Énard fa un lavoro quasi opposto, porta il fantastico, il sognato, nella nostra realtà. Michelangelo non è mai andato a Costantinopoli, anche se avrebbe potuto farlo. Non è un’ipotesi così lontana, pensiamo anche solo a Gentile Bellini che fra il 1479 e il 1480 è stato davvero a Costantinopoli in missione diplomatica, e all’influenza di questo viaggio ben visibile nelle sue opere. Malgrado il tono serio, da romanzo storico, questi non sono fatti storici.

Mi è piaciuto molto il percorso di Michelangelo, la sua ricerca di qualcosa di impalpabile per poter lasciare spazio alla sua creatività, meno la parte drammatica. Come il non-finito del grande artista, anche qui c’è qualcosa di non finito, ma è più il sapore dell’incompiuto, di quel piccolo passo in più che l’autore cercava per poter realizzare un gran bel libro. Non lo ha trovato ed è un peccato, perché la capacità di scrittura c’è e l’idea è comunque interessante.



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