La recente strage alla redazione del giornale satirico Charlie Hebdo a Parigi ha scosso profondamente il mondo professionale a cui appartenevano le vittime, in particolar modo quello dei disegnatori, dei vignettisti, degli artisti del fumetto, dei giornalisti a fumetti. Come risposta molti di loro, più o meno noti al grande pubblico, chi più, chi meno, hanno umanamente espresso i loro sentimenti e la loro opinione sull’evento con il linguaggio che gli è proprio, quello grafico appunto. E, nessuna sorpresa, lo hanno fatto anche privatamente sulle piattaforme social che tutti utilizziamo quotidianamente. Contenuti pubblici, ma pubblicati a titolo privato: su propri account, su profili personali, ecc. Tutto molto semplice, per chi la Rete la vive tutti i giorni.
Ieri il Corriere della Sera esce però in edicola con un inserto speciale, dedicato ai fatti di Charlie Hebdo: un corposo libretto (circa 300 pagine) con un’ampia raccolta di questi contributi grafici, presi dai mille rivoli della rete, impacchettati e venduti a 4,90 euro. Il tutto per beneficenza, perché i proventi, assicurano anche in seconda di copertina, andranno tutti a favore delle vittime. Ma il tutto scatena anche un putiferio, perché le decine di disegnatori autori di quelle vignette si accorgono dell’uso non autorizzato delle loro opere solo a cose fatte, quando il libro è già in edicola.
Le reazioni dei diretti interessati sono per lo più sarcastiche (un buon esempio è quella di Roberto Recchioni), ma non nascondono sorpresa e rabbia. Il fumettista Giacomo Bevilacqua mette i puntini sulle “i” sulle pagine di Wired Italia e raccoglie i post di molti suoi colleghi. Altri blogger, anche ospitati da siti di testate come L’Inkiesta, arrivano a usare toni molto aspri. Su Twitter il poco lusinghiero hashtag #corrieresciacallo diventa pure trend topic. Lercio non si smentisce (l’immagine di apertura di questo post è loro!). Si profilano all’orizzonte denunce a raffica, da più parti si chiedono le scuse dell’editore e alla fine il direttore Ferruccio De Bortoli ci mette la faccia e chiede espressamente scusa a tutti, seguito oggi da Paolo Rastelli sul quotidiano cartaceo. Un gesto importante dato il contesto del giornalismo italiano, mentre lasciano molti dubbi le critiche aperte provenienti da altre testate che non hanno ancora dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio una particolare affezione alla sacralità della citazione e dell’attribuzione.
Furbata, errore, leggerezza, incompetenza, totale incapacità di comprendere l’ecosistema digitale, ennesimo #epicfail presto dimenticato? Luca Sofri avanza qualche ipotesi che fa rabbrividire, anche se non stupisce affatto. Certo è che le giustificazioni addotte (il poco tempo per un’operazione da instant book e la difficoltà di chiedere a tutti gli autori i permessi necessari) lasciano un po’ il tempo che trovano, in un’era di connessione 24h e comunicazione in tempo reale. C’è poi l’elemento del fine benefico, che dalle parti di via Solferino è sembrato per diverse ore più che sufficiente per risolvere la questione. Ma qualcuno ha giustamente obiettato: anche solo rimanendo nell’ambito dei soldi, in beneficenza andrà anche il ricavato dal surplus di vendite del quotidiano causato dalla presenza del libro in allegato? In fondo lo sappiamo benissimo, l’unica beneficenza senza alcun secondo fine (se non una pubblicità indiretta) è staccare un assegno personalmente, non raccogliere fondi vendendo un proprio prodotto. Avanzo però un suggerimento! Per fugare ogni dubbio e maldicenza, il Corriere potrebbe rilasciare nei prossimi giorni in open data tutti i dati relativi a tiratura, distribuzione, vendita, ricavi, costi e versamento in beneficenza del libro. Così una volta tanto tutti potranno verificare il dietro le quinte di queste operazioni umanitarie colme di buone intenzioni.