Mato Grosso - Recensione

Creato il 05 marzo 2016 da Lightman

Sean Connery e Lorraine Bracco sono i protagonisti di Mato Grosso, l'avventura romantica a sfondo ecologista ambientata nella foresta amazzonica diretta nel 1992 da John McTiernan.

La dottoressa Rae Crane viene mandata da una compagnia farmaceutica nella foresta amazzonica affinché rintracci il medico Robert Campbell, che in seguito all'abbandono della moglie vive da anni nella giungla insieme agli indigeni. Il primo impatto tra i due non è dei migliori, tanto che la Crane è convinta di andarsene appena consegnato la dose di provviste e medicinali, ma ben presto la coppia che scoppia si troverà a far fronte comune in seguito ad una scoperta che potrebbe cambiare per sempre la storia della medicina. Campbell infatti avrebbe trovato una miracolosa cura contro il cancro, estratta da un rarissimo fiore che cresce soltanto in quei luoghi incontaminati: con l'aiuto degli indios i due ricercatori proveranno a sintetizzare l'enzima miracoloso, ma l'imminente arrivo della civilizzazione, col progressivo abbattimento della foresta, rischia di mandare a monte la loro missione.

Medicine Man

Nel 1992 John McTiernan, già autore di veri e propri cult come Predator (1987) e Trappola di cristallo (1988) si distacca dal cinema di puro genere per dirigere una storia dal forte impatto ambientalista ambientata in quel dell'Amazzonia, con protagonisti Sean Connery e Lorraine Bracco. I due interpreti, sulla scia del rapporto romantico / conflittuale di Humprey Bogart e Katharine Hepburn nel capolavoro La regina d'Africa (1951), sono il vero motore della vicenda, rivelandosi come l'alchemico punto di forza di una narrazione sicuramente apprezzabile dal punto di vista etico ma non sempre centrata nella pura connotazione filmico / spettacolare. Se il messaggio contro la deforestazione che, oltre alla flora e alla fauna, è costata e continua a costare la vita delle popolazioni autoctone, è sicuramente condivisibile, lo è meno una certa banalità di fondo che, quando prova a variare le sue carte su elementi fantastici (la parte dello stregone), finisce per perdere il senso della misura. Fortunatamente il fascino visivo di Mato Grosso rimane intatto grazie a una regia avvolgente capace di cogliere con ispirazione gli splendidi e incontaminati scorci paesaggistici, trovando nel quarto d'ora finale un sussulto pseudo-avventuroso che dona un po' di brio al racconto, incentrato per quasi tutta la sua durata sulla platonica love-story in divenire tra Campbell e la Crane, personaggi forse stereotipati ma non privi di una contagiosa simpatia dovuta in buona parte al carisma dei due attori. A donare inoltre una maggiore atmosfera di ritorno alla natura che si muta in epica delle piccole cose e di incontro tra culture è senza dubbio l'affascinante colonna sonora del maestro Jerry Goldsmith, che tra pezzi filo-tribali e altri più evocativi, ci trasporta con la giusta enfasi nella processione di eventi.

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