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Matteo Renzi, Gianluigi Pellegrino, Repubblica, e il "boomerang del boomerang"

Creato il 11 aprile 2013 da Tafanus

Come tutti sanno, ho una discreta stima di Repubblica e dei suoi giornalisti. Oggi, la mia "fede" ha subito un duro colpo, grazie all'editoriale di Gianluigi Pellegrino. Del quale, tanto per evitare ogni possibilità di equivoco, dico che non condivido neanche le virgole. Fuor di metafora: il renzismo di Gianluigi Pellegrino è talmente ingombrante da avergli causato una (spero) momentanea cecità. Gianluigi Pellegrino - per usare un francesismo - questa volta ha "pisciato fuori dal vaso", e proverò a spiegare perchè. Ma prima riporto i passi salienti dell'articolo:

L'ultimo autogol sul sindaco escluso (di Gianluigi Pellegrino - Repubblica)

Matteo Renzi, Gianluigi Pellegrino, Repubblica, e il
Il punto non è se vi sono state o meno pressioni per escludere Renzi. Piuttosto, quell'esclusione, è un evidente errore politico. E sarebbe bene ammetterlo presto. Da Bersani infatti più che vibrate smentite su presunte telefonate di veto, avremmo voluto sentire un sincero rammarico per una occasione mancata dal Pd. Avrebbe dimostrato sul campo quanto veri siano i propositi di " cambiamento " che ogni giorno proprio il segretario va promettendo. Un errore sul fronte politico e su quello istituzionale. Sul versante esterno come su quello interno al partito.

Il modo con cui tradizionalmente le regioni indicano i loro rappresentanti per l'elezione del presidente della Repubblica, ha assunto progressivamente, una deriva di burocratizzazione partitica. La Costituzione prevede quei delegati all'articolo 83, perché come recita il successivo articolo 87 il capo dello Stato rappresenta l'unità nazionale e quindi l'intero popolo italiano e l'intero territorio. Per questo la Carta dà mandato alle Regioni di integrare la composizione parlamentare con uomini e donne che rappresentino il territorio e siano espressione anche delle minoranze. Ridurre tutto questo ad un mero incarico degli eletti in regione con le rispettive etichette di appartenenza, senza alcuna altra valutazione, è sicuramente ammissibile sul piano formale ma interpreta in modo deteriore lo spirito della scelta costituzionale. Assegnare piuttosto quel ruolo a personalità rilevanti del territorio e magari anche di caratura nazionale nel rispetto delle designazioni richieste dall'articolo 83, vorrebbe dire invece interpretare sino in fondo la scelta dei costituenti.

Non si tratta di integrare quantitativamente i componenti di Camera e Senato che già, come è noto, sono sin troppi. Si tratta piuttosto di operare un'addizione qualitativa che è l'interfaccia genetico della figura del presidente della Repubblica come rappresentante di tutto il paese, di tutti gli italiani ed in questa prospettiva appunto, dell'unità nazionale. In più l'opzione per personalità che non siano la mera propaggine dei consigli regionali non solo rafforza l'autorevolezza del complessivo collegio ma funziona anche quale integrazione degli anticorpi contro compromessi al ribasso che sono sempre in agguato nell'autoreferenzialità interna alle dinamiche parlamentari. E mai come oggi minacciano l'importantissima elezione del prossimo inquilino del Colle.

Inutile aggiungere come tutto questo risulti rafforzato in presenza di deputati e senatori ancora una volta non eletti ma nominati dal porcellum e quindi di per sé dotati di assai scarsa forza autenticamente rappresentativa. Ecco perché ci sembrava semplicemente scontato che un partito che oggi più ancora che in campagna elettorale (dove era troppo sicuro di vincere), ripete l'appello al "cambiamento", avrebbe colto al balzo la disponibilità di una sua personalità (che comunque la si pensi sul relativo progetto politico) ha insieme grande radicamento nella regione e indiscutibile caratura e popolarità nazionale [...]

Per non dire infine che anche guardata con le lenti ciniche e deformanti della disfida tutta interna al Pd, l'esclusione del sindaco di Firenze è un evidente boomerang per i suoi avversari, perché finisce con il rafforzarlo ulteriormente rimarcando una sua virtuosa estraneità antropologica dall'attuale dirigenza. Per tutto questo, che ha fatto giustamente evocare il peggior tafazzismo, Bersani dovrebbe esprimere sincero rammarico. Che poi è anche il modo migliore per spegnere la polemica. E per non continuare a sbagliare. Gianluigi Pellegrino

Caro Pellegrino, io credo che le sfuggano alcune cosine fondamentali:

-1) sbaglia Renzi a pensare di se stesso (da solo, o forse insieme a lei) di essere lo "special one". Non lo è. E' un sindaco, e i sindaci tradizionalmente non sono inseriti fra i grandi elettori. Una eccezione non l'hanno chiesta né Fassino, né Pisapia, né De Magistris, né Emiliano... Nessuno. Nè sindaci di comuni piccoli, né sindaci di comuni grandi.

-2) E' vero che la designazione tradizionalmente riservata al Presidente della Regione, al Presidente dell'Assemblea Regionale, e ad un membro dell'opposizione, non è un obbligo di legge. Ma il fatto che sia diventata una tradizione mai discussa, o quasi, è un fatto largamente positivo, perchè ha chiuso sul nascere un altro potenziale "mercato delle vacche", che con l'abituale sensibilità Renzi (e solo Renzi) ha pensato di aprire. Bene hanno fatto quei dieci che gli hanno detto NO, malissimo hanno fatto quegli 8 che gli hanno detto SI.

-3) Non è Bersani che deve vergognarsi. E' Renzi a doverlo fare, per aver insinuato manovre di Bersani atte a rifiutare a Renzi il grande onore di diventare - unico fra i sindaci italiani - Grande Elettore. E perchè mai avrebbe dovuto?

-4) Benissimo ha fatto Bersani a ricordargli, senza neanche menzionarlo, che ha altro da fare che non occuparsi delle nomine dei "494" elettori di centro.sinistra.

-5) Malissimo ha fatto Renzi a insinuare sospetti infamanti su Bersani, esattamente come aveva fatto tutti i giorni sulle primarie (...non mi vogliono far partecipare, le primarie devono essere libere a tutti - anche a quelli di Arcore, hanno truccato gli scrutini, non hanno rispettato la par condicio...) e via minchionando).

-6) Malissimo avrebbe fatto Bersani a muovere un solo dito a favore di Renzi (e solo di Renzi) per "dare segnali". Avrebbe dato solo il segnale che il suk arabo era arrivato anche li. Ma allora perchè non giocare al "piccolo suk" in tutte le regioni? Una bella rissa gigantesca, che avrebbe coinvolto venti regioni? Pellegrino, mi tolga una curiosità: lei c'è, o ci fa?

-7) Per chiudere in bellezza, infila una minchiata assolutamente mostruosa. Voglio ricordarla:

"...l'esclusione del sindaco di Firenze è un evidente boomerang per i suoi avversari, perché finisce con il rafforzarlo ulteriormente rimarcando una sua virtuosa estraneità antropologica dall'attuale dirigenza..."

Eh no, caro Pellegrino. Chi "rafforza quotidianamente" la propria estraneità antropologica rispetto alla sinistra non è chi rispetta le regole e chiede che anche gli altri lo facciano. E' antropologicamente diverso chi chiede sempre e solo eccezioni a favore di se stesso, strafottendosene degli altri. Di quei coglioni come Fassino, Pisapia, Emiliano, che pensano solo a fare i sindaci. E magari a farlo bene.

Lei è liberissimo di pensare, come scrive, che "...comunque la si pensi sul relativo progetto politico [di Renzi] , ha insieme grande radicamento nella regione e indiscutibile caratura e popolarità nazionale..." .

Anche Benigni, anche Gianna Nannini, hanno "grande radicamento nella regione e indiscutibile caratura e popolarità nazionale", ma non mi risulta che nessuno li abbia proposti come grandi elettori.

Per piacere, evitiamo - in un paese dove di aprono guerre dei trent'anni anche per un posto da rappresentante di scala nell'assemblea condominiale - di aprire un nuovo fronte di rottura. Caro Pellegrino, questa volta l'autogol è tutto suo, ed è bello grosso. Lei trova che Renzi sia un grande statista? Bene, quando e se Renzi scenderà in campo (o salirà in politica) faccia campagna per lui. Magari distinguendo il suo mestiere di giornalista da quello di "renzino", e lasciando il giornalismo attivo, onde evitare pericolose commistioni di ruoli.

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