Se qualche mese fa - quando viaggiavo su carri bestiame e dormivo in posti luridi - mi avessero detto che mi sarei ritrovato seduto su una macchinina elettrica da golf di un albergo delle Mauritius, mi sarei fatto una grassa risata. Succede anche questo. Chiaro, l’albergo non era di lusso. Per citare testualmente uno dei miei compagni: “non è male per un quattro stelle”.Continuo a sentirmi un estraneo in posti con i prati tagliati all’inglese, le palme, la spiaggia bianca con le sdraio e gli ombrelloni, la piscina e la musica d’intrattenimento serale. Attorno a me solo anziani o coppie tristi: non si capisce se è il loro primo viaggio dopo il matrimonio o l’ultimo prima del divorzio. Se si continua a camminare lungo la spiaggia, gli alberghi dopo un po’ finiscono e con loro dei topless piuttosto ottimistici. C’è una piccola zona di nessuno e poi appaiono le persone vere, quelle che alle Mauritius ci abitano: tavolini da pic nic, sedie, cibo, bibite, palloni, pannolini. La spiaggia pubblica è un melting pot di tutte le razze e religioni dell’isola. Ci sono gli indiani che stanno osservando un periodo di digiuno e non possono mangiare derivati animali, i cinesi, i creoli e i musulmani. Alcune donne velate fanno il bagno a fianco a ragazze in bikini.Le Mauritius sono potenzialmente una polveriera che potrebbe esplodere da un momento all’altro come quando, dieci anni fa, il club calcistico degli indù si è scontrato in finale contro quello dei musulmani e mezza isola è stata messa a ferro e fuoco: sette morti. Quando sono arrivato in aeroporto, dopo tre giorni di silenzio e cinguettare di uccelli fuori dalla stanza, mi sono ricordato di cosa vuol dire essere circondato da italiani. All'imbarco del volo Meridiana per Milano c'erano facce color bronzo, minigonne da mignotta, camicie aperte sul petto villoso, infradito e soprattutto un casino infernale: decine di voci che urlavano una sopra all'altra per farsi sentire di più, senza avere niente da dire. Sembrava di vedere un reality show: Simona Ventura è con noi ovunque andiamo.
Se qualche mese fa - quando viaggiavo su carri bestiame e dormivo in posti luridi - mi avessero detto che mi sarei ritrovato seduto su una macchinina elettrica da golf di un albergo delle Mauritius, mi sarei fatto una grassa risata. Succede anche questo. Chiaro, l’albergo non era di lusso. Per citare testualmente uno dei miei compagni: “non è male per un quattro stelle”.Continuo a sentirmi un estraneo in posti con i prati tagliati all’inglese, le palme, la spiaggia bianca con le sdraio e gli ombrelloni, la piscina e la musica d’intrattenimento serale. Attorno a me solo anziani o coppie tristi: non si capisce se è il loro primo viaggio dopo il matrimonio o l’ultimo prima del divorzio. Se si continua a camminare lungo la spiaggia, gli alberghi dopo un po’ finiscono e con loro dei topless piuttosto ottimistici. C’è una piccola zona di nessuno e poi appaiono le persone vere, quelle che alle Mauritius ci abitano: tavolini da pic nic, sedie, cibo, bibite, palloni, pannolini. La spiaggia pubblica è un melting pot di tutte le razze e religioni dell’isola. Ci sono gli indiani che stanno osservando un periodo di digiuno e non possono mangiare derivati animali, i cinesi, i creoli e i musulmani. Alcune donne velate fanno il bagno a fianco a ragazze in bikini.Le Mauritius sono potenzialmente una polveriera che potrebbe esplodere da un momento all’altro come quando, dieci anni fa, il club calcistico degli indù si è scontrato in finale contro quello dei musulmani e mezza isola è stata messa a ferro e fuoco: sette morti. Quando sono arrivato in aeroporto, dopo tre giorni di silenzio e cinguettare di uccelli fuori dalla stanza, mi sono ricordato di cosa vuol dire essere circondato da italiani. All'imbarco del volo Meridiana per Milano c'erano facce color bronzo, minigonne da mignotta, camicie aperte sul petto villoso, infradito e soprattutto un casino infernale: decine di voci che urlavano una sopra all'altra per farsi sentire di più, senza avere niente da dire. Sembrava di vedere un reality show: Simona Ventura è con noi ovunque andiamo.
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