Mawaru-Penguindrum parte lentamente, per poi, dopo 3 o 4 episodi, prendere ritmo rivelando tutto il suo potenziale.
Il destino, il sacrificio e la condivisione del bene e del male: questo è lo spessore di cui è intrisa la serie. Il destino di Himari e dei suoi fratelli che si sacrificano per lei e per trovare il misterioso Penguindrum. La sceneggiatura funziona come tessere di un puzzle che si incastrano perfettamente l’una con l’altra, in un cerchio che avvolge i personaggi.
Ancora una volta Ikuhara rompe gli stereotipi visivo-narrativi dell’animazione Giapponese con espedienti metaforici simili a quelli di Yuasa, (geniale la trovata di stilizzare e rendere bianche le comparse sullo sfondo) per questo CAPOLAVORO, il cui unico difetto sta nell’eccesso di simbolismo concettuale dell’autore.
Per il resto, Mawaru-Penguindrum è una produzione di altissimo livello; dalle musiche (splendide le due opening), alle animazioni, al character design, per quello che è l’anime nettamente migliore dell’anno scorso.