MDNA, la recensione di D_Hanger

Creato il 27 marzo 2012 da Thewardrobestaff

The Wardrobe ama la musica e la pop culture e chi, meglio di Madonna incarna questo immaginario? Non potevamo esimerci dal recensire MDNA ma per parlarne con cognizione di causa abbiamo deciso di lasciare il compito a D_Hanger, dj resident dell’Amigdala e del Glamda, must per chi ama vivere la capitale by night. Enjoy!

Madonna per tre decadi ha ammaliato, emozionato, scandalizzato il mondo intero. Ci ha fatto ballare, ci ha fatto sognare, ci ha trasformato e ci ha liberato. E per ognuna di queste attività la Signora Ciccone si è giustamente guadagnata un pezzetto del trono di regina del Pop sul quale poter adagiare il reale didietro.

Dopo l’infausto Hard Candy del 2008 e, soprattutto, dopo l’avvento di nuove star (per fare due nomi a caso Lady Gaga e Katy Perry, campionesse di vendite e nuove pioniere delle tendenze musicali e non) la domanda che tutti noi ci siamo posti è se la Regina fosse ancora lì al suo posto o se fosse destinata ad essere definitivamente spodestata dal trono, cedendo il regno a nuove principesse.

A sciogliere i dubbi e a rispondere all’interrogativo, ecco MDNA, il dodicesimo album in studio (e il primo per la Interscope Records dopo il divorzio con la Warner) di Madonna.

Nonostante la scelta (infelice) di utilizzare il proprio codice fiscale come titolo, Madonna attraverso MDNA grida al mondo che lei è una girl e vuole ad ogni costo riprendersi ciò che gli spetta: tutto. MDNA è indubbiamente un disco complesso, musicalmente potente e con un’ottima produzione alle spalle. La maggior parte dei brani sono potenziali nuovi singoli. Un album destinato ad essere ascoltato ovunque e ballato in ogni occasione possibile.

Insomma, un successo annunciato, direte voi? Praticamente si.

Dopo un ascolto ripetuto dell’album, però, emerge la spiacevole sensazione che a differenza di altri lavori di Madonna, non si tratti di un prodotto autentico, intimamente sentito e voluto, frutto ultimo di un determinato processo artistico. Non si percepisce la poetica dell’artista, quella dichiarazione di intenti che ha caratterizzato i suoi album più famosi. Non troveremo dunque la tensione e la passione di Like A Prayer, la pura avanguardia bagnaticcia di Erotica, l’atmosfera raffinata e poetica di Ray Of Light, il genuino divertimento di Confessions On A Dancefloor. MDNA contiene ogni singolo aspetto di questi mondi ormai lontani e al contempo nessuno di essi. È tutto e niente. Nonostante la veste sonora impeccabile di ogni brano, l’album risente di mancanza unitarietà e omogeneità. Insomma, MDNA manca di un “concetto”. Ogni traccia non lega con quella successiva. In questo senso, di certo, non ha aiutato la scelta di chiamare a produrre il disco personaggi così distanti tra loro come Orbit, Benassi e Solveig.

Il  tutto inevitabilmente penalizza il prodotto musicale che risulta frammentario e discontinuo affogato in sonorità non del tutto innovative, colmo di autocitazioni di quando ancora Madonna non era in menopausa e di evitabili immagini da cattiva ragazza con annesso vocabolario scurrile che non si addicono certo ad una signora di 53 anni con quattro figli a carico.

L’unico leitmotiv dell’album sembrerebbe, pertanto, essere l’esigenza da parte della Ciccone di comunicare al mondo (e forse a se stessa): Hey, guardatemi, sono ancora qui… e sono ggggiovane anche io! Ed è questo il vero punto debole dell’intero album.

Questa necessità di affermazione del proprio status, il voler proporre insistentemente una nuova immagine (summa di tutte le immagini proposte precedentemente) e la non accettazione della propria età anagrafica rendono la superstar Madonna, agli occhi di un fan incallito, tremendamente vulnerabile.

Ma analizziamo l’album traccia dopo traccia.

Girl Gone Wild: Dopo aver recitato un atto di dolore ed essersi pentita dei propri peccati, Madonna imbocca nuovamente la brutta strada perché …è più forte di lei… è una bad girl, anyway e va beh. I fratelli Benassi confezionano il brano perfetto per atterrare dal pianeta Madonna direttamente nelle discoteche di tutto il mondo. Il brano lancia l’album e lo traina.

Gang Bang: è il brano del disco che preferisco: una vera bomba. William Orbit, Mika (!) e Demolition Crew sanno il fatto loro. Madonna sarà vecchia ma di certo non è una vecchia babbiona. Conosce i suoi collaboratori e sa cosa pretendere da loro. Il risultato è il brano più potente di MDNA. Se Madonna ti dice “drive, bitch”, guida e non farla arrabbiare.

I’m Addicted: Sound electro perfetto per un Benassi meno cafone del solito. A devastare il tutto la ripetizione ossessiva del codice fiscale, manco stesse facendo la ricarica postepay con un’impiegata delle poste tardona. Comunque siamo al terzo brano e già mi fanno male i piedi per quanto ballo.

Turn Up The Radio: Continuiamo a ballare. Stavolta col tocco francese (e si sente) di Martin Solveig. Brano carino divertente da ascoltare mentre giochi a beach volley sulla spiaggia ad agosto… e infatti secondo me diventerà singolo per l’estate.

Give Me All Your Luvin’: Su questo brano si è detto tantissimo. Perfetto per il Super Bowl e stop. Neanche Prezzemolo Minaj e M.I.A. risollevano le sorti di un brano nato per essere flop. D’altro canto, comprereste un disco della sorella di vostra madre che vuole fare la cheerleader e usa lo slang di una dodicenne?

Some Girls: E di colpo è il 1998 (non che sia un male). Sonorità à la Ray Of Light per un raffinato brano dance prodotto insieme a William Orbit. Peccato per il testo: il continuo confronto con la giovinezza e le ragazze è un’ossessione che non le da tregua: Some girls are not like me/ I am everything you ever dreamed of. E dubito pensasse a Cher quando ha scritto questa canzone.

Superstar: Bella come un porro in faccia, è la skip track dell’album… la salti sempre e comunque. A meno che non tu sia costipato. Allora consiglio l’ascolto a colazione mentre mangi una bella macedonia di kiwi e prugne. Effetto garantito. Una piccola nota: tra i crediti del brano, background vocals by Lola Leon. Che tenerezza.

I Don’t Give A: Autocelebrazione totale di una superdonna. Lei scimmiotta se stessa e il rap già proposto in American Life. Essere manager, girare film, andare a cavallo, fare il disco, non avere il tempo per la manicure, chiamare la babysitter, pagare gli alimenti al marito, comprare i soldatini e le macchinine al nuovo amante, quattro chili di pesche, 1 litro di latte di soia, 8 hamburger bio… è dura la vita di Madonna! Che credete?! Meno male che c’è Nicki Minaj a ricordare che “there’s only one queen and she is Madonna, Bitch!” se no avrei pensato che fosse una canzone dedicata alla mia amica Simona Melani (c’ha un da fare quella!).

I’m A Sinner: Beautiful Stranger + Amazing 2.0.

Love Spent: è un grandissimo pezzo. Uno dei migliori di tutto il disco. Una perla firmata Orbit che ci ricorda perché abbiamo amato e amiamo Madonna. Violini di Day Another Day, una linea melodica accattivante che a tratti ricorda Hung Up e l’utilizzo del banjo che dona intensità alla traccia.

Masterpiece: dalla colonna sonora del film W.E. diretto da Madonna, canzone già vincitrice di un Golden Globe. Masterpiece è una ballata bellissima. Canzone che però non c’entra nulla con tutto il resto del disco.

Falling Free: Se tutto MDNA risulta patinato, costruito intorno all’immagine della popstar stronza e cattiva ragazza, Falling Free ci offre il momento di massima autenticità della Ciccone. Orbit sveste Madonna da tutte le sovrastrutture e la offre ai suoi ascoltatori in tutta la sua fragilità.

Beautiful Killer e I Fucked Up: canzoni pop carine, ma qui sembra che Madonna e Martin Solveig abbiamo esaurito le idee. Infatti le canzoni sono state relegate nel secondo disco della deluxe edition in attesa di essere dimenticate.

B-Day Song: cos’è sta roba? Featuring di M.I.A. totalmente random e Madonna inesistente.

 Lo ripeto: MDNA è un album potente e di sicuro successo; poco ispirato e che nulla aggiunge alla preziosa discografia di Madonna, ma destinato a portare a termine al meglio il proprio compito: intrattenere.


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