Intervista a Simone Lombardini, ex referente economico per la Liguria della ME-MMT
Corretta Informazione apre il dibattito sulla ME-MMT, una teoria economica e monetaria da studiare, approfondire e analizzare, senza preclusioni, settarismi o manicheismi. Il dibattito è aperto e il nostro spazio è disponibile (per interviste o articoli) per chiunque voglia rispondere, condividere o correggere le affermazioni contenute all’interno di questa intervista. Basta contattarci alla nostra mail. (La Redazione)
Come hai conosciuto la Mosler Economics – Modern Money Theory?
Ho conosciuto la ME-MMT prima ancora che nascesse, partecipando al summit del febbraio 2012 che si è tenuto nel palazzetto dello sport “105 Stadium” di Rimini. Durante l’incontro si è discusso come e quando è nato il neoliberismo e le modalità con cui si è potuto imporre sulla scena politica ed economica mondiale. Inoltre sono state criticate con dettaglio le politiche di austerità che l’Europa ci sta imponendo da ormai più di un decennio. Infine si è dato spazio alla proposta: la ME-MMT, i cui punti principali erano stati già accennati da Barnard nel suo saggio “Il più grande crimine”.
Sinteticamente, quali sono i punti fondamentali di tale teoria?
I punti fondamentali della ME-MMT sono la sovranità monetaria e la piena occupazione. Il vero costo economico che abbiamo pagato sinora, secondo il condivisibile punto di vista della ME-MMT, è la disoccupazione. Quando milioni di persone in età da lavoro sono lasciate con le mani in mano si ha un costo economico non indifferente per la società, perché non producono alcuna ricchezza, e anzi ne consumano una parte perché in qualche modo devono sopravvivere. L’idea quindi è creare un piano di piena occupazione permanente in settori non competitivi col settore privato, unito a un piano di investimenti pubblici in settori socialmente utili. Sanando la piaga della disoccupazione i nuovi occupati inizieranno a percepire uno stipendio e così avranno denaro da spendere, di conseguenza consumeranno di più, le imprese torneranno a vendere e l’economia riprenderà il balzo. Dove trovare le risorse per garantire questo piano di piena occupazione? Se uno Stato ha il controllo sulla propria moneta – ossia ne può decidere la quantità da emettere – le risorse finanziarie non sono un problema perché, se mancano, lo Stato le può creare. Il debito pubblico, il pretesto con il quale stanno scardinando i risultati di decenni di lotte popolari dal basso, non sarebbe più un problema perché lo Stato, a differenza dei comuni cittadini, può spendere – creando moneta – prima ancora di risparmiare. L’inflazione non sarebbe un problema perché alla maggiore quantità di moneta emessa corrisponderebbe anche una maggiore produzione. La teoria si fonda sullo studio di importanti economisti come Warren Mosler (che ne è il fondatore), Randall Wray, Mathew Forstater e Wynne Godley.
Perché sei entrato nel gruppo di ME-MMT?
Sono entrato nel gruppo ME-MMT perché cercavo un movimento con idee nuove, ma che fosse anche molto tecnico nella critica e nelle proposte, e la ME-MMT lo è sempre stato. Gli studi che ha presentato e gli articoli che compaiono sul sito sono di pregevole qualità. Inoltre tutta la critica all’austerità e al falso problema del debito pubblico sono completamente fondate e confermate anche dai miei studi accademici. Infine condividevo pienamente la critica feroce a decenni di liberismo imperante che ha falcidiato speranze, diritti, e sicurezze sociali guadagnati con fatica dalle ultime due generazioni.
Dal 2013 non fai più parte di ME-MMT, puoi spiegarci per quale motivo hai abbandonato il gruppo? Qualcosa non ti convinceva? Hai cambiato idea tu o hanno cambiato idea loro?
Sono stato Referente Economico per la Liguria nell’associazione ME-MMT per circa un anno e poi ho deciso di uscire dal movimento per una questione personale. Forse la critica al neoliberismo, che era più forte nelle fasi iniziali del movimento, mi ha tratto in inganno lasciandomi credere che il movimento sarebbe arrivato a criticare le fondamenta strutturali dell’economia di mercato, invece mi sbagliavo. Quando vi entrai dovevo ancora completare il processo di formazione delle mie idee politiche, economiche e sociali, e quando sono giunto a maturazione ho capito che non potevo partecipare al movimento semplicemente perché non perseguiva i miei stessi obiettivi. La ME-MMT non nega il mercato, né la competizione tra individui come spinta per il progresso tecnico-scientifico, né la ricerca del profitto come motore dell’agire umano, né la struttura gerarchica all’interno delle imprese, mentre io credo in valori decisamente opposti.
Sì, ho conosciuto Paolo Barnard incontrandolo tre volte dal vivo. L’incontro di divulgazione che si è tenuto l’estate scorsa a Savona è stata l’occasione più importante. Dopo l’incontro, Barnard si è fermato a parlare fino a tardi con gli attivisti per chiedere informazioni su come proseguisse l’attività di divulgazione. Da quel poco che ho potuto intravedere, mi è sembrato un uomo provato dalla fatica di un’attività continua, stressato ma sicuramente deciso. Una critica che molti nel movimento gli muovono, e a cui mi associo, riguarda il suo metodo di lavoro. La maggioranza degli esponenti ME-MMT era concorde a criticare il suo comportamento incostante. Un giorno aveva dichiarato sul blog che voleva aprirsi al Movimento 5 Stelle, e qualche giorno dopo li ha mandati tutti a quel paese. Per comprendere come sia successo, leggete il blog dello stesso Barnard per vedere nel dettaglio la situazione. Ad esso seguono numerosi altri episodi di questo tipo, anche all’interno del gruppo, che hanno rallentato i lavori e creato spesso un clima di tensione e di faziosità tra gli attivisti. Barnard ha inoltre un carattere eccessivamente scontroso che mina all’immagine del movimento vanificando il lavoro di tanti. Ad esempio, a Savona ha insultato pesantemente tutti gli attivisti del Movimento 5 Stelle quando il professor Paolo Becchi ha preso in mano il microfono per fare una domanda, perciò ha allontanato la possibilità di un dialogo con lui e con tutto il movimento. Sono testimone di quanto accaduto. Nel momento in cui me ne sono andato, erano molti gli attivisti che pensavano che Barnard trattasse troppo spesso il gruppo ME-MMT come fosse roba sua.
Prima hai citato il suo libro “Il più grande crimine”. Lo hai letto? Che cosa ne pensi?
Ho letto più volte tutto questo saggio, che si può trovare liberamente in pdf sul web. È un’opera completa che si divide in due parti. La prima tratta degli aspetti economici più “tecnici” come la moneta, i titoli di stato e il funzionamento delle banche, tra l’altro smontando la bufala del signoraggio bancario. La seconda parte, invece, presenta con dettaglio la formazione dell’“industria del consenso”, la nascita del neoliberismo, la sua affermazione sul sistema keynesiano attraverso lobby, think-thank e fondazioni. L’opera non tratta di ME-MMT perché quando aveva scritto il saggio non esisteva ancora come teoria organica.
A tuo avviso, la ME-MMT non rischia forse di imporre una sorta di “vangelo economico”, seppur alternativo al mainstream, con metodi altrettanto “tecnici”?
Dipende. La ME-MMT oggettivamente è una proposta; se verrà presentata dal movimento come “l’unica soluzione” senza ammettere correzioni, allora ci sarà davvero il pericolo di un nuovo “vangelo economico”. Se gli attivisti invece elaboreranno continuativamente la teoria per migliorarla, allora potrebbe nascere qualcosa di buono e sicuramente non si tratterebbe di religione economica. Per quanto riguarda i metodi “tecnici”, una teoria economica, per quanto alternativa e radicale, deve essere tecnica e specifica, altrimenti è solo una fantasia. Non dovremmo preoccuparci se una teoria è molto tecnica perché questo ci assicura che chi la diffonde non è un incompetente, dovremmo piuttosto preoccuparci se questa teoria si cristallizza e diventa una materia nelle mani di “un’élite illuminata” che si eleva a custode esclusiva del bene comune, pretendendo con questo pretesto di comandare su tutti. Non credo che oggi la ME-MMT sia questa realtà.
Nell’ultimo decennio sono sorti molti gruppi “antisistema” che si pongono in una posizione critica nei confronti del modo di produzione capitalistico. Alcuni riprendono proprio le idee della ME-MMT, altri sono di orientamento “decrescista”, altri ancora continuano ad appellarsi ai codici teorici trotzkisti-bordighisti-stalinisti che hanno caratterizzato il marxismo del secolo scorso. Infine ad essi occorre aggiungere i movimenti “sovranisti”, alcuni dei quali intendono porsi anche oltre la dicotomia destra/sinistra. Spesso però sono legati fortemente a una persona oppure si caratterizzano per un identitarismo settario, anche se in molti casi le loro intenzioni sarebbero quelle di rappresentare una sintesi di tutti gli altri movimenti. Cosa ne pensi di tutto ciò? È un segnale positivo di risveglio delle coscienze oppure tutti questi gruppi ricadranno nell’impotenza concreta dovuta alla frammentazione? Ti senti vicino a qualcuno in particolare?
Abbiamo sicuramente tutti notato che ultimamente partiti, associazioni e movimenti sono spuntati come funghi a decine, soprattutto qui in Italia. Io ne farei una catalogazione, distinguendo quei movimenti che si schierano contro il capitalismo e quelli che si limitano a fare della critica generica, senza smuovere minimamente i fondamenti della società di mercato. Ecco, relativamente a una speranza per il futuro, non prendo neppure in considerazione questo secondo gruppo di movimenti, perché fa sì tanta critica, ha sì tanti obiettivi condivisibili, ma si riduce a combattere le conseguenze guardandosi bene dal toccare la causa, cioè il modo di produzione capitalistico. Questi movimenti dalla parvenza rivoluzionaria sono in realtà o privi di coscienza ma in buona fede – come la ME-MMT – o degli opportunisti: sarò duro con queste parole ma, si sa, il primo gesto rivoluzionario è chiamare le cose con il proprio nome, come diceva Rosa Luxemburg. Chi intende – come nel caso della ME-MMT – “migliorare” il capitalismo (la famosa retorica del “capitalismo dal volto umano”), non si rende conto che se è potuto “peggiorare” è proprio a causa della sua struttura. Noi possiamo anche migliorare il capitalismo oggi, ma domani, quando ne avrà occasione, tornerà a essere quell’ordine totalitario e antiumano come dà prova di essere, oggi, qui in Occidente e soprattutto nei paesi poveri o in via di sviluppo. E sarà sempre così. Se abbiamo perso tanti diritti e conquiste del passato è perchè la forza dei lavoratori si è indebolita – abbiamo smesso di lottare! – e il capitale, sfruttando anche il crollo del Socialismo Reale, ne ha subito approfittato per smantellare quel patto sociale che ha frenato i suoi profitti per sessant’anni, ossia il Welfare State.
Guardando invece ai vecchi e nuovi movimenti d’opposizione radicale che desiderano una cambiamento reale in direzione del Socialismo, essi rappresentano da un lato il risveglio di molte coscienze, ma dall’altro la completa incapacità delle persone di superare le differenze, che può avvenire solamente esaltando i punti in comune. Decine di movimenti che fondamentalmente vogliono la stessa cosa si chiudono in cerchie elitarie di adepti diventando vere e proprie sette prive di coscienza storica, di coscienza di classe e di prospettive. Quello che serve oggi è un polo politico d’aggregazione unico, una sorta di fronte popolare; insomma, un unico grande partito/movimento che raccolga il consenso di chi si oppone radicalmente al sistema dominante per trasformarlo in una forza politica sempre più forte. Chi si ostina a trincerarsi dietro barriere d’aria fritta – come i bordighisti, gli stalinisti e i trotzkisti – rinunciando all’unità, è soltanto uno stolto, un cieco e un presuntuoso. Il popolo non ha bisogno di fazioni né di élite illuminate alla sua testa, ha bisogno di un proprio movimento unito, compatto e rappresentante pienamente le proprie aspirazioni. Il resto è soltanto fumo negli occhi.
Qual è il tuo parere sul Movimento 5 Stelle, che ad oggi è l’unico, tra i vari gruppi cui accennavamo sopra, che è riuscito ad avere una grande visibilità mediatica e un discreto numero di parlamentari?
Il Movimento 5 Stelle è una forza politica senza un reale programma elettorale; ha fatto della politica una protesta, piuttosto che una proposta. Se leggete i programmi del M5S o ascoltate le dichiarazioni di Grillo, c’è una mole copiosa di accuse legittime verso tutto e tutti, ma quando si guarda alla parte costruttiva non si riesce ad andare oltre la riduzione dello stipendio dei parlamentari e delle auto blu e un salario minimo garantito, che certo aiuterebbe, ma è un palliativo che non risolve i problemi economici strutturali. Il Movimento 5 Stelle non ha un progetto organico per l’economia e la società. Se un partito senza programma ma di sola protesta alle prime elezioni politiche in cui si è presentato ha preso il 25% dei consensi, significa che il malcontento è diffuso e radicato. Noi dobbiamo trasformare questo dissenso in un progetto socio-politico di portata storica e dare finalmente una spallata a questo odioso sistema del mercato.
Cosa dobbiamo farcene dell’Euro? Si può fare qualcosa in occasione delle prossime elezioni europee?
O la BCE cambia statuto diventando una banca centrale prestatore di ultima istanza sotto il controllo degli Stati membri, o si deve uscire dall’Euro. Qui la ME-MMT ha proprio ragione: finché non abbiamo la sovranità monetaria il debito pubblico sarà un problema e un ottimo pretesto per falciare diritti e progresso sociale a suon di spending review. Per le prossime elezioni europee non possiamo fare nulla, perché a nulla servono elezioni che formano parlamenti senza il potere di legiferare. Ricordiamo che in Europa le leggi sono scritte dalla Commissione Europea sotto dettatura delle grandi lobby mercantili e bancarie. Ciò è spiegato molto bene nel “Il più grande crimine”.
Attualmente stai lavorando a una tua opera teorica. Puoi dirci, in anteprima, cosa stai approfondendo?
Per quale motivo tornare a parlare di economia pianificata oggi? Non sono forse stati troppi gli errori commessi nel secolo scorso da coloro che hanno tentato questa via?
L’errore più grande è stato smettere di lavorare al superamento del capitalismo. A parte questo, l’errore commesso dai teorici di sistemi economici pianificati a mio avviso consiste nell’assurda pretesa di predeterminare il numero esatto di oggetti da produrre entro un determinato periodo. Nessuno potrà sapere se quest’anno la domanda di scarpe blu sarà 1,345 milioni di paia piuttosto che 1,234 milioni perché i gusti della popolazione continuano a cambiare, in questo aveva ragione Hayek. Gli stabilimenti che si dedicano allo stesso genere di prodotti dovrebbero spartirsi il lavoro cooperando come un unico organismo e produrre su ordinazione così da soddisfare sempre tutta la domanda. Un sistema economico pianificato dovrebbe concentrare la propria opera pianificatrice sugli investimenti, più che sulle quantità. Se ad esempio l’anno scorso si è registrato un aumento di domanda per le scarpe blu, si pianifica la costruzione di un nuovo stabilimento con una capacità produttiva in grado di soddisfare l’accresciuta domanda. È evidente che per questa pianificazione i capitali dovranno tutti diventare di proprietà comune e sottoposti al controllo della comunità. Il popolo potrà così scegliere di investire le risorse disponibili dove preferirà e in questo consiste la vera democrazia e il buon senso.
Ti rendi conto di essere un visionario?
Non sono un visionario; ho un progetto sociale ambizioso ma so perfettamente che può realizzarsi ed è tanto più possibile quanto più le persone lo credono tale. Finché ci lasceremo sopraffare dal disfattismo e non troveremo il coraggio di credere nei nostri ideali, allora il mercato ci schiaccerà sotto il peso dello sfruttamento e della competizione come già ora sta facendo. Quando invece cominceremo a credere che un’alternativa esiste e che la condizione dell’Uomo nel Mondo dipende solo da lui, allora ogni forma di prigionia crollerà. Il mio lavoro teorico serve per ridare fiducia alle persone, aiutare la gente a tornare a credere nel cambiamento. Quando la gente crede, la gente si muove e le cose cambiano; finché invece le persone sono sfiduciate e si comportano da passive spettatrici del mondo, le cose restano immobili.
Come si sente un umanista come te in una facoltà di economia?
Credo di essere al posto giusto. Qui a economia ci sono le persone che più di altre hanno bisogno di speranza, di un ideale in cui credere e di una comunità. Il gelo negli occhi dei miei compagni che tradisce gli scopi meramente lucrativi della loro scelta di studi raggela il cuore. Non c’è giorno che non mostri loro lo squallore di una vita che sacrifica le relazioni umane e una professione in grado di realizzarci sull’altare del profitto, del carrierismo e del consumismo. Se qualcuno inizia a capire, altri non ancora; a quanti come me lottano in questa direzione voglio dire che non dobbiamo darci mai per vinti perché la nostra è una giusta causa, perché un mondo più umano è possibile e perché questa nostra generazione merita molto di più che essere perduta. La generazione degli ultimi sarà la prima generazione a superare mercato, denaro e proprietà con lavoro, amore e libertà. Io lo credo.
Intervista a a cura di Piotr Zygulski