Media e minori- Insegnare la Tv I
Da Simonetta Frongia
Con
questo post, intendo aprire spero, una discussione sull'interazione
media e minori e, minori e Tv in particolare. Il motivo è
semplice: da più parti si tenta di tutelare la figura del
minore e, quindi nascono Convenzioni, Osservatori, Codici di
autoregolamentazione televisiva, Garanti. D'altra parte però
si lavora per fare in modo che il minore, il bambino e l'adolescente
diventino "oggetto" e non soggetto di un meccanismo di
"acculturazione" e non, invece, di "educazione"
in generale e, di educazione televisiva in particolare. In poche
parole: se da una parte si lavora per costruire una società
educante dove la persona del futuro abbia un suo senso critico,
dall'altra si vorrebbe che queste persone fossero asservite ai poteri
forti, compresa la Tv. Già la Tv quell'innocuo
elettrodomestico, in molte case ha invaso ogni stanza e in molti casi
si sostituisce ai padri ed alle madri, alle nonne e alle baby sitter.
La televisione in sé (in quanto elettrodomestico) non ha certo
tutto questo potere, ma il potere ce l'hanno i "messaggi"
sotto forma di programmi che essa veicola.
La
televisione è stata senza dubbio una rivoluzione nel modo di
comunicare e non possiamo neppure negare che, in un epoca in cui ad
esempio in Italia il tasso di analfabetismo di alcune regioni era
dell'80 o addirittura del 90%, abbia avuto un ruolo "educante".
Ma ora quel ruolo per fortuna non serve più e anche la qualità
dei programmi si è notevolmente abbassata poiché più
legati al puro intrattenimento, spesso legato al gossip o al
sensazionalismo. Basta pensare al solo fatto che anche i TG usano
molto del loro tempo per parlare delle presunte gravidanze, love
story, gaffes di soubrette, attori o semplici comparse.
Faccio
un esempio che è sempre attuale ed in questo caso di una certa
autorevolezza:
Scrive
Popper, nel suo Cattiva maestra televisione, di aver avuto una
discussione con un responsabile della TV, il quale sosteneva che ciò
che lui mandava in onda era quello che il pubblico richiedeva,
basandosi sulle statistiche d'ascolti delle trasmissioni, e che le
sue tesi fossero sostenute dalle "ragioni della democrazia".
La risposta di Popper fu che guardando le statistiche non possiamo
sapere cosa dovremmo o potremmo offrire e non si può sapere
cosa veramente il pubblico vorrebbe se la scelta avviene soltanto
nell'ambito dell'offerta che gli viene proposta. E, al contrario, la
democrazia ha sempre inteso far crescere il livello dell'educazione.
Il problema è che si offrono all'audience livelli di
produzione sempre peggiori e che l'audience li accetta purché
ci si metta sopra "del pepe, delle spezie, dei sapori forti",
così chiamati da Popper, e che sono la violenza, il sesso e il
sensazionalismo. E quando l'audience si abbassa, basta aggiungere un
po' di spezie e il gioco è fatto, il programma si assicura il
record d'ascolti. Non solo, la televisione insegna anche alla
violenza.
Se pensiamo
alla cronaca anche solo dell'ultimo anno non possiamo dargli torto,
se cerchiamo di ricordare cosa è successo certamente
incominceremmo con tutte le Yara, Melania, Amanda, legate a quello
che da altre parti ho chiamato il criminal reality. Oppure penseremmo
a tutte le Belen, Nicol, Ruby, ai Corona e ai tronisti della De
Filippi.
Allora
io riprendo di nuovo Popper che
scrive: "la
televisione, potenzialmente certo, così com'è una
tremenda forza per il male, potrebbe essere una tremenda forza per il
bene"
e ancora aggiunge "potrebbe,
ma è assai improbabile che questo accada".
Allora io spero di intraprendere un percorso che come persone,
genitori, adulti o insegnanti ci porti alla comprensione della
potenzialità buona e cattiva della televisione e, soprattutto
ad una comprensione più critica e disincantata che questo
media ogni giorno ci manda. Se riusciremmo in questo saremmo poi dei
buoni educatori per i giovani di oggi.
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