“medicina difensiva”. Del prof. Stefano Arcieri

Creato il 18 marzo 2015 da Massimocapodanno




Stefano Arcieri Professore aggregato nel settore scientifico disciplinare Chirurgia Generale  (MED/18) presso il Dipartimento di Scienze Chirurgiche della Facoltà di Medicina e Odontoiatria della “Sapienza” Università di Roma
Il suo blog è:  Stefano Arcieri Blog

Esiste oramai da tanti anni una nuova branca della medicina che sta progressivamente aumentando nel numero di adepti. E’ la cosiddetta “medicina difensiva”. Di cosa si tratta?
   Per “medicina difensiva” si intende quel fenomeno sociale, oramai radicato sempre più negli operatori sanitari, in cui l’atteggiamento del medico nei confronti del malato e dunque della malattia, è di tipo “difensivo”, cioè l’esatto opposto di quello che dovrebbe essere.
E’ il ricorso inutile, invasivo, ad accertamenti diagnostici ed esami non necessari e costosi che assumono più il ruolo di autotutela del medico piuttosto che del paziente ed inoltre i medici tendono ad evitare quei pazienti che necessitano di trattamenti ad alto rischio, allo scopo di ridurre la propria esposizione.
Il classico rapporto di fiducia, duale, medico – paziente che è sempre stato alla base di questa interazione si è modificato; il paziente, oramai assume un atteggiamento di sospetto nei confronti del medico per quello che concerne l’esatta diagnosi e soprattutto la corretta condotta terapeutica, questo genera anche nel medico uno stato di allarme suscitato sia dalla paura di sbagliare e soprattutto dal dubbio di non essere stato esauriente nella diagnostica.
Per capire le dimensioni del fenomeno, si pensi che un’indagine effettuata recentemente ha confermato che quasi l’80% dei medici si sente a rischio di subire prima o poi una denuncia che mira più che altro ad atti risarcitori di tipo economico.
In questi ultimi 15 anni le denunce rivolte ai medici sono aumentate fino a quintuplicarsi e in tutto questo le assicurazioni professionali sono lievitate in modo vertiginoso: 10 mila euro l’anno per un ortopedico, 18 per un chirurgo plastico, 14 per un ginecologo etc.
Ma chi ne fa le “spese”?
A mio avviso i primi a farne le spese sono i PAZIENTI!
Il ricorso a esami inutili e costosi, non solo sottopone i malati a stress che avrebbero potuto evitare e che fanno lievitare enormemente la spesa sanitaria, si spendono inutilmente circa 13 mld di Euro l’anno, ma soprattutto fanno ritardare l’inizio del trattamento sanitario. Ma vi è di più. Il medico, in particolare il chirurgo, oramai non spinge più oltre alcuni limiti la procedura e tattica chirurgica poiché se da una parte potrebbe recare beneficio al paziente (si pensi alle malattie oncologiche) dall’altra aumenta il rischio di complicanze che possono insorgere e che potrebbero essere causa di una successiva rivalsa.
Le cause legali intentate verso i medici, in genere, terminano dopo almeno 4 anni e nella stragrande maggioranza dei casi (circa l’80%) per insussistenza del fatto. Nelle restanti denunce il paziente è liquidato con un risarcimento ben al di sotto delle richieste. Le assicurazioni, dal canto loro, aumentano al malcapitato professionista le polizze assicurative.
Qualsiasi complicanza o fallimento terapeutico è vista come passibile di condanna giacché non accettabile in una ”epoca moderna” dove tutto è meccanicizzato, dimenticando che è proprio della medicina la variabilità della risposta individuale ad ogni atto terapeutico e pertanto estremamente imprevedibile!
Si sono moltiplicate a tal riguardo, in questi ultimi anni, associazioni legali di Avvocati concentrati solo in difesa dei malati che hanno subito, a loro parere, un trattamento non adeguato cioè affetti da “malpractice” fornendo consulenze gratuite e incoraggiando i pazienti a presentare le denunce. In tutto questo anche il decreto Bersani ha liberalizzato le tariffe degli avvocati che sono stati legittimati a riscuotere le loro parcelle anche solo in caso di vittoria.
Dall’altra parte esistono diverse associazioni di medici che cercano di mettere in atto attività mirate a non favorire le controversie tra medici e pazienti, in particolare contrastando le denunce prive di fondamento a carico dei medici. Infatti, cominciano a incrementarsi le querele da parte dei medici nei confronti dei pazienti che li hanno denunciati e che hanno perso la causa per “insussistenza del fatto” e si ritrovano alla fine nelle condizioni di pagare il professionista accusato ingiustamente di “malpractice”.    E’ fuori dubbio, che in un epoca in cui è sempre più confuso il rapporto con il proprio futuro sociale, sia auspicabile che almeno quello con il medico e con il paziente, torni ad essere contraddistinto da reciproca fiducia e serenità.

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