Magazine Religione

Meditazioni metafisiche di un tolemaico contemporaneo

Creato il 12 maggio 2013 da Uccronline

Meditazioni metafisiche di un tolemaico contemporaneo
di Giorgio Masiero*
*fisico

Da quando sollevò gli occhi al cielo e prese a studiare il moto degli astri, si trovò al centro del Cosmo, culmine e metro di tutte le cose. Unica creatura in possesso della ragione, si era progressivamente dotato di strumenti come il fuoco, l'aratro e la vela per catturare i tesori sepolti della Natura, procurarsene i frutti e controllarne gli elementi marini e aerei. Con la tecnica si era liberato della gabbia senza tempo in cui è imprigionata la vita vegetativa e istintiva di piante ed animali. Con la scoperta del linguaggio, della scrittura e dei numeri, s'inventò la storia, l'arte e la filosofia. Congetturò allora che la sua casa, la Terra, fosse circondata da 8 sfere concentriche, ruotanti con moto circolare uniforme sotto la spinta di divini motori. In queste sfere erano incastonati la Luna, i 5 pianeti (a lui visibili), il Sole e le stelle. Era l'uomo antico.

Sopra ogni suo ingegno però, la Natura regnava regolare e capricciosa, madre necessitata nei suoi cicli e matrigna imprevedibile nei suoi portenti. Democrito insegnava: " Tutto ciò che esiste nell'Universo è frutto del caso e della necessità" e Prometeo, che per domare la Natura aveva dato agli uomini la tecnica rendendoli simili agli dèi, proclamava sconsolato: " La tecnica è di gran lunga più debole della Natura" ( Eschilo). Il caso e la legge in egual misura governavano quel mondo.

Poi venne il cristianesimo, che cancellò il caso ed esaltò l'uomo. Tutto ciò che esiste è stato creato da Dio, che è la Ragione; e dalla Ragione soprannaturale ogni ordine naturale dipende per la sua origine e per il suo fine. Il fortuito non esiste nell'ordine globale cristiano: " Nulla a caso accade nel mondo" ( Agostino). Quanto all'uomo, esso è creato ad immagine di Dio in intelletto e libera volontà. La felicità dell'uomo può avverarsi soltanto in Dio, davanti a Cui la sua condotta morale sarà giudicata alla fine. Era il Medioevo.

Nel Medioevo la necessità è data dalla duplice concatenazione delle "cause seconde" (le leggi naturali, così come decretate dalla Causa prima all'atto della creazione) e delle azioni causate dal libero arbitrio degli uomini in vista dei loro fini. Se un uomo seppellisce un tesoro nel campo per nasconderlo, ed un altro arando il campo scopre il tesoro, questi può parlar per sé di fortuna, perché il suo fine era la semina, non il tesoro: ma è stato solo l'incrocio di due eventi deterministicamente causati da due volontà diverse per due scopi diversi. E poi, chi conosce la volontà di Dio che è in tutte le cose? Per sapere cosa il Medioevo pensasse della Natura, non leggiamo i Lapidari o i Bestiari, che sarebbe come confondere gli oroscopi nei quotidiani di oggi con l'astronomia, o l'arte surrealista con le tavole dell'anatomia; piuttosto studiamo i filosofi medievali: Tommaso d'Aquino, Alberto il Grande, Ruggero Bacone, Roberto Grossatesta, Duns Scoto... Ci sono gli enti naturali, caratterizzati dalla necessità: ove è possibile riconoscere una regolarità, lì c'è una causa che coincide con l'essenza di quella natura: " Infatti si chiama naturale ciò che si comporta similmente in tutto, perché la Natura opera sempre allo stesso modo" (Tommaso, Commento alla Fisica di Aristotele). L'insieme di tutte le nature è la Natura. Nell'uomo però c'è un plus, che è una sostanza soprannaturale: è la sua anima immortale dotata di ragione e libertà.

L'ultimo passo mancante a questi pensatori rispetto al concetto moderno di scienza non fu il determinismo, ma la rilevanza dell'operazione di misura, che sarebbe intervenuta con la quantificazione delle "affezioni" operata da Galileo. La misura diventerà nell'era moderna l'atto di separazione consensuale della scienza naturale dalla filosofia, prima unite in un sapere onnicomprensivo. La differenza del Medioevo con il mondo antico non è dunque nell'assenza di determinismo, ma all'opposto in un maggiore determinismo, che dalle sfere celesti si propaga al mondo sublunare: separando la volontà umana dal resto dei fenomeni naturali, i teologi medievali teorizzarono un determinismo universale per la Natura terrestre e celeste, che spalancò le porte allo sviluppo delle scienze moderne. Inversamente, i conati dello scientismo contemporaneo a " tentar le essenze", in un impossibile ritorno all'onnicomprensività passata, si risolvono in tante storielle, che sono i moderni arrangiamenti degli antichi miti. " Hypotheses non fingo ", si ritraeva Newton deontologicamente, di fronte a chi lo interrogava sull'essenza della gravità: quanti oggi usano la scienza con altrettanta parsimonia?

La storia occidentale colloca l'inizio dell'evo moderno nel 1492, l'anno della "scoperta" dell'America. Questa scelta non mi pare rappresentativa dell'abisso culturale che ci separa dal mondo medievale. Quale fu il grande effetto di quel primo viaggio transatlantico se non di spostare l'asse politico-economico in Europa dalle potenze mediterranee a quelle affacciate sull'Atlantico? Anche l'era atlantica è ora finita, col fallimento di Lehman Brothers (2008), si dice; invero dal 1989 con l'implosione dell'Urss e l'omologazione mondiale del capitalismo. (In Cina il capitalismo era risorto nel 1972, con il Piano delle 4 modernizzazioni che Deng Xiaoping presentò così: " L'economia pianificata non è la definizione di socialismo, perché c'è una pianificazione anche nel capitalismo. L'economia di mercato si attua anche nel socialismo. [...] Chi si arricchisce merita la gloria ".) L'egemonia economico-politica globale appartiene oggi agli stati che si affacciano sul Pacifico: il XXI sarà il secolo dell'Asia.

Se invece che con la ridistribuzione geografica del mercato, scandiamo gli evi con le Weltanschauung che li abitano, allora il mondo moderno è nato il 24 maggio 1543 con l'apparizione a Norimberga del "De revolutionibus orbium coelestium" di Niccolò Copernico. Nel suo trattato di astronomia, l'eclettico canonico polacco scalzava la Terra dalla sua posizione centrale nell'Universo per mettervi il Sole: " E in mezzo a tutto sta il Sole. Chi infatti, in tale splendido tempio [dell'Universo] disporrebbe questa lampada in un altro posto o in un posto migliore, da cui poter illuminare contemporaneamente ogni cosa? Non a sproposito quindi taluni lo chiamano lucerna del mondo, altri mente, altri regolatore. [...] Così il Sole, sedendo in verità come su un trono regale, governa la famiglia degli astri che gli fa da corona ".

Dallo scontro di due vecchi sistemi filosofici, più che dall'evidenza di nuove osservazioni astronomiche, uscì vincitore il platonismo sull'aristotelismo: ne risultò la rivoluzione copernicana, come credenza che il Sole sta al centro del mondo. Dal punto di vista pratico, l'esito di descrivere i moti celesti come visti dal Sole invece che dalla Terra fu quello di semplificare la geometria delle orbite, riducendo (momentaneamente) gli epicicli da 5 a 1. Una mossa elegante, intendiamoci, sul piano scientifico; ma che nulla ha a che fare con la questione dell'esistenza d'un vero centro del sistema solare, né tanto meno d'un centro fisico dell'Universo (il copernicano " trono regale del tempio"). L'aveva capito subito il teologo Andrea Osiander, che nella prefazione chiosò: " Se [gli studiosi tradizionali di credenza tolemaica, NdR] vorranno riflettere saggiamente sulla cosa, troveranno che l'autore di questa opera non ha commesso nulla che meriti rimprovero. È infatti proprio dell'astronomo prima registrare la storia dei moti celesti mediante osservazioni abili e accurate; quindi, escogitare e supporre le loro cause, ossia certe ipotesi, in un modo qualsiasi, non potendole dimostrare in alcun modo come vere. Partendo da tali ipotesi, si possono calcolare correttamente i moti celesti, in base ai princìpi della geometria, tanto nel futuro che nel passato". Karl Popper non darà una migliore definizione del metodo della scienza sperimentale moderna e della veridicità delle sue teorie. Una settantina d'anni dopo, la diatriba fasulla sarebbe scoppiata di nuovo nel processo a Galileo, col teologo Bellarmino ad insegnare al fisico pisano la relatività del moto e la validità tecnica e non epistemica (almeno sulla base dei fatti noti al momento), dell'opzione eliocentrica.

Che cosa fu la rivoluzione di Copernico, dunque? Non certo una rivoluzione scientifica, in termini di metodi, scoperte e predizioni (come sarebbe stata invece quella operata più tardi da Galileo, Newton e Francesco Bacone), ma qualcosa di molto più importante: essa fu il primo atto della desacralizzazione dell'uomo, ottenuta intanto attraverso il decentramento spaziale della sua patria. E questa operazione passò come un'evidenza scientifica. (Anzi, come tale passa tuttora universalmente, se lo scorso mese miss Russia ha perduto il titolo meritatissimo, non avendo risposto alla domanda di "cultura generale" se sia la Terra a girare intorno al Sole o viceversa, nei termini politicamente corretti per una ragazza moderna.)

Il secondo atto, che segna la cifra della modernità in tutti i suoi aspetti, politici ed economici compresi, coincise con la pubblicazione avvenuta a Londra il 24 novembre 1859 d'un altro libro: intendo l'"Origine delle specie" di Charles Darwin. Qui la naturalizzazione dell'uomo viene portata al suo estremo limite, attraverso la proclamazione della continuità con il mondo animale e la negazione conseguente di ogni specificità umana rispetto ad una mosca, un fico ed anche un sasso. L'uomo non è più il culmine della creazione, signore e custode del mondo, ma si riduce all'ultimo arrivato sulla scena, per evoluzione casuale da una specie animale precedente, che era a sua volta evoluta per caso da una specie precedente..., via via indietro per li rami filogenetici fino ai primi organismi batterici, assemblatisi per caso dalla materia inanimata. " L'antica alleanza è rotta; l'uomo finalmente sa che è solo nell'immensità indifferente dell'Universo da dove è emerso per caso", può così annunciare oggi Jacques Monod.

L'uomo moderno " finalmente sa" di essere un frutto del caso o, piuttosto, così preferisce vedersi? Se gli antichi si consideravano soggetti al condominio di caso e necessità; se i medievali vivevano all'ombra di una Provvidenza che tutto governa; il mainstreaming della modernità coincide con il caso e il non senso. Lo stesso multiverso è l'ultimo approdo, metafisico e aporetico, di questo nichilismo post-naturalistico.

L'evidenza empirica e razionale dice a me tutto l'opposto. C'è un "centro" nell'Universo, che è dato dal suo osservatore: l'uomo, con la sua mente e i suoi sensi, potenziati dai radiotelescopi puntati nelle direzioni persistentemente mute dei 4π steradianti. Questo è un fatto, infalsificato; ed è anche un'affermazione scientifica, falsificabile e gravida di predizioni controllabili come abbiamo visto in un precedente articolo. Certo, qualche lettore non sarà d'accordo con me; ma se non è un alieno, obiettandomi si contraddirà, così confermandomi nel mio antropocentrismo.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :