Meditiamo insieme

Da Eleonoraely

Evitiamo le bugie!
C'è chi crede che il dire una menzogna sia quasi una sciocchezza, una mancanzuccia trascurabile. Ho sentito una volta una per­sona ragionare così: Per il momento dico una bugia; pazienza! Dopo morte farò un giorno di Purgatorio! -
Questo dimostra che non si conosce cosa significhi offesa di Dio e che cosa sia il Pur­gatorio. Anche quando si tratta di dire una piccola bugia, non si deve fare assolutamente ciò, perché si offende Iddio! Non bisogna recare al nostro Creatore, che tanto ci ama, il minimo dispiacere volontario.
Se non si evitano le bugie perché si ha poco amore di Dio e perché si è poco deli­cati di coscienza, almeno si evitino per non meritare il castigo divino, in questa o nell'altra vita. Il bene anche minimo, che si fa in vita, sarà ripagato dal Signore nel Para­diso. Il male, anche minimo, quale sarebbe una piccola bugia innocua, sarà punito im­mancabilmente da Dio. È proprio il Purga­torio ove si scontano le piccole mancanze ed ove l'anima si purifica da ogni residuo di pe­na temporanea. Stare in Purgatorio significa soffrire il fuoco e altre pene terribili. Basta riflettere su qualche apparizione di oltre tom­ba, per rimanere attoniti del rigore della Di­vina Giustizia nel punire quelle che noi chia­miamo piccole mancanze.
La lingua bruciata.
Il Padre Nieremberg, Gesuita, mentre una notte pregava nella chiesa del Collegio a Madrid, vide comparirsi la figura di un amico, morto di recente. La grande devo­zione a Maria Santissima aveva meritato al defunto la grazia di comparire per chiedere suffragi. Il Padre Nieremberg gli chiese: Per­ché ti trovi in Purgatorio? - Devo scontare le piccole colpe commesse con la lingua nei miei rapporti col prossimo. Ecco la mia pena! - così dicendo, lasciò vedere la lingua bruciata, perché un ferro infuocato continua­mente la torturava.
Anania e Saffira.
La terra è il luogo di misericordia; tut­tavia meditiamo come Dio punisca la men­zogna in questa vita, per prendere la riso­luzione di non dirne giammai.
Al tempo degli Apostoli si raccoglievano denari ed altri beni, per dare aiuto ai biso­gnosi; c'erano di quelli che vendevano anche i beni immobili, come le campagne, e ne por­tavano il ricavato agli Apostoli.
Un uomo, di nome Anania, risolvette di vendere il suo campo e di portare il denaro a San Pietro. Si accordò con sua moglie, di nome Saffira, in questi termini: Noi porte­remo al capo degli Apostoli non tutto il de­naro della vendita del campo, ma una parte soltanto e diremo invece che il denaro è tutto il ricavato. -
Poveri illusi! Credevano che la bugia restasse nota solamente a loro!
Quando Anania depose il denaro ai pie­di degli Apostoli, accompagnando l'offerta con la bugia, sentì dirsi aspramente da San Pietro: Anania, come mai Satana ti ha preso così il cuore, che tu cerchi di mentire allo Spirito Santo col trattenerti una parte del prezzo del campo? Se non lo vendevi, non restava tuo? E, vendendolo, non eri padrone del denaro? Perché concepire un tale dise­gno? Tu non hai detto una bugia agli uo­mini, ma a Dio! -
Anania, ad udire queste parole, fu col­pito da un malore improvviso e cadde morto. Tutti i presenti si riempirono di un grande timore. I più giovani si alzarono, avvolsero il cadavere e lo andarono a seppellire.
La moglie Saffira, che niente aveva sa­puto di quanto era accaduto al marito, dopo circa tre ore entrò là, ove stavano gli Apo­stoli. San Pietro le rivolse questa domanda: Dimmi, è vero che avete venduto il campo per tale prezzo? - Quella rispose: Sì, per tale prezzo! - Allora il Principe degli Apo­stoli, pieno di sdegno le disse: Ah, dunque, vi siete accordati a tentare lo Spirito Santo? Ecco sono alla porta i piedi di coloro che hanno sepolto tuo marito; ora vengono a portare via anche te! -
In quell'istante la donna morì, cadendo ai piedi di S. Pietro. Entrati poi quei giovani e trovata la morta, la portarono a seppellire accanto a suo marito.
Giacché Iddio punì in tal modo una bugia che non nuoceva ad alcuno, vuol dire che la bugia, anche innocua, non è quel pic­colo male che si crede.
Il pastorello

La bugia dispiace non solo a Dio, ma pure agli uomini; i bugiardi perciò sono guardati con occhio diffidente ed anche quan­do dicono il vero, non sono creduti.
È tanto significativo l'esempio di quel giovanetto, che venne lasciato dal padre in custodia delle sue pecore. Gli aveva racco­mandato il genitore di chiamare i pastori vicini in aiuto, nel caso che fosse venuto qualche lupo presso la mandria. Il giovanet­to una volta per burla gridò: Al lupo, al lupo! - Vedendo accorrere pastori e con­tadini armati di bastoni, fece loro una grossa risata e li licenziò dicendo essere stato uno scherzo.
Ma un giorno il lupo venne realmente. Il pastorello uscì a gridare a squarciagola: Al lupo, al lupo! - ma nessuno volle anda­re in aiuto. Aveva un bel dire: Venite, che questa volta c'è il lupo davvero! - Ognuno diceva: Non ci scherzerai più! -
Il lupo intanto fece strage delle pecore e ne fu causa il giovanetto con la sua bugia, perché: Se un uomo per bugiardo è cono­sciuto, quand'anche dica il vero, non è cre­duto.
Il cane e la gallina cotta

L'essere presi per bugiardi è cosa molto umiliante; il seguente fatto ne è prova. Era circa mezzogiorno; una famiglia si disponeva a mettersi a tavola. Per il pranzo si era preparato qualche cosa di buono, tra l'altro una gallina. Intanto si sentì battere alla porta e si corse, ad aprire. Era un amico. Si cercò subito di nascondere le vivande per non invitare a pranzo il nuovo arrivato. Una signorina, che già stava per mettere sul­la tavola un tegame con la gallina, non es­sendo stata in tempo a ritornare in cucina, nascose il tegame sotto una sedia.
La madre di famiglia fece all'ospite que­sto parlare: Ben volentieri vi inviterei a pranzo, perché la vostra compagnia ci fa sempre piacere. Mi dispiace però non aver quest'oggi niente da mettere a tavola; il no­stro pranzo è assai magro. -
Mentre così parlavasi, il cane di casa fu attratto dall'odore della carne ch'era nel tegame e riuscì ad addentare la gallina cot­ta. I presenti si alzarono tosto per togliere la carne dalla bocca del cane, il quale an­dava in giro per le stanze.
L'ospite, che assisteva alla scena, sentì il bisogno di dire: Vi ringrazio della cordia­lità usatami! Non mi aspettavo da voi que­sta finzione! -
È più facile immaginare che descrivere la confusione di quella famiglia a vedersi smascherata dalla bugia.
Richiama i ladri

Mentre la menzogna umilia, la verità nobilita. 
S. Giovanni Canzio era professore all'università di Cracovia. Lasciate le vanità del mondo, intraprese la carriera ecclesia­stica e divenne esemplarissimo Sacerdote.
Assalito una volta dai ladri, non fece al­cuna resistenza e consegnò il denaro che cre­deva di avere, dicendo: Eccovi tutto il de­naro che porto addosso; non ho altro! - I ladri si allontanarono soddisfatti. Il Santo subito si ricordò che teneva cucite nel vestito alcune monete d'oro. In realtà bugia non ne aveva detto, non essendosi ricordato di avere ancora denaro; però nella sua estre­ma delicatezza credette bene di informare di ciò i ladri. Corse dietro a loro e, raggiuntili, disse candidamente: Credevo di non avere più alcuna moneta ed invece ne ho trovate altre. Prendete anche queste! -
Quei malandrini davanti a tanta since­rità rimasero molto meravigliati, sino al pun­to di sentire il rimorso del furto fattogli pri­ma e gli restituirono il denaro.
Questo fatto è più da ammirare che da imitare; però esso ci rivela come gli stessi cattivi stimino la verità.

( Don Giueseppe Tomaselli )

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