MEGADETH: tutta la verità su Dystopia

Creato il 11 febbraio 2016 da Cicciorusso

Come si fa a pretendere che un gruppo dalla carriera ultra-trentennale sia ancora in formissima, ispirato e carico di motivazione? Sinceramente non riesco a capire come si faccia a pretendere sto gran che da gruppi sostanzialmente bolliti da dieci anni, se non da molto più tempo, come gli Iron Maiden o i Megadeth. Ragazzi, obiettivamente, ma che cazzo pretendete? Non ha senso nemmeno augurargli il prepensionamento, ma perché? Perché dovrebbero smettere di fare dischi, perché glielo dite voi? Ormai a 55-60 anni si è ancora giovani e bene che gli va un Mustaine a caso ti tira fuori ancora due/tre dischi e un paio di tour. E insomma, è il loro mestiere. Si sa che questi qui, nove volte su dieci, tirano fuori una cagata pazzesca, e dalli giù a divertirsi con gli insulti (sono il primo a farlo, eh) e le stroncature acidissime, tutto giustissimo. Ma la decima volta che gli dice culo e producono un album decente gli va riconosciuto il merito. Cesare caro (chi cazzo è Cesare Carrozzi?), non concordo con te quasi su nulla. Piero ci è andato vicino alla verità ma non ha avuto il coraggio di dirla tutta. E allora, amici del metallo, ve la dico io la verità vera: Dystopia è decisamente un buon disco. BOOOM!

Sono d’accordo con Cesare quando dice che Loureiro fa il minimo sindacale. È vero, ma ne parliamo meglio dopo. Ha sostanzialmente ragione anche quando dice che il disco doveva finire con Lying In State e che i due pezzi finali occupano solo spazio, la cosa delle Spice Girls, eccetera. Ok, ma basta. Per il resto non gli si può dire niente a Dystopia: è un buon lavoro di riciclaggio di riff e melodie del passato e dimostra che Dave ha trovato una formula che funziona, quindi, null’altro a pretendere. E ci sta, soprattutto quando ti viene bene. È un album tutt’altro che esente da difetti, alcuni dei quali molto evidenti e presenti ormai da tempo, tipo che la parte recitativa, parlata, di Dave è eccessiva; non gliela fa più a cantare e neanche la voce da Paperino è più quella di un tempo, quindi, ok, ci sta pure l’artificio del recitativo, basta non abusarne. Oggi non ha senso aspettarsi un Peace Sells e nemmeno un Rust in Peace, ha senso solo aspettarsi che esca un album come questo, ovvero una boccata d’ossigeno ogni due o tre boiate clamorose.

Capitolo Loureiro: non serve nemmeno accanirsi su Kiko. Poveraccio. Lui mi sembra tipo uno di quegli assistenti universitari che ne sanno molto più del vecchio titolare di cattedra, magari pure un po’ rimbambito per l’età avanzata, a cui fanno da schiavi, dal preparare i bignamini sugli aggiornamenti professionali perché quello non ha più voglia di studiare, fino alle fotocopie: il povero assistente vorrebbe dire un sacco di cose intelligenti e utili ma deve auto-censurarsi per non apparire più preparato e intelligente del suo capo e si limita al compitino dignitoso, sennò quello lo manda a vivere sotto un ponte. Loureiro, in potenza, avrebbe potuto rendere questo disco ancora più interessante ma non lo ha fatto sennò Dave lo cacciava a pedate in culo ancor prima del tempo. E quindi, tranquillo tranquillo, svolge il suo onesto compito, una roba che avrebbe potuto registrare anche il giorno dopo una sbronza, in hangover, magari zoppo e con una benda sull’occhio. Ora, io non pretendo neanche lontanamente di avere le competenze musicali di Cesare Carrozzi ma, insomma, il lavoro svolto dal buon Kiko è fatto a dovere e poi – valutate anche questa cosa – quanto pensate che gli abbiano reso economicamente i dischi solisti con le turboseghe neoclassiche?

Diamo a Cesare quel che è di Cesare e a Dave quel che è di Dave. (Charles)