Troviamo conferma nell’ultimo rapporto delle NU “State of the World’s Cities 2012/2013″, Kathmandu è negli ultimi posti (60° su 95 città) come vivibilità e prospettive per suoi abitanti. Sotto troviamo Monrovia (Liberia), Conakri (Guinea) , Addis Ababa, Harare, La Paz, Dhaka; subito sopra New Dheli, Yaoundè, Phnom Penh. Milano è poco meglio di Varsavia ma peggio di Bruxelles. In testa alla classifica Vienna e NewYork. Chiaro che queste graduatorie sono da prendere con le pinze, ma danno delle indicazioni basate sulle condizioni dei trasporti, della vivibilità, delle infrastrutture, ambiente e dello sviluppo economico e culturale.
E’, comunque, interessante l’analisi sulle principali città, megalopoli estese e riempite di gente che cerca opportunità e prosperità, abbandonano le campagne. Nell’ultimo secolo, la percentuale di popolazione che vive nei centri urbani è passata dal 20% nei paesi meno sviluppati il 5%) a, oltre il 50% e si prevede che, ben presto, di raggiungerà il 70%. Incrementi straordinari, proprio, nei paesi più poveri (in Europa il movimento verso le aree urbane è stagnante, +0,67). La gente che si è spostata verso le megalopoli dell’Asia (Dhaka, New Dheli, Mumbai, Karachi) e dell’Africa (Kinshasa, Lagos) è quanto l’intera popolazione dell’Europa. Opportunità che questi migranti spesso non trovano, gli slums, ormai diventati vere e propri quartieri stabili, raccolgono il 62% della popolazione urbana nell’Africa sub- sahariana e il 30% in Asia.
L’ aumento di popolazione urbana non è stato seguito da un miglioramento delle strutture (accesso all’acqua, strade, telefoni, elettricità, etc.) e solo alcune città africane ed asiatiche sono considerate, nel rapporto con“solid prosperity factors” per i loro abitanti. In Africa, delle 20 città analizzate, solo Cape Town, Johannesburg, Cairo e Casablanca; in Asia: Amman, Bangkok, Yerevan, Jakarta, Manila, Hanoi e Pechino. Chi ha investito in infrastrutture nelle nuove megalopoli ha ottenuto buoni risultati dal punto di vista dell’incremento del PIL nazionale e pro-capite: high speed train a Shangai, in Malesia il Kuala Lampur cooridor, i trasporti urbani a Nairobi per connettere aree immense e distanti dal centro. La Cina ha investito in infrastrutture mediamente il 10% del PIL, l’India il 5,6%. Nelle megalopoli dell’Africa, le carenze di strutture (acqua, sistema fognario (disponibile al 80% della popolazione, elettricità (69%), linee telefoniche, internet, 7%) ha frenat la crescita ecopnomica riscontrata in altre aree. Per certi versi lo stesso è stato a Kathmandu.
Tante informazioni saltano fuori dal Rapporto come il recordo di Amman che ha parchi che coprono il 12% dell’area urbana (percentuale fra le più alte del mondo). I differenti indici (tutti poi concentrati nel (CPI-City Prosperity Index) permettono, poi, di valutare le differente condizioni delle città, per esempio è Stoccolma quella con la migliore qualità di vita e Londra, Zurigo quelle con le migliori infrastrutture. Kathmandu è migliore, come qualità di vita, di altre città (Casablanca, Phnom Penh, Nairobi) che la precedono come Indice totale. Insomma è una lettura interessante e utile per continuare a vedere come si muove il mondo.
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