Ecco, il punto è proprio questo: quella della contraccezione e nello specifico del preservativo facile – sorvolando sulle implicazioni morali di cui diremo fra poco – non è una politica convincente. E spesso neppure efficace se consideriamo alcune risultanze empiriche. Gli esempi, qui, sarebbero molti ma prendiamo il caso di San Francisco. Un caso a prima vista esemplare dal momento che i preservativi gratuiti, da quelle parti, sono disponibili nelle scuole pubbliche dal 1997; il che farebbe pensare che oggi, anni dopo, tutto vada per il meglio. Purtroppo non è così. Infatti, secondo quanto emerso da un rapporto del San Francisco Department of Public Health, i dati «sulle malattie a trasmissione sessuale segnalati mostrano gli aumenti per la clamidia, la gonorrea e la sifilide precoce». Una situazione, converrete, assai preoccupante proprio laddove determinati problemi avrebbero dovuto essere risolti.
Come mai? Quale la causa di questo scenario? Per quale ragione la diffusione dei preservativi ha deluso, a San Francisco e non solo, le aspettative per le quali è stata promossa? Le spiegazioni sono molteplici ma la principale rimane una, e cioè la fallibilità del profilattico, che non protegge sempre, anzi. Qualche esempio: la protezione tramite condom dall’infezione da herpes virus non supera il 30% e così anche da quella da gonococco o da clamidia, mentre nei confronti dell’Hiv – come confermano alcuni studi – la protezione conferita è pari all’80%, ma a condizioni particolari. E cioè a patto che si consideri, come ha osservato il dott. Renzo Puccetti, un perfetto «utilizzo del condom ogni volta, cioè ad ogni rapporto sessuale, senza mai derogare».
Conoscete molti in grado di utilizzare perfettamente il profilattico «ogni volta, cioè ad ogni rapporto sessuale, senza mai derogare», magari dopo il consumo alcol o in preda all’eccitazione? Non scherziamo. Anche su questo versante non mancano dati. Che, a dire il vero, sono impressionanti: uno studio condotto su 509 adolescenti, per esempio, ha messo in luce come appena l’uso corretto e costante del preservativo riguardasse solo 80 soggetti, il 16%. Facile qui l’obiezione: ma gli adolescenti sono per definizione impulsivi e scarsamente capaci di autocontrollo. Vero, ma pensare di estendere una condotta osservata solo da una parte largamente minoritaria di giovani alla totalità di essi è francamente utopico.
Anche perché l’utilizzo del preservativo, secondo quanto sottolineato da alcune ricerche, si presta a numerosi e frequenti errori che vanno dal fatto che non sempre viene indossato per tutta la durata del rapporto sessuale, al fatto che spesso viene inserito al contrario perché srotolato dal lato sbagliato, dal mancato spazio lasciato sulla punta alla rimozione sbagliata. Non c’è da stupirsi, quindi, del fatto che i tassi di “insuccesso” del profilattico possano superare del 3% quelli dell’uso perfetto ( Cfr. Hatcher R.A. – Trussel J. – Steward F. –Steward G.K. – Kowal D. – Guest F. – Cates W. jr. – Policar M.S. (1994) Contraceptive technology, 16 edn. Irvington, New York). Ne consegue che se l’idea è che nelle scuole si spieghi a dovere come si usa il condom ai nostri ragazzi, converrebbe iscriverli direttamente ad un istituto dove non s’insegna altro che il cosiddetto “sesso sicuro”. Faremmo prima, se non altro.
Il bello, si fa per dire, è che neppure così la riduzione di gravidanze indesiderate e malattie sarebbe garantita, anzi. Infatti ci si dimentica una cosa fondamentale: all’apologia del preservativo spesso corrisponde, da parte dei giovani, l’errata convinzione – simile a quella che deriva dall’uso delle cinture di sicurezza – che col condom ogni rischio sia scongiurato e dunque ogni condotta lecita e priva di conseguenze. Non per nulla sul British Medical Journal si è denunciato come le campagne di promozione del preservativo, anziché frenare la diffusione dell’HIV, possano «aver contribuito ad un loro uso incostante, cosa che comporta uno scarso effetto protettivo, nonché a trascurare il rischio derivante da rapporti sessuali con più partner» [11].
Di qui un dubbio: ha davvero senso investire sul “sesso sicuro”? Conviene veramente che i nostri giovani sappiano tutto del condom oppure è il caso d’insegnare loro altro? Sono domande che vale la pena porsi. Anche perché tessere l’elogio del condom di fatto significa inneggiare all’amore precario e quindi alla paura. Alla paura di legarsi troppo ad una persona, che è bene che rimanga solo partner sessuale e non diventi mai marito o moglie e men che meno padre o madre di tuo figlio; alla paura di vivere un rapporto in vista del matrimonio, come se l’attesa – anziché aggiungere – togliesse gusto alla vita. Paura insomma di dare davvero un significato, un volto all’amore, senza circoscriverlo alle lenzuola di un letto ma vivendolo fino in fondo, a trecentosessanta gradi, senza timori né compromessi al ribasso.
Parole sacrosante ma la realtà – si obietterà – è che con la situazione educativa di oggi il preservativo è già qualcosa. Sbagliato: la realtà non si esaurisce in quella che abbiamo sotto i nostri occhi. Esiste sempre cioè in ogni momento la possibilità di impegnarsi per incidere, per educare davvero, per ridare spazio e centralità ai valori autentici. Per far capire ai ragazzi che non debbono accontentarsi del “sesso sicuro” perché c’è concretamente la possibilità di vivere e condividere la purezza. Certo, all’inizio si verrà criticati e presi in giro. All’inizio sarà dura. Ma meglio essere presi in giro oggi per i valori che si segue che ritrovarsi, magari dopo anni, presi dallo sconforto per quelli che si sono persi.