meglio la "DECRESCITA" che sacrificarsi per il "PIL"

Creato il 15 febbraio 2011 da Gheza1978
Il tema della “decrescita economica” è salito solo di recente alla ribalta all’interno del dibattito economico, politico e sociale in relazione alla questione della sostenibilità ambientale e sociale della crescita economica. Il “paradigma della decrescita economica” affronta in maniera diretta ed esplicita la problematica della compatibilità tra il funzionamento di una civiltà e lo “spazio biologico” disponibile che è all’origine di tale funzionamento, richiamando l’attenzione sul fatto che la crescita economica illimitata (il perseguimento costante dell’aumento del “prodotto interno lordo”) non sia sostenibile per l’ecosistema terrestre, alla luce di una società, come quella odierna, orientata deliberatamente verso la massimizzazione della crescita economica e verso l’aumento continuo della produzione e del consumo, senza che sia mai messa in discussione natura e qualità della produzione.

Un’automobile che viaggia. A bordo c’è solo il tachimetro che segna la velocità, e basta. Niente spie del carburante, dell’olio, nessun indicatore per segnalare una gomma bucata, un guasto del motore, uno sportello chiuso male. I passeggeri a bordo sono soddisfatti quando la velocità aumenta ma nessuno saprà mai che il viaggio finirà perché il carburante sarà esaurito o il motore si sarà fuso senza più olio. La nostra società viaggia allo stesso modo. Il Pil, il prodotto interno lordo, è l’unico indicatore che gli stati utilizzano per la contabilità nazionale. La ricchezza delle nazioni si misura calcolando solo tutte le attività dove c’è scambio di danaro. Tutto il resto non esiste: condivisione di saperi, volontariato, autoproduzione di beni. Se le persone si organizzano e condividono le proprie automobili, coltivano orti, fanno il pane a casa, o utilizzano software liberi per far funzionare i computer che altre persone hanno sviluppato e messo gratuitamente a disposizione, il Pil tutto questo e altro ancora non lo vede. Non fa niente che si sia prodotto benessere sociale, queste persone hanno consumato di meno e tanto basta per il calcolo del Pil. Queste famiglie vivono bene ma per il Pil non sono dei buoni consumatori e se l’indicatore non vede crescita delle merci e passaggi di danaro segnala che si sta diventando più poveri. Che l’attività economica intacchi beni comuni come la qualità dell’aria, delle acque, il territorio, le fonti energetiche non rinnovabili, la salute delle persone, la coesione sociale, non importa perché si misura solo ciò che cresce senza calcolare il magazzino che si esaurisce. E ciò che si esaurisce è il capitale umano e naturale sacrificato in nome dell’economia.

Fintanto che il denaro serve per comprare o vendere un qualsiasi bene o servizio, anche a grande distanza, indifferentemente per il privato cittadino che per il grande imprenditore, tutto va bene.
Quando invece il denaro comincia a servire solo per fare altro denaro, allora nascono i problemi, ed anche grossi: da MEZZO utilizzabile per comprare o vendere QUALCOSA, finisce con il diventare il FINE di SE’ STESSO, perdendo la originaria connotazione.Ciò porta quindi alla nascita e proliferazione di un’ autentica economia finanziaria (che gli stessi economisti distinguono dalla cosiddetta economia “reale”), che grazie a prodotti e derivati finanziari sempre più spericolati e fantasiosi crea una quantità di denaro virtuale mostruosa fatta alla fin fine di nulla, ma che influisce sempre di più sull’economia vera, di tutti i giorni