melusina

Creato il 12 giugno 2011 da Vivianascarinci

La vicenda di Melusina è una sorta di racconto esemplare. C’è una donna cui è caduta la coda di serpente che alla nascita, prima della purificazione battesimale, accomuna tutto il genere femminile. Forse per via di una vecchia storia di connivenza edenica tra Eva a e un serpente. Ma nel caso di Melusina, c’è un corpo femminile che perde la coda sottile del serpente per ritrovarsi quella squamosa di pesce. Per di più ora che non è più serpentessa ma sirena, Melusina non lo è sempre. Una biologia soprannaturale le regola strane crescite e decrescite. Melusina è anche la protagonista di una leggenda medievale nata da due romanzi. Intorno al 1390 lo scrittore Jean d’Arras su commissione del duca di Berry, proprietario del maniero di Lusignano, scrive “Roman de Mélusine”. Poco dopo e poco lontano da Lusignano, un altro signore del posto, volendosi appropriare della suggestiva discendenza di Melusina investe della redazione di un altro romanzo sullo stesso tema il cappellano Couldrette. Raimondino, incontra Melusina per caso nel bosco vicino a una fonte, si innamora e la sposa ma questa, con cadenza settimanale sparisce. Il patto è che lui non cerchi mai di vederla di sabato. Tuttavia nascono figlie, la coppia è felice, le terre intorno a Lusignano sono prospere. Ma l’invidia dei fratelli di lui costringe Raimondo a provare una gelosia che non sente. Cerca allora Melusina di sabato, scoprendola e condannandola a rimanere sirena per sempre. Certo saltuariamente Melusina ricompare ma solo per vaticinare sciagure, sospesa come ha, tra terra e acqua, una carne squamosa che non la fa ne donna né pesce. Come fosse un’antica divinità che riproduce ancora una volta la Madre, Melusina è feconda: il suo passaggio è generativo come quello dell’acqua, e porta civiltà ma è condannata al confine con il mondo, non acqua né corpo, sta nel mezzo come il vuoto che non può essere né una né l’altra cosa. Melusina ha un volto che è acqua, e scorre. Disseta, inganna, sparisce. E’ Morgana che defluisce nel lago, dopo che con l’inganno dell’amore ha privato Merlino di tutti i suoi saperi magici, è Ishtar che pure si vede spesso rappresentata con due code. E’ una donna-pesce che consola e inganna, guida alla scelta e innamora nell’idea dell’abbondanza che costruisce palazzi e colma terre e mari della sua grazia fugace. Donna tutta la settimana, il sabato Melusina nasconde la coda di pesce che le ricompare sotto la gonna per un’interminabile giorno. Melusina abitava il castello di Lusignano e forse lì coltivava, prima e dopo i tuffi oceanici a leghe di distanza, un verziere per la salute fisica degli uomini. Ma non di sabato giorno in cui era richiamata dai flutti. Mitica figura di mezzo, disegnata come sirena bifida, donna doppia, come la sua coda, nasce e di continuo muore, solca mari quanto coltiva orti con la noncuranza della vera semplicità, e della poesia che ha ispirato e continua a ispirare

“Ho lavorato al poemetto sulla leggenda di Melusina per qualche anno, cercando di superare ostacoli di varia natura e soprattutto di capire perché mi interessavo tanto a un mito di trasformazione. Ho intuito, a un certo punto, che il vero tema era quello dell’invisibile. Alla fine il poemetto ha preso la forma di una ballata, forma che ho accentuato con gli ultimi interventi, mettendo in evidenza alcuni passaggi come si trattasse di refrain di una canzone. In tempi recenti la leggenda di Melusina ha ripreso quota e credo che la ragione sia la stessa che mi ha spinto a arrivare fino in fondo con la ballata, il bisogno di esplorare ciò che sfugge alla nostra percezione immediata.” Antonio Porta, Melusina

(…)

Ma c’era anche un poeta con il liuto
che gira per paesi e castelli e canta
una poesia che ha molto successo
un poeta anonimo, cui non importa nulla
del suo nome e molto invece gli importa
di quella canzone che dice:
“Una donna ci manda questi doni
l’uva è colma del vino futuro
Una donna ci manda questi doni
un bosco tappezzato di fragole e mirtilli
dove corrono lepri bianche
e cantano galli cedroni
e dove sostano cervi dalle carni saporite,
e mangiano le rose.
Questa è l’età dell’oro,
delle piogge rotonde e dolci,
delle donne gentili
dei cieli intessuti di gelsomini
dei soli vorticanti
che le zolle rendono feconde
Questa è un’età che finisce ora come sempre
qui come altrove,
come il giorno succede alla notte,
come la notte prepara il giorno,
buono o cattivo che sia,
e così va via
dalla mattina alla sera
dalla sera alla mattina,
nell’aria cristallina”
“Un’età che finisce” il titolo della poesia
e la gente la canta come per scongiuro.
“Finisce o non finisce?
Ognuno se lo chiede nessuno lo capisce”
E’ una variante della canzone
ma in questo racconto un perché
lo si trova, non c’è mistero
e se per caso ci fosse qui lo si racconta
e una volta raccontato quello che si chiama
mistero non è più un mistero è una storia
e chissà quante cose vuol dire a ciascuno
seduto ascoltando su una pietra al crocevia.

E così si va via
dalla mattina alla sera
dalla sera alla mattina
nell’aria cristallina

Succede che una delle bellissime
(dicono che si chiama Melusina)
una notte si accorge degli occhi
che spiandola la pungono
nelle ore proibite, sono quelli
del cavaliere suo sposo,
lui che aveva giurato di non spiarla
di non violarla.
Ma una notte tra il sabato e la domenica
il giuramento non resiste,
non può rinunciare un uomo che vuole guardare
così guarda e vede
quello che non deve vedere
soltanto perché ha fatto un patto di non guardare
Ma un uomo scopre ciò che non deve sapere
un uomo è curioso soprattutto
un uomo è un bambino che mette le dita nei buchi
raggiunge, tocca, esplora, lo si sa
il cavaliere vede Melusina la sposa
sciogliersi dalle candide lenzuola che la stringono
scuotere con violenza gli occhi
cambiano subito di colore, da azzurri
diventano verdi, poi gialli
e le pupille rotonde ora sono fessure
e la lingua si divide, biforcuta,
era rosea, è grigia e sibilante,
Melusina si getta sul pavimento e striscia
mentre striscia le crescono le ali, mentre si inarca
sulle ali piume multicolori, leggere e potenti,
e il corpo perde le squame, s’illumina dall’interno
come una medusa risplendente nell’acqua,
Melusina si solleva e la finestra si spalanca,
buca la notte con il suo volo testo
e vola tre volte intorno al castello,
si orienta come un migratore
un cigno quando torna all’equatore
ai primi segnali dell’inverno
adesso punta dritta nella valle
e l’attraversa e scopare dietro le colline
Melusina volando sa del tradimento,
è trafitta dal patto infranto,
sa che non può tornare tra gli uomini,
che più non sarà donna visibile,
e il cavaliere ha paura e siede ripiegato su se stesso
stupefatto, pietra gelida all’alba,
e la febbre comincia a salire e scotta
e trema si chiede in un soffio
“Ho davvero distrutto la mia vita felice?”
E i miei figli?Dove saranno adesso?”
Al pensiero dei figli si alza di scatto e
e corre nella stanza vicina a vedere
i figli che dormono ancora tranquilli
e a quella visione di pace un fremito
gli corre lungo la schiena e il cavaliere
pensa che sia di speranza,
È già mattina, mai una notte
era passata come fosse un fulmineo
pesantissimo minuto.

Angeli del desiderio
non è ancora il momento
non è ancora la fine

(…)

Antonio Porta, Melusina da Tutte le poesie 1958-1989, Garzanti pp. 470-473



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