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Melusine e sirene ovvero lo spirito femminile dell’acqua

Creato il 10 gennaio 2016 da Vivianascarinci

Questo articolo è uscito qualche tempo fa sul blog Fiabe di Francesca Matteoni. Le immagini associate a questo  post sono di Lori Nix.


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Il linguaggio dell’acqua è un linguaggio allusivo. Tratta di una materia associata spesso a una mutevolezza che di volta in volta declina la sua forma imponendosi e guidando l’immaginazione entro un panorama che non è più quello che l’orizzonte sembra indicare.

Al cospetto della nebbia, della neve, della pioggia, della foschia, della rugiada, della brina l’acqua induce le atmosfere a qualcosa che si riconosce instabile, ma che allo stesso tempo i sensi ammettono in modo pervasivo. L’acqua induce anche le geografie a essere mutevoli secondo un’imponderabilità che rende mari, ruscelli, fiumi, canali, fonti luoghi che conservano nonostante l’apparenza a volte tranquilla, un pericolo. Ecco, le melusine sono creature legate all’acqua e a quel pericolo.

Melusina è tra l’altro la protagonista di una leggenda medievale nata da due romanzi. Intorno al 1390 lo scrittore Jean d’Arras su commissione del duca di Berry, proprietario del maniero di Lusignano, scrive Roman de Mélusine. Poco dopo e poco lontano da Lusignano, un altro signore del posto, volendosi appropriare della suggestiva discendenza di Melusina investe della redazione di un altro romanzo sullo stesso tema il cappellano Couldrette. Raimondino incontra Melusina per caso nel bosco vicino a una fonte, si innamora e la sposa ma questa, con cadenza settimanale sparisce. Il patto è che lui non cerchi mai di vederla di sabato. Tuttavia nascono figli, la coppia è felice, le terre intorno a Lusignano sono prospere. Ma l’invidia dei fratelli di lui costringe Raimondino a provare una gelosia che non sente. Cerca allora Melusina di sabato, scoprendola e condannandola a rimanere sirena per sempre.

Antonio Porta tra il 1982 e 1987 scrisse un poemetto, che poi assunse la forma di una ballata, in cui riprese e arricchì la leggenda di Melusina. Successivamente, in uno scritto in cui parlerà della composizione di quel testo, Porta darà, a mio avviso, una delle chiavi di lettura più suggestive e veritiere che si siano offerte riguardo la figura di Melusina “Ho lavorato al poemetto sulla leggenda di Melusina per qualche anno, cercando di superare ostacoli di varia natura e soprattutto di capire perché mi interessavo tanto a un mito di trasformazione. Ho intuito, a un certo punto, che il vero tema era quello dell’invisibile”

Melusina, viene quasi sempre trovata, scoperta o spiata, a seconda dei casi, nei pressi di una fonte o di un lago o come nel caso della Melusina di Antonio Porta, sorpresa a nuotare tra altre due dame, come una sorta di misteriosa trinità ante battesimale, senza ancora essere di nome e di fatto la Melusina che sappiano.

Ma chi è Melusina? Quali sono i punti comuni di quelle figure femminili che vengono chiamate con questo nome? E chi sono quelle melusine vestite di altri nomi che alludono all’acqua per definire la loro essenza ibrida e solo di passaggio?

I temi dell’invisibile e della trasformazione sono presenti anche in un singolare racconto di Goethe intitolato La nuova Melusina in cui il protagonista, si trova alle prese con le trasformazioni di una misteriosa donna, che sposerà e da cui avrà anche un figlio, la quale conosciuta e amata a grandezza naturale, in realtà è minuscola e dorme in una scatola.Per fervore amoroso in un primo tempo lui accetterà di ridursi ma si stancherà di essere stato chiamato a una forma che non gli appartiene. Qui il tema della promessa infranta, del patto violato, che è un altro elemento importantissimo che si lega alle melusine, è spostato ma pure esiste.

Nella Melusina di Porta, di Jean d’Arras, del cappellano Couldrette viene chiesto a un uomo innamorato di non essere curioso, di fidarsi dell’invisibile che l’aspetto della compagna cela tutta la settimana meno che il sabato. Ma il patto non viene infranto da una pulsione spregiativa. Melusina è costretta a lasciare tutto per la troppa curiosità del compagno, che comunque resta innamorato di lei come prima di venire a conoscenza che sotto la gonna possono non esserci gambe, e che la pelle invece che liscia può essere squamosa e che l’amata al posto del dolce alito dei baci settimanali, nel fine settimana respira dalle branchie. In Goethe, invece, l’offesa a Melusina arriva dal rifiuto, dalla consapevole insostenibilità di una condizione troppo alienata per essere condivisa.

Melusina dunque è anche una sirena come lo è la sirenetta raccontata da Hans Christian Andersen in una delle sue storie più conosciute. E anche qui l’impossibilità di stare ai patti che l’acqua impone è causa di una vicenda straziante che ancora una volta riguarda una quasi fanciulla, seppure fanciulla non del tutto, in quanto anche sirena. Fanciulla al punto di innamorarsi di un principe, sirena tanto da non poter mettere piede nel castello dell’amato, se non sopportando dolori lancinanti ai piedi incapaci di calcare alcunché.

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Ma tra le melusine ce n’è anche una con un ruolo narrativo che per una volta non la vittimizza. Ne I romanzi delle tavola rotonda Jacques Boulenger racconta a più riprese la storia della dama del lago, istitutrice di Lancillotto, amante e ingannatrice di Merlino e custode nella profondità del lago di Excalibur, la spada destinata a Artù.

In questa storia si narra che all’epoca dodicenne, la dama del lago, come una qualsiasi melusina, sedesse vicino a una fonte e lì, comparso il mago Merlino, la fanciulla si diede a sedurlo. Così si verifica un altro patto scellerato, come di quelli che si fanno con l’acqua, di cui si sa l’impossibilità di un unico compimento, di un assetto finale che qualifichi il precipizio di qualcosa di cui semmai, si deve accettare, l’irragionevolezza abissale. Abisso che nel caso di Merlino e della dama del lago è ancora più infido in quanto melmoso e lacustre.

Il padre della giovane dama del lago, Diona, sapeva per via di un vaticinio che la figlia sarebbe stata desiderata dal più saggio degli uomini, e che la fanciulla ne avrebbe approfittato superandolo in negromanzia. Tutto si sapeva. Anche Merlino appena avvicinata la fanciulla, essendo un veggente, sapeva che non ne sarebbe uscito bene.

Diona, appreso questo già alla nascita della figlia, impose alla bambina il nome caldeo di Viviana che significa niente ne farò. Testimoniando prima del delitto, una colpevolezza di cui nessuno avrebbe saputo che farsene. Tanto meno il mago ingannato e l’ingannatrice di magi, entrambi perfettamente a conoscenza che l’invisibile, molto più di una formula estorta per gioco, era l’unico potere delle acque di quel lago. Scrive Antonio Porta nella sua Melusina:

Così come la terra prepara i suoi frutti
si gonfia il ventre delle donne e quello della sirena,
dentro scalciano nuove vite
e l’orecchio sensibile delle madri ascolta
battere i cuori minuscoli con forza di guerrieri
pronti a inventare il mondo di nuovo
attraverso la luce velata della nascita
con uno strappo deciso
dall’invisibile al visibile
con la nostalgia dell’invisibile
erano figli delle acque
ora diventano figli dell’aria e delle parole

L’acqua è il presupposto costitutivo della struttura del mondo. Ma allo stesso tempo una variabile del tutto spiazzante. Le stesse possibilità che una nascita racchiude sono frutto di un patto rischioso, un tributo pagato a acque a volte infide. È singolare come le vicende delle melusine, si associno spesso a inconciliabilità evidenti, recanti il doppio fondo però di un’unica possibilità da cogliere a patto di accettare l’incognita che quella significa.

Alla fine la leggenda di Melusina narra semplicemente la storia di un uomo che incontra una donna vicino a una fonte. Si amano, si sposano, nascono figli, ma tutto è legato a un patto. L’uomo non dovrà mai cercare la compagna quando questa non vuole essere vista. Quando il patto viene infranto per gelosia o solo perché come scrive Antonio Porta:

un uomo scopre ciò che non deve sapere
un uomo è curioso soprattutto
un uomo è un bambino che mette le dita nei buchi
raggiunge, tocca, esplora, lo si sa

Melusina è scoperta nella sue mostruosità, e non si sa se piena di vergogna o sdegno per il patto tradito, se ne va. L’acqua scorre e di tanto in tanto Melusina ricompare, per allattare i figli rimasti sulla terra ferma.

Antonio Porta, per andare ancora oltre su questa strada, aggiunge nella sua Melusina un ennesimo patto tra un contadino, che pesca su un’isola in miniatura che abita da solo e che da solo coltiva. In quest’isola arriva una sirena, gli dà tutto quello che un uomo desidera, ma a patto che pure lei non la si guardi di sabato. Se il contadino contravviene perde tutto, meno l’isola, che però dopo la violazione del patto diventerebbe invisibile. L’isola calcata dal contadino, la sua identità, qui si prospetta tanto passibile di invisibilità, che basta poco a una sirena per compiere il maleficio di annullarla.

C’è una poesia di Emily Dickinson che mi pare parli proprio di questo: per riempire un buco/ ci vuole la cosa che l’ha causato – /se lo tamponassi con dell’altro / si aprirebbe di più- /non si può saldare un abisso/ con l’aria. Si può supporre che lo stesso abisso una volta scoperto debba essere nuovamente colmato d’acqua, violato solo dalle abluzioni delle melusine, lasciate dopo l’onta, a se stesse, e alla loro metamorfica permalosità.

Come fosse un’antica divinità, Melusina è sempre feconda, il suo passaggio è generativo come quello dell’acqua, e porta civiltà ma è condannata al confine con il mondo, sta nel mezzo come una sorta di liquida deità apparentata al vuoto, che passa, necessariamente lasciando ogni cosa madida della sua pervasione allo scopo di consegnarla all’imponderabile.


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