Memorie del bombardamento del 13 maggio 1944 di Mirella Capretti

Creato il 07 maggio 2015 da Ambrogio Ponzi @lucecolore

S. Michele, un dipinto di Barilli è la memoria viva del bombardamento che colpì Fidenza il 13 maggio 1944 A commissionarlo fu Luigina Corbellini che in quell’occasione perse la madre Irene e il fratello Angelo
Si avvicinano i giorni di maggio, triste anniversario dei bombardamenti aerei su Fidenza nel corso del secondo conflitto mondiale. Ricordi di morte e distruzione ad opera degli alleati, che cercavano così di tagliare le vie dei rifornimenti al nemico.
Tanti sono i segni fatti dall’uomo, ancora scosso dalla tragedia della guerra, per lasciare testimonianza e monito alle generazioni future. Purtroppo spesso questi sono ignorati, o considerati inutili o non capiti. Un dipinto nella Chiesa della Gran Madre di Dio eseguito dal pittore parmigiano Latino Barilli nel 1956 ci ricorda uno di quei bombardamenti. Il luogo della scena del quadro, ambientato realisticamente dietro la Cattedrale di San Donnino - che sappiamo rimasta miracolosamente intatta tra le macerie del Palazzo Vescovile cui era collegata a sinistra e a quelle del Seminario situato vicino all’altro fianco - non è scelto a caso. Quando portavo i miei alunni in visita alla Chiesa, pensavo che l’opera fosse stata commissionata dal Comune e che il Duomo nello sfondo fungesse da simbolo della Città. Non è così.
Mi è capitato di ascoltare il racconto di quegli avvenimenti dalla voce della signora Anna che conosceva i protagonisti: per me un piccolo tassello di storia che vorrei condividere con i lettori del Risveglio che non sanno. Il dipinto è stato voluto da Luigina Corbellini in memoria del fratello Angelo e della madre Irene Gamberini morti nel primo bombardamento di Fidenza del 2 maggio 1944 e collocato in quella Chiesa per legami di amicizia col parroco. Il fatto successe verso le 13,30: Angelo era appena tornato da Parma, contento per aver superato un esame all’Università. Aveva lasciato gli amici per dare la bella notizia alla madre, la quale quando lo scorse dalla porta di casa fece per andargli incontro nel cortile … mentre un aereo passava sulle loro teste. Angelo guardò in alto e vide qualcosa cadere. “Guarda mamma cos’ha lanciato!”: furono le sue ultime parole, raccolte dalla sorella. Era una bomba, inaspettata: non era stato dato, infatti, alcun allarme. 

Casa Corbellini nella vecchia Via Cavour
in un pastello di Ettore Ponzi 

Proprio sulla sua casa nella Via dietro al Duomo (non nell’angolo, ma più verso est dove c’era un portone antico e dove si è fermato il suo cuore senza poter abbracciare la mamma). I vicini scampati accorsero urlando e la voce di “Una bomba sulla casa dei Corbellini!” si sparse. Luigina che stava fumando vicino alla finestra - in basso a destra della facciata - guardando fuori il fratello e la madre, era ancora viva. Si era salvata sotto la trave che, caduta contro il muro, si era appoggiata al lavandino per lavare i piatti addossato alla finestra, facendo da ponte. Ora, incastrata, piangeva disperata e chiedeva aiuto. Il signor Gardini l’allora fiduciario della famiglia, grande proprietaria terriera, che abitava vicino, andò a chiamare in bicicletta i mezzadri Veraldo Farolini - padre di Anna del racconto - e Primo Massari (Blét) nei terreni di proprietà. Questi si sono precipitati, sempre in bicicletta, hanno divelto l’inferriata dalla finestra - come si vede nel dipinto, a destra - e tirato fuori la ragazza. Luigina aveva allora 19 anni, non era maggiorenne per quel tempo - per cui le ha fatto da tutrice la zia materna Albertina - ma si è fatta ritrarre bambina. Forse per quel dolore che ci pervade quando perdiamo un genitore, una mancanza che ci fa sentire scoperti, non più protetti, come più piccoli e indifesi. È inginocchiata vicino al corpo inerte della mamma, dilaniato come i suoi vestiti tra le pietre e la polvere dei muri crollati, con le braccine tese nell’atto di scuoterlo per richiamarlo alla vita e la bocca aperta in un grido. L’artista è riuscito a rendere l’angoscia del momento. La Madonna, in primo piano, rivolge al cielo le palme delle mani per offrire il Figlio morto, ancora una volta. Così viene celebrato nella tela il dolore universale mantenuto costantemente vivo dalla guerra, mentre dalla polvere e dal fumo che esce dalla casa sventrata, eterei e leggeri angeli bianchi, dalle ali appuntite, sembrano venire incontro alle anime scelte per il ritorno al Padre. L’annuale commemorazione delle vittime di tutti i bombardamenti subiti da Fidenza - per un totale di 162 - viene fatta proprio davanti al quadro da lei voluto, anche se il 13 maggio, giorno della pioggia di bombe più devastante. La pala inserita in una cornice a stucco preesistente - la Chiesa del 1700 dopo alterne vicende e usi diversi era stata riconsacrata come parrocchiale di San Michele nel 1950 - si trova nella prima Cappella destra, dove anche la sottile mensa dell’altare, a forma di ala di aereo, diventa monito per la memoria. Nella parete destra una grande lapide riporta i nomi dei fidentini morti. La famiglia Corbellini era la più ricca di Fidenza, aveva diversi poderi: uno dove oggi c’è il quartiere “La Bionda” di 52 biolche; uno di fronte alla Chiesa di Parola di 60 biolche e uno sulla strada di Soragna di 75 biolche. Oltre all’abitazione dietro al Duomo aveva stabili in Via Gramsci di fianco alla Chiesa di Santa Maria. Si diceva che per il quadro Luigina avesse speso un sacco di soldi. Dove ora c’è il cortile della Caritas, c’era il palazzo dei mezzadri (casa natale di Anna) dove la madre di Luigina, vedova da molti anni, aveva un appartamento ammobiliato e con tutti i servizi (un lusso a quel tempo), per quando si recava in campagna. Dal 1951 al ’53 Luigina fece rifare la casa e la stalla: questa era la prima moderna e tecnologica della provincia di Parma e tutti la venivano a vedere. Luigina era molto bella e ambiziosa, voleva fare l’attrice e amava giocare, e questo, insieme agli sfortunati incontri della sua vita, la portarono a perdere le sue ricchezze. Si adattò poi a fare lavori diversi, lavorava anche il pellame ed era molto brava a ricamare, arte che aveva imparato a scuola dalle Orsoline a Parma. È morta a 88 anni nel dicembre 2013. Nella cappella di famiglia nel cimitero urbano dov’è sepolta, campeggia un dipinto del Cristo risorto, racchiuso dall’arco in alto, con la scritta in latino “Requiem eternam …” nella cornice, e il marmo delle lapidi in basso. La figura aureolata tiene con la sinistra un’asta con un vessillo bianco, siglato da una sottile croce rossa, legato in tre punti e con la destra benedice con le due dita unite, ricordando così la sua natura umana e divina. Un lembo della sua veste candida che gli copre i fianchi, lasciando scoperta la gamba destra che sale sulla lastra del loculo centrale come fosse il bordo del sepolcro, è sospeso in aria come sfondo al torso nudo. È firmato “Renzo Barilli 18 8 1956”. Latino e il figlio Renzo, della grande famiglia di artisti, grazie a Luigina, nello stesso anno hanno arricchito Fidenza con le loro opere. Il 2 maggio era caduta un’altra bomba in Piazza Garibaldi, nell’angolo, dove ora c’è un bar, ma non era scoppiata. E’ noto invece il dramma della numerosa famiglia Bianchi decimata sotto il disastroso bombardamento del 13 maggio successivo, nel rifugio scavato nel giardino dietro casa. La madre era sfollata a Santa Margherita con una figlia mentre tre figli erano via militare: uno in Africa, uno in Germania e uno con l’esercito italiano. Ne rimanevano a casa col padre altri sei, tre maschi e tre femmine (quattro erano morti da tempo). Sentito l’allarme, questi si portarono nel rifugio, ma quando il rombo degli aerei in arrivo si fece più forte, il più grande dei maschi, Giancarlo, di 15 anni, disubbidendo al padre, scappò in superficie per vederli.  Riuscì ad arrivare fino al cancello sulla strada di Salsomaggiore e si salvò, mezzo sepolto dalla terra spostata dalla bomba che aveva centrato proprio il rifugio, mentre la casa era rimasta intatta. Aiutato poi dal signor Pezzani, da Padre Angelo e Padre Severino, Cappuccini, scavò nel giardino alla ricerca dei miseri resti dei suoi cari. Per anni fu lasciata crescere solo erba in quel luogo, poi fu piantata a ricordo una magnolia stellata insieme a fiori. Sempre in quel 13 maggio Alessandro Bragalini proprietario dell’Albergo Savoia - situato di fronte alla Stazione - era andato a Parma in bicicletta.  Per i bombardamenti avevano poi bloccato la Via Emilia e lui, col cuore in gola, per tornare a Fidenza dovette fare il giro per Soragna. All’altezza di Castellina vide sulla strada brani di rivestimento di larice delle camere del suo albergo … capì così, prima di arrivare, di aver perso tutto.  Mirella Capretti

 Articolo pubblicato da "il Risveglio" del 8 maggio 2015

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